David Carretta, Il Messaggero 16/3/2014, 16 marzo 2014
EXPORT DEBOLE E SPESA ALTA, PARIGI È IN AFFANNO
IL FOCUS
BRUXELLES «Un asse di paesi deboli non è abbastanza forte da contrapporsi al maggiore azionista della zona euro». Un diplomatico europeo sintetizza così le ragioni per cui la Francia difficilmente farà fronte comune con l’Italia per contrapporsi alla Germania di Angela Merkel. Se Matteo Renzi e François Hollande condividono l’obiettivo di riorientare le politiche dell’Unione Europea a favore della crescita, il presidente francese non ha intenzione di sacrificare la storica relazione privilegiata tra Parigi e Berlino. La fragilità economica francese è un fattore decisivo. «Durante tutta la crisi, prima con Nicolas Sarkozy poi con François Hollande, la Francia è stata al traino della Germania, mettendosi al riparo dalle tempeste che hanno colpito i paesi alla periferia», dice il diplomatico. Del resto, contrariamente a due anni fa, quando al suo arrivo all’Eliseo promise di rimettere in discussione il Fiscal Compact, Hollande ieri ha promesso di adeguarsi alle regole dettate dalla Germania. «Dobbiamo tutti rispettare gli impegni che abbiamo preso», ha detto il presidente francese.
IL DEBITO
Se non fosse per il debito, la Francia rischierebbe di trovarsi in una posizione molto più difficile dell’Italia. Pur avendo beneficiato di uno sconto di due anni per riportare il deficit sotto la soglia del 3% entro il 2015, il governo di Hollande è lontano dall’obiettivo.
Secondo le ultime previsioni economiche della Commissione, il disavanzo il prossimo anno si attesterà al 3,9% del Pil. Il debito pubblico è proiettato al 97,3%. Due settimane fa, il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, ha lanciato un avvertimento a Parigi per accelerare il risanamento dei conti. Quanto all’avanzo primario, Hollande ha riconosciuto che l’Italia è tra i primi della classe e che avrebbe «voluto dire la stessa cosa per la Francia».
Se i dati sulla crescita sono migliori di quelli italiani, il treno della locomotiva tedesca è lontano davanti alla carrozza francese: allo 0,3% del 2013, quest’anno dovrebbe seguire una ripresa del 1%, ma trainata essenzialmente dal settore pubblico. La spesa pubblica complessiva supera il 56% del Pil, un record nella zona euro. La bilancia commerciale è in profondo rosso: la perdita di competitività rappresenta la più grande sfida per Hollande.
LA BOMBA
Nel novembre del 2012, l’Economist aveva ritratto la Francia in copertina come una «baguette-bomba», che rischiava di mettere repentaglio tutta la zona euro. Dopo aver puntato sugli stimoli pubblici per rilanciare domanda, Hollande è stato costretto convertirsi alle riforme sul lato dell’offerta. All’inizio dell’anno, il presidente francese ha annunciato una serie di misure economiche – il «Patto di responsabilità» – ispirandosi proprio dalla Germania: taglio del costo del lavoro a carico delle imprese da 30 miliardi, modernizzazione del sistema fiscale, semplificazione amministrativa. Il modello è l’Agenda 2010 dell’ex cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, che ha permesso alla Germania di passare da «grande malato» d’Europa a primo della classe. «Oggi i due malati sono Italia e Francia», dice il diplomatico europeo. Nei suoi ultimi discorsi, il commissario Rehn ha moltiplicato i riferimenti ai due paesi, indicando i governi di Roma e Parigi come quelli che hanno fatto meno in termini di riforme.
Il mancato rispetto degli obiettivi di deficit della Francia ha anche provocato una dura reazione della Germania, che rischia di irrigidire le posizioni dell’UE sui conti pubblici dell’Italia. Il governo di Berlino, insieme alla Finlandia, ha inviato una lettera alla Commissione per contestare l’eccessiva discrezionalità nel valutare le «misure adeguate» per raggiungere l’obiettivo di medio termine. Insomma, la Germania non vuole più concedere sconti a nessuno.