Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 19 Mercoledì calendario

CENTO MILIONI DI CINESI VERSO LE CITTÀ OPPORTUNITÀ PER LE ECONOMIE OCCIDENTALI


La Cina prepara la più grande migrazione nella storia dell’umanità. Un piano per far salire gli abitanti delle città fino al 60 per cento della popolazione entro il 2020. Si tratta di un’equazione complicata e rischiosa: attualmente vive in città il 53% dei circa 1,4 miliardi di cinesi, ma in realtà ci sono 268 milioni almeno di lavoratori migranti che lasciano le loro case in villaggi e campagne, attratti dalle grandi fabbriche e dai centri urbani. A questi migranti manca lo «hukou», il certificato di residenza senza il quale in Cina non si è considerati cittadini: non si possono iscrivere i figli a scuola, non si può andare negli ospedali pubblici, non si può comperare un appartamento. Se si tolgono i migranti relegati in un limbo, fantasmi dell’economia di mercato, i cittadini riconosciuti sono solo il 37%. Entro il 2020 dunque, il partito comunista ha promesso di concedere un «hukou» di città a 100 milioni di migranti e di portare nei grandi centri urbani altri 100 milioni di contadini e loro familiari.
Il «Piano per il nuovo modello di urbanizzazione nazionale» è stato presentato dal governo dopo molte discussioni e ripensamenti. La prima bozza puntava ad avere il 70% di residenti urbani nel 2025 ed è stata ridimensionata. È comunque un progetto mai tentato prima: in Europa, dove attualmente l’80% della popolazione è urbana, queste migrazioni interne si sono svolte in secoli.
Secondo i pianificatori di Pechino, l’urbanizzazione avrà effetti virtuosi sull’economia: spingerà la domanda interna permettendo alla Cina di non dover contare solo sulle esportazioni a basso costo; permetterà di consolidare il settore agricolo riducendo il numero di contadini e dei loro piccoli appezzamenti di terra e quindi migliorando la produzione; faciliterà l’ammodernamento dell’industria; migliorerà le condizioni di vita di tutti, contadini, operai delle fabbriche, abitanti delle città.
I costi? L’Accademia delle Scienze sociali cinese prevede 15 mila euro a persona, moltiplicato per 200 milioni di anime, in sei anni: per costruire e arredare case, strade, metropolitane e ferrovie, scuole, ospedali. «Solo» un sesto sarebbe a carico del governo, il resto del mercato. Può essere un’enorme opportunità commerciale, anche per l’Italia. Se i conti sono giusti.
Guido Santevecchi

@guidosant