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 2014  marzo 19 Mercoledì calendario

IL SOGNO DI VIVERE FINO A CENT’ANNI CITTÀ PER CITTÀ, ECCO CHI PUÒ FARCELA


Dopo averla definita “rivoluzione grigia”, ormai i demografi la chiamano “rivoluzione bianca”. Rappresentazione cromatica di una quarta età di ottanta- novantenni in discreta buona salute, che sovvertiranno radicalmente la società italiana negli anni a venire. Se si pensa che la metà dei neonati venuti alla luce nel 2007 avrà concrete possibilità di vivere fino a centoquattro anni, è evidente come il sogno (non sempre felice) della longevità secolare, sia ormai qualcosa di tangibile, di statisticamente rilevante.
Basta scorrere le nuove tabelle dell’Istat sulla mortalità della popolazione italiana per accorgersi, anno dopo anno, quanto si siano allungate le speranze di vita. In cinque anni ad esempio i maschi sono passati da una media di 78,6 anni a 79,6, e le donne da 83,9 a 84,4. Insomma quasi un anno a testa, e non poco. Ma ci si può spingere più in là: leggendo i numeri dell’Istituto italiano di statistica, possiamo addirittura calcolare quanta vita ancora avremo ancora la fortuna di vivere. E in un’epoca ossessionata da test che promettono di rivelare se ci ammaleremo, di scoprire a 30 anni se abbiamo quel gene che causa l’artrosi o peggio l’Alzheimer, questa specie risiko anagrafico può dirci ancora di più qualcosa di noi.
Attraverso una complessa equazione che per ogni classe d’età tiene conto anche dei fattori di rischio, malattie, stile di vita, si vede ad esempio che oggi un quarantenne in buona salute, può serenamente proiettarsi fino agli ottanta, con un rischio di mortalità che è dell’uno per mille. Mentre a 50 la prospettiva è di altri 31,2. Ma ancora più interessante è osservare che una donna di 90 anni, esponente appunto della “rivoluzione bianca” può contare su altri cinque anni di vita, arrivando così a sfiorare il secolo. Si tratta naturalmente di esistenze fragili (il rischio di mortalità è del 137 per mille), ma resta comunque un campione non indifferente di centenarie lucide e ben presenti all’usura del tempo. Del resto le donne sono sempre più longeve degli uomini, anche se il divario si accorcia. Se nel 2001 il “vantaggio” femminile della speranza di vita sugli uomini era di 5,8 anni, nel 2011 è sceso a 5,1 anni.
«Siamo di fronte ad una rivoluzione demografica che è un traguardo dell’umanità, ma rischia di far saltare i sistemi pensionistici, la sanità, le reti di welfare», avverte Letizia Mencarini, professore di Demografia all’università di Torino. «Ci si chiede spesso se questa “rivoluzione bianca” sia un allungamento della vita o della vecchiaia. In realtà — spiega Mencarini — gli anziani hanno oggi una salute discreta. Ma tutto dipende dalle cure e da ciò che hanno intorno». Infatti i livelli di sopravvivenza non sono omogenei, a Roma si vive meno che a Milano, a Palermo la mortalità (anche infantile) è più alta che a Torino, le città più longeve sono Firenze e Bologna, con al Sud l’eccezione di Bari. «Il sistema americano da questo punto di vista è un esempio nitido e terribile: tra gli anziani sopravvive a lungo soltanto chi ha soldi. In Europa invece grazie ai servizi sanitari pubblici la terza età, e adesso la quarta, sono state tutelate “democraticamente” ». Cosa succederà però con i tagli delle pensioni, della sanità e del welfare che stanno flagellando l’Italia? «Il cambiamento demografico porta con sé delle incognite enormi, e mi stupisce quanta poca consapevolezza ne abbiano soprattutto i più giovani. Pur con tutte le fragilità della vecchiaia — conclude Letizia Mencarini — quello che si prospetta è uno scenario di anziani attivi e sani, abituati a camminare con il loro passo pur in una società che corre». Adesso entra in scena la quarta età. La rivoluzione bianca, appena iniziata.