Maria Laura Giovagnini, Io Donna 15/3/2014, 15 marzo 2014
FABRIZIO GIFUNI: “DONNE, PERCHÉ VI INNAMORATE DEI CATTIVI?”
Come risparmiare venti anni di psicoanalisi e vivere felici? La ricetta, ahinoi, non è alla portata di tutti. Primo: bisogna essere Fabrizio Gifuni. Secondo, bisogna essere Fabrizio Gifuni in questo preciso momento: dopo che ha interpretato, di seguito, Il capitale umano di Paolo Virzì e Noi 4 di Francesco Bruni.
«È stato più liberatorio di una terapia passare dal personaggio di Giovanni, finanziere ricchissimo, freddo e vincente, a quello di Ettore, artista squattrinato - un filo irresponsabile - che usa l’ironia per schivare gli inciampi del quotidiano».
In versione barba incolta («Quando non sono sul set mi è più comoda»), Gifuni soppesa ogni parola e fugge quelle scontate. Ma non nasconde la soddisfazione: attore eclettico - è stato De Gasperi, Paolo VI, Franco Basaglia e Aldo Moro - aspettava una commedia dal 1996, quando girò La bruttina stagionata.
In Noi 4 sorride più che negli altri suoi film messi assieme. Ma chi le somiglia di più, Giovanni o Ettore?
In entrambi c’è qualcosa che mi appartiene. Per natura sono abituato a convivere con parecchie anime. Al risveglio la domanda abituale di mia moglie (l’attrice Sonia Bergamasco, ndr) è: in quanti siamo oggi?
Qualcuno prevale, in genere?
No, c’è un bel gioco di squadra (ride). Ho un po’ di Giovanni nella determinazione sul lavoro e a farmi carico delle situazioni; ho molto di Ettore nella difficoltà a sostenere i conflitti e nella leggerezza con cui affronta la vita.
Giuri che l’affronta “con leggerezza”. Non si direbbe.
Lo possono testimoniare le mie figlie: ieri sera hanno visto per la prima volta Il capitale umano (tranne qualche scena, eh) e la prima cosa che hanno detto? «Che bello: tu non sei così. Giochi sempre!». Il gioco è il motivo fondamentale per cui ho scelto questo mestiere: è una specie di assicurazione sulla salute mentale, ti costringe a rimanere in contatto con la tua infanzia. I greci l’avevano già capito: nell’Edipo solo chi sa giocare meglio e risolve l’enigma della Sfinge resta vivo.