Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 19/3/2014, 19 marzo 2014
FONDAZIONE MPS, COLLOCAMENTO-LAMPO MANSI CEDE UN 12% E AZZERA IL DEBITO
Aveva detto che avrebbe risolto in tempo utile, prima dell’aumento di capitale da 3 miliardi di metà maggio, la questione della vendita delle azioni Mps. Ieri la presidente della Fondazione Montepaschi, Antonella Mansi, affiancata dal direttore generale Enrico Granata, ha rotto gli indugi collocando con un’operazione a mercati chiusi curata da Morgan Stanley il 12% della banca di Rocca Salimbeni incassando così circa 335 milioni che consentiranno all’ente di Palazzo Sansedoni di estinguere totalmente l’indebitamento residuo di 260-270 milioni derivato dagli aumenti di capitale della banca del 2008 e del 2011. La vendita di ieri si affianca al 3% circa che l’ente aveva ceduto in Borsa nei giorni scorsi. Attualmente la Fondazione è rimasta primo azionista della banca con il 15,07%, come da comunicato diffuso in serata su richiesta della Consob: «Il ricavato delle vendite è prioritariamente destinato alla totale estinzione del debito residuo nei confronti dei creditori finanziatori», ovvero Credit Suisse, Mediobanca e un pool capitanato da Jp Morgan.
La vendita dovrebbe essersi concentrata su pochi investitori: tra questi potrebbe esserci anche il fondo Usa Jc Flowers, indicato nei giorni scorsi come uno dei soggetti con cui la Fondazione stava intessendo contatti. Ma potrebbero essere coinvolti anche altri fondi americani, come Och Ziff. Nelle scorse settimane invece erano circolati rumor su contatti con soggetti mediorientali come i fondi sovrani del Qatar o di Abu Dhabi.
Quello che sembrava impossibile fino a poche settimane fa è successo, tanto che ieri sera a caldo il sindaco di Siena, Bruno Valentini, ha parlato esplicitamente di «miracolo. È successo un miracolo, è la salvezza della Fondazione, che non sarebbe potuto succedere se non fosse tornato l’interesse sull’Italia e se non ci fosse stata la perseveranza e la testardaggine della presidente Mansi e della Fondazione di interpretare la volontà di Siena di restare nella banca. Ora possiamo uscire con i tamburi e le bandiere». La salvezza della Fondazione dipende anche dal fatto che l’ente ha venduto a un prezzo sostanzialmente in linea con il valore di carico di 0,24 euro, non depauperando così il patrimonio residuo. Attualmente il 15% della banca vale circa 412 milioni. La quota finale che l’ente deterrà nella banca dopo l’aumento di capitale dipenderà dal prezzo di emissione delle azioni e da quanti diritti eventualmente eserciterà.
Solo lo dicembre scorso il destino della Fondazione sembrava segnato: il titolo era precipitato a quota 0,17 euro paurosamente vicino alla soglia di 0,12 euro toccata la quale le banche avrebbero escusso tutto il 33,4% di Mps in mano alla Fondazione; l’ente non trovava un acquirente disposto a pagare più di 0,14 euro, secondo le indiscrezioni circolate allora, compresa la cordata delle Fondazioni italiane guidata dalla Cariplo. In più incombeva l’assemblea del 28 dicembre per votare la proposta dei vertici della banca, il presidente Alessandro Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola, di far partire l’aumento di capitale a gennaio. La Fondazione, avendo 340 milioni di debiti da rimborsare e niente soldi in cassa, si sarebbe diluita fino quasi a scomparire. Così Mansi non aveva avuto altra scelta se non fare approvare in assemblea — forte della minoranza di blocco del 33,4% — lo slittamento dell’operazione a non prima del 12 maggio, scontrandosi con i vertici della banca, tanto che Viola a inizio gennaio offrì le proprie dimissioni — poi respinte — al board (dove peraltro è in discussione un’ipotesi di richiesta di danni alla Fondazione, visto che lo slittamento costa a Mps 120 milioni in più di interessi sui Monti bond).
La fondazione aveva cominciato a vendere sul mercato agli inizi di gennaio e aveva fatto cassa cedendo (in gran parte a Och Ziff) i 490 milioni di bond «fresh» per circa 90 milioni. Ad agevolare l’operazione di ieri — tecnicamente chiamata «accelerated bookbuilding» — è stato il prezzo in forte rialzo del titolo: ieri ha chiuso a 0,246 euro (+2,7%), dopo un rimbalzo di oltre il 30% in un solo mese. Il collocamento dovrebbe essere avvenuto con uno sconto di circa il 3%. Sembra che Morgan Stanley, dopo una prima offerta di un pacchetto dell’8,5% abbia alzato l’asta fino al 12% passato di mano su richiesta degli acquirenti.
Fabrizio Massaro
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