Enrico Cisnetto, Il Messaggero 16/3/2014, 16 marzo 2014
FONDI EUROPEI, UN TESORETTO CHE NON SI PUÒ PERDERE
«Ulteriore sforzo» è l’eufemismo utilizzato dalla Commissione Europea per raccomandare all’Italia un diverso atteggiamento per l’utilizzo dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020. Una richiesta che sarebbe bene non ignorare, considerato che il settennio 2007-2013 si è chiuso con i peggiori risultati di sempre: 30 miliardi non spesi e una lunga sequenza di ritardi, errori e truffe. Di fronte alla critica condizione dei conti pubblici e alla conclamata incapacità di accedere ai finanziamenti, la Commissione europea ci ha anche concesso, con una deroga emergenziale e un po’ compassionevole, di usare per finanziare la cassa integrazione o la social card soldi che erano lì ad ammuffire. Entro il 2020 potrebbero arrivare dall’Ue 31,7 miliardi di euro (di cui 19 dal Fondo Sociale e 12,7 dal Fondo per lo Sviluppo Regionale), una cifra che raddoppia con gli obbligatori cofinanziamenti nazionali ai progetti. Se a questi si sommano poi i 54 miliardi incardinati dalla legge di Stabilità del 2013 nel Fondo Sviluppo e Coesione, nel complesso si raggiungono circa 100 miliardi di euro spendibili in 7 anni, per una media di oltre 14 miliardi l’anno. Altro che "tesoretto": qui siamo di fronte ad un’occasione per cambiare davvero il "verso" delle cose e rilanciare crescita e occupazione. Ecco perché il governo di Matteo Renzi non deve ignorare l’allarme lanciato dalla Commissione, che ha specificato che «l’Italia non ha ancora presentato il suo accordo di partenariato ufficiale per la programmazione 2014-20» e che la bozza arrivata a Bruxelles (iniziata da Barca e conclusa da Trigilia nel 2013) è «incompleta», e oggetto di 351 rilievi. Insomma, il documento andrà riscritto da capo. Solo che siamo già nel 2014 inoltrato e non possiamo davvero permetterci altri ritardi. Nel frattempo, il ministero della Coesione è tornato ad essere un dipartimento di Palazzo Chigi ed è nata l’Agenzia per la coesione territoriale. Adesso però, al di là delle targhette, è necessario muoversi. Un pieno utilizzo dei fondi strutturali europei crea lavoro, riduce le spese per gli ammortizzatori sociali, spinge i consumi, aumenta il pil e, di conseguenza, le entrate fiscali. Di fronte a tale circolo virtuoso si potrebbe poi anche puntare ad escludere le quote di cofinanziamento italiano dai calcoli del deficit pubblico, attraverso quella che si chiama la "golden rule". I soldi ci sono, ma sono Bruxelles. Un "ulteriore sforzo" e andiamoceli a prendere.