Antonella Baccaro, Corriere della Sera 19/3/2014, 19 marzo 2014
AVANTI CON LA RIDUZIONE DELLE TASSE IL DEFICIT DEL 2,6%? POSSIAMO SALIRE
[Graziano Delrio]
Sottosegretario Delrio, è soddisfatto dell’incontro di martedì a Berlino con la cancelliera Angela Merkel?
«Cominciamo col dire che non siamo andati a chiedere permessi a una maestrina con la penna rossa pronta a darci voti, ma ci siamo confrontati con un alleato con cui dialoghiamo alla pari».
Alla pari? Forse i nostri fondamentali non ce lo consentono.
«Perché? L’Italia ha dei conti che non sono da penna rossa: un rapporto deficit/Pil pari al 2,6%, laddove Spagna e Francia sono al 5,8% e al 4% nel 2014. Il nostro deficit strutturale corretto con l’andamento del ciclo è -0,6%, di gran lunga inferiore a tutti quelli dell’Eurozona e secondo solo a quello della Germania, mentre Francia, Spagna e Inghilterra superano il 4%».
Sì, ma il debito...
«I numeri non sono chiacchiere, stiamo attenti perché rischiamo di parlare di aspetti psicologici, di amicizia, di concessioni, di sorrisi. L’Italia è un Paese importante che ha dei numeri abbastanza in ordine tranne uno, grande, che non va bene: il rapporto debito/Pil. Che però è fatto di due componenti: debito e Pil, appunto. Non ci si può concentrare solo su uno dei due fattori».
E siete riusciti a portare il discorso sull’altro fattore: il Pil?
«Abbiamo trovato un grande interesse soprattutto per il percorso di riforme strutturali che si è dato questo governo che ha un orizzonte che glielo consente, almeno sulla carta. Sono riforme, alcune vicine alla conclusione, altre, come quelle fiscali e della Pa, in cantiere, che dimostrano come questo Paese abbia voglia di cambiare passo».
Se i numeri sono sostanza, parliamone. Come coprirete il taglio del cuneo? Sfruttare il margine di disavanzo entro il 3% è ancora una modalità possibile dopo l’incontro con Merkel?
«Finanzieremo il taglio di tasse prima di tutto come hanno fatto tutti gli altri Paesi: ristrutturando la spesa. Noi lo faremo per 32 miliardi in tre anni, come nessuno ha mai osato. Questa risposta è semplice da dare più complicata da costruire. E ha un corollario».
Quale?
«Poiché il percorso di spending l’abbiamo accelerato moltissimo, facendolo partire ad aprile, ma è presumibile che nei primi mesi non dia risparmi di spesa, nel primo anno è prevedibile che noi non avremo i 7 miliardi previsti».
E in questo caso cosa intendete fare?
«Se anche l’Italia finanziasse i primi otto mesi di taglio al cuneo attraverso quote importanti di spending , cioè 4-5 miliardi, più alcune entrate straordinarie, non sarebbe la fine del mondo».
Come l’Iva sui pagamenti della P.a o il rientro dei capitali?
«Sì. Questo non intaccherebbe la serietà del nostro progetto di riforma o la credibilità del Paese, e neppure la discesa del debito pubblico. Dopodiché se in queste misure temporanee c’è da sfruttare anche un pezzo di flessibilità deficit/Pil, lo tratteremo».
Dal 2,6% del Pil al 2,8%?
«Vediamo. Se ne avremo bisogno, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi lo tratteremo. Ma non è detto che ce ne sia bisogno: dipende dall’intensità con cui facciamo la spending ».
Ma il taglio del cuneo è confermato a maggio?
«Certo: l’ha detto il premier».
Parliamo di debito: ritenete di dover rinegoziare le regole del Fiscal compact?
«Il Fiscal compact sarà applicabile a tre anni dall’uscita dalla procedura d’infrazione, quindi nell’arco dei prossimi due anni. Al suo interno contiene regole che già oggi tengono conto della congiuntura economica dei Paesi, rendendo gli obiettivi meno rigidi. Tutto questo è già scritto, non lo dobbiamo trattare. Noi consideriamo che il Fiscal compact vada preso per intero, non solo nell’obiettivo dei 50 miliardi presunti che l’Italia dovrebbe versare, ma anche nelle parti in cui si dice che l’entità di questo rientro dipende dalla congiuntura economica».
Quindi una negoziazione ci sarà o no?
«Noi non vogliamo revisioni unilaterali di trattati o di accordi, né vogliamo mettere in discussione che il rientro del debito sia una traiettoria necessaria e virtuosa. Però allo stesso tempo è ovvio che, come è avvenuto per il rientro dal debito di Irlanda, Spagna, Grecia, quando sono stati fatti loro prestiti, esistono procedure di rientro più moderate a seconda dello stato dell’economia dei Paesi. Quindi non dobbiamo pensare che le regole del Fiscal compact siano una gabbia non più negoziabile, l’importante è che tutto avvenga in un’ottica di comune accordo. E comunque la discussione è un po’ prematura: ne parleremo alla fine del 2015 per il 2016».
Vi attiverete anche per sottoscrivere accordi contrattuali?
«Sì ma sono un’altra cosa. Si tratta di poter ottenere in cambio di riforme, spazi per gli investimenti. Penso all’uso degli eurobond, alla clausola per gli investimenti che consente di mettere i cofinanziamenti europei fuori del patto di Stabilità. Cose su cui lavorare già adesso molto più che sul Fiscal compact».
Sui pagamenti della P.a. Confindustria lamenta tempi ancora troppo lunghi . Come mai avete scelto un disegno di legge?
«Abbiamo voluto presentare un disegno di legge per rispettare la procedura dell’articolo 81 e il pareggio di bilancio. Non è stata mancanza di coraggio ma rispetto della più corretta interpretazione. Quando si sarà fatta la prima parte del percorso potremo trasformare il disegno di legge in decreto».
Ma i 68 miliardi di debiti da pagare dove sono?
«Su quanti siano i debiti ci sono diverse stime. Noi ci siamo basati su quella di Banca d’Italia. Se saranno 58 o 48 non lo so, a noi interessano tutti i debiti del perimetro della P.a.».
Torniamo alla «spending review»: il commissario Cottarelli ha detto che i tagli certi sono per tre miliardi. A cinque ci si arriva azionando «certe leve». Quali?
«Sui costi della politica, ad esempio, noi cercheremo di fare di più, stiamo preparando tagli importanti. L’efficientamento diretto poi dipende molto dalla riduzione delle centrali di acquisto che oggi sono tantissime: 35 mila...».
Ci vuole tempo per ridurle, sarà possibile nel 2014?
«Intanto ci sono alcuni contratti che possono essere rinegoziati, altri in scadenza. Contiamo di risparmiare più di un miliardo».
Il capitolo pensioni è davvero archiviato nel 2014?
«È proprio così: non intendiamo finanziare il cuneo con le pensioni. Il tema non esiste nell’orizzonte di quest’anno. Potrà esserci nell’arco dell’anno una valutazione politica circa il contributo sulle “pensioni d’oro”, ma niente di più».
I tagli alla Sanità finanzieranno davvero la Sanità?
«Andranno a riduzione delle tasse, come l’Irpef regionale, e in parte in investimenti».
Su sicurezza e difesa Cottarelli taglia troppo poco?
«È uno dei settori su cui possiamo lavorare con più intensità».
Compreso il dimezzamento degli F35?
«Deciderà il ministro della Difesa, noi siamo per una spending in cui i ministeri possono anche scegliere dove ritengono meglio».
Si dice che la riforma del Senato abbia impressionato Merkel. Le darete una corsia preferenziale rispetto alla legge elettorale?
«Tutte le riforme del titolo V e la riorganizzazione degli enti locali hanno trovato molto consenso. Interessa anche che la nostra giustizia civile sia più veloce. Abbiamo ampi margini per migliorare».
Che ne pensa di Berlusconi che vuol candidarsi alle Europee?
«È un problema che non possiamo risolvere io o lei: ci sono delle leggi che vanno rispettate e la cui interpretazione non spetta a me».
Antonella Baccaro