Fabio Scuto, D Repubblica 15/3/2014, 15 marzo 2014
NARGHILE’ MON AMOUR
La decisione di far rispettare la legge contro il fumo nei locali pubblici in Giordania sta innescando un’ondata di proteste popolari, non solo da parte degli amanti del tabacco ma anche dei gestori di ristoranti, caffè e pasticcerie. La legge, che nel regno hascemita è stata approvata nel 2008, finora non era mai stata davvero applicata, ma il governo - sulla spinta del ministro della Sanità - ha deciso che non saranno più rinnovate le licenze. Così le oltre 6000 strutture che offrono ai loro clienti la shisha, la pipa ad acqua per fumare tabacco aromatizzato in vari gusti, vedono il loro futuro in pericolo e denunciano la perdita di una tradizione che è parte fondante della cultura giordana.
La Giordania è un Paese di forti fumatori. L’abitudine di fumare la shisha, introdotta durante la dominazione dell’Impero Ottomano, è così popolare e diffusa che con facilità si possono vedere gli automobilisti fermi al semaforo o bloccati nel traffico aspirare lungamente da pipe ad acqua portatili, invece che dalle più pratiche sigarette. Tabacco e “shisha” sono così un importante segmento dell’economia della Giordania, uno dei pochi Paesi mediorientali a non avere una sola goccia di petrolio nel sottosuolo: quasi un miliardo di dollari l’anno se ne va nelle spire del tabacco che si diffondono nei locali pubblici, dando occupazione a oltre 12mila addetti.
«Migliaia di persone stanno per perdere il posto di lavoro», avverte Torsha Emran, che gestisce Jafra, una caffetteria popolare di Amman downtown, e serve mediamente duemila clienti al giorno, metà dei quali una volta seduti ordinano insieme al tè e agli invidiabili pasticcini una shisha aromatizzata alla frutta per soli 2 dinari (3 dollari). «Cosa diremo ai nostri clienti?», si chiede Torsha, visto che la sua licenza è appena scaduta, mentre nel locale decine e decine di uomini e donne seduti ai tavoli aspirano e soffiano ampie volute di fumo azzurrognolo.
«Siamo presi tra l’incudine e il martello, il governo sta cercando di forzare la chiusura delle nostre imprese. Non voglio difendere né il fumo né il narghilè, ma dobbiamo proteggere i nostri investimenti», spiega Mazen Asaleh, che possiede una catena di caffè e ristoranti in tutto il Paese. In ognuno di questi locali appositi specialisti preparano le pipe ad acqua che poi vengono portate al tavolino. Gli avventori mangiano e fumano contemporaneamente, nella convinzione che questo aiuti la digestione - non sempre facile - delle pietanze locali.
Il ministro del Turismo Nidal Qatamin sostiene che il divieto di fumare «dovrà essere introdotto gradualmente, tenendo conto delle ricadute economiche », ma il ministro della Salute Ali Hiasat è invece ben determinato a liberare i locali pubblici giordani dalla shisha entro la fine dell’anno.
Gli esperti del ministero giordano vogliono sottolineare che l’aroma di frutta e altri sapori tendono a far dimenticare i pericoli del tabacco e che la pipa ad acqua è molto più dannosa della sigaretta, soprattutto per le quantità che vengono fumate. Le autorità sono anche preoccupate per gli effetti del fumo in un Paese dove - secondo le stime dell’Oms - quasi la metà dei 7 milioni di giordani sono fumatori, e quasi un terzo è rappresentato da donne.
Il fumo è socialmente accettato e anche favorito dalle sigarette a basso costo. Un pacchetto di sigarette giordane costa 1,5 dinari (2 dollari), mentre quelle prodotte all’estero sono di poco più care. Una pipa ad acqua si può comprare per 8 dinari (11 dollari). L’anno scorso i produttori locali di tabacco hanno abbassato i prezzi del 15% per poter competere con le sigarette a buon mercato che venivano contrabbandate dalle vicina Siria.
La legge in vigore vieta la vendita di tabacco ai minori di 18 anni, ma i negozianti raramente finora l’hanno rispettata. Le sigarette, il tabacco aromatico e le pipe ad acqua per fumarlo sono disponibili nei negozi di alimentari, nei bar, nei chioschi per la strada. I locali pubblici sono sempre pieni di fumo e i minorenni sono parte della clientela. Nelle famiglie tradizionali giordane è socialmente accettato che i ragazzi “accendano” - tirando le prime boccate - la shisha che poi viene fumata dai genitori. I dati medici sono impressionanti. Firas Hawari, medico del King Hussein Cancer Centre di Amman, sciorina numeri che dimostrano l’aumento esponenziale negli ultimi anni delle malattie derivanti dal fumo, responsabile del 25% dei casi di cancro tra i maschi così come di molte malattie croniche. Eppure la decisione di far rispettare il divieto di fumo nei posti pubblici provoca solo reazioni negative, sia tra gli uomini che tra le donne. Il rispetto della legge è iniziato gradualmente nel 2009 nei due grandi Mall di Amman, al Queen Alia Airport e in qualche ristorante della capitale, dove sono state aperte sale diverse per la clientela.
Se applicata per intero, la legge (che prevede una forte multa o l’arresto) permetterà di liberare dal fumo ospedali, scuole, cinema, biblioteche, musei, edifici governativi, mezzi di trasporto pubblici e altri luoghi da stabilire da parte del ministero della Salute. «Penso che il divieto del narghilè sia una delle nostre ultime preoccupazioni », replica invece il direttore di un celebrato ristorante libanese del centro. «Prima abbiamo bisogno di strade, case, parchi. verde pubblico, acqua per l’agricoltura e di moltissime altre cose».