Liana Milella, la Repubblica 19/3/2014, 19 marzo 2014
MEDIASET, LA CASSAZIONE CONFERMA “BERLUSCONI DEVE LASCIARE LA POLITICA” RIMANE L’INTERDIZIONE PER DUE ANNI
Per Berlusconi due anni di interdizione dai pubblici uffici. Si chiude definitivamente il processo Mediaset. In Cassazione — secondo piano, nell’aula di fronte a quella in cui, in agosto, è stata decisa la conferma della condanna a 4 anni per frode fiscale — le pur agguerrite difese di Niccolò Ghedini e Franco Coppi non “salvano” il leader di Forza Italia dalla pena accessoria, due anni di esclusione dalla vita politica, la perdita dei diritti civili, l’impossibilità di votare e di essere votato, quindi la tegola definitiva sulla possibilità di correre alle elezioni europee. La legge Severino sull’incandidabilità dei condannati a oltre due anni ha comportato la sua decadenza dal Senato, ora l’interdizione definitiva conferma lo stop a una competition per la Ue. Ghedini parla di «grande amarezza e di ricorso necessario alle Ue». Brunetta invoca «un giudice a Strasburgo». Per Gelmini «comunque Berlusconi resta leader». E non è ancora finita, perché il 10 aprile i giudici di Milano dovranno decidere sull’affidamento ai servizi sociali.
Quando sono le 22, e i giudici chiudono una camera di consiglio che tra Mediaset e altre cause è in corso dalle 17 e 32 minuti, la parola che risuona nella piccola aula della Suprema corte è «irrilevanti ». Così vengono giudicate le complesse questioni sollevate da Ghedini e Coppi che però vengono respinte in blocco. Niente ricorso alla Corte costituzionale, né tantomeno alla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Neppure quel ridimensionamento della pena che pure i due avvocati avevano chiesto come ultima chance. Il verdetto della terza sezione penale — presidente Claudia Squassoni, relatore Renato Grillo, giudici Guicla Mulliri, Vincenzo Pezzella, Mario Gentile — sposa la richiesta del sostituto procuratore generale Aldo Policastro, che dopo una rapida requisitoria aveva chiesto la conferma della decisione della Corte di appello di Milano del 19 ottobre, quando la pena di 5 anni irrogata in primo e secondo grado, giudicata eccessiva dalla Cassazione, è stata ridotta a 2 anni.
Dura poco meno di un’ora l’udienza. Parlano Ghedini e Coppi. Vecchie e nuove tesi per contrastare i giudici. Quattro punti chiave. Il primo: ricorso alla Consulta perché il decreto legislativo Severino sull’incandidabilità non rispetta la legge anti-corruzione che, nella delega al governo, parlava di un necessario coordinamento tra nuova legge e norme sull’interdizione. Coordinamento che non ci sarebbe stato. Dice Ghedini: «Violato l’articolo 77 della Carta, c’è una pacifica duplicazione di pene». Ancora: altro ricorso alla Consulta perché sarebbe incostituzionale la legge che consente agli amministratori delle società di ottenere l’esclusione delle pene accessorie se hanno saldato il debito tributario, cosa che Berlusconi non avrebbe potuto fare, pur volendolo, perché buttatosi in politica non aveva più un ruolo nelle sue società che glielo consentisse.
Poi il colpo a sorpresa. Coppi consegna ai giudici, tradotta in italiano, una sentenza della Corte di Strasburgo del 4 marzo che, sul caso Gabetti-Grande Stevens, per il processo Efil-Exor, vede violati i diritti umani perché gli imputati sono stati giudicati e puniti, in via amministrativa e penale, per lo stesso reato. Coppi è convinto che il ricorso alla Corte Ue, alla luce di questa novità giuridica, sia «obbligatorio» perché Berlusconi è stato punito due volte, prima con la legge Severino e poi con l’interdizione. Per il principio del «ne bis in idem», non si può essere punti per lo stesso delitto, il caso deve andare a Strasburgo. Ma la trovata giuridica non funziona, anche se i giudici al momento mostrano interesse e lo stesso pg Policastro dice che avrebbe preferito saperlo prima. Tant’è, le tesi di Ghedini e Coppi si sbriciolano sul muro della conferma. Il caso Mediaset stavolta è proprio chiuso.