Andrea Di Consoli, Il Sole 24 Ore 16/3/2014, 16 marzo 2014
DOCUMENTI INEDITI SULLA MASSONERIA
La massoneria italiana
Bisogna ammettere che, per quanto la si sia indagata in ogni modo possibile, la massoneria, per sua vocazione "segreta", rimane un vistoso buco nero della storia italiana. Cos’è davvero la massoneria, e in che modo influenza i processi politici, istituzionali ed economici e la formazione delle classi dirigenti? A questa domanda nessuno sa davvero rispondere. Ci prova, finanche con documenti inediti, Antonella Beccaria, che ne I segreti della massoneria in Italia (Newton Compton, pagg. 422, € 9,90) fornisce una puntuale ricostruzione storica delle logge italiane dal fascismo ai giorni nostri, ovviamente non riuscendo a fotografare nitidamente ciò che programmaticamente si colloca nell’orizzonte dell’invisibilità.
L’isola di plastica
Uno dei principali esperti di mare in Italia, Nicolò Carmineo, ha deciso di documentare con ricerca ostinata il cosiddetto Great Pacific Garbage Patch. Di che si tratta? Lo spiega bene in un passo di Come è profondo il mare (Chiarelettere, pagg. 172, € 13,60): «Non è segnata sulle carte nautiche, né si può avvistare dall’alto o su Google Earth. Eppure è grande quanto un continente». Insomma, si tratta di un’immensa isola di plastica (grande, appunto, quanto un continente) nascosta a fior d’acqua nell’Oceano Pacifico. Aggiunge Carmineo: «Dei cento milioni di tonnellate di plastica prodotta ogni anno il 10% va a finire in mare, da cinquecento miliardi a un trilione sono solo buste; la stessa quantità si registra per piatti, bicchieri, pellicole per alimenti e bottiglie. Così in meno di cinquant’anni gli oggetti che utilizziamo solo per qualche attimo hanno formato un continente artificiale destinato a rimanere in natura per sempre». Sì, per sempre, perché la plastica, sminuzzandosi, inquina i mari anche se in apparenza limpidi; inoltre, sminuzzandosi, la plastica tende a somigliare al plancton, tanto che tutti i pesci che mangiamo sono pieni di frammenti di plastica spesso invisibili a occhio nudo.
L’inferno vero
Una storia così terminale e infernale come quella che Sergio Nazzaro ha deciso di raccontare in Palma di Dio. Un reportage meridionale non poteva che essere pubblicata online (su Amazon e Kobo Store). L’incipit è fulminante, ed è una pietra tombale su ogni forma di speranza: «Mi chiamo Paola. Sono malata di epatite B, C e Delta fulminante. Ho l’Aids. Mi sono fatta di eroina e di coca per oltre dieci anni. Mi sono prostituita per i camorristi, madame di puttane per i camorristi nelle loro ville fuori Napoli e nelle campagne dell’agro aversano. Ho comprato e venduto pistole. Soprattutto per i neri. Ho lavorato per la mafia africana e mi chiamavano "la puttana dei neri". Non ho più un dente. Neanche la memoria. Sono stata in coma due volte. Risvegliata dal coma mi hanno detto che mia madre era morta. Ho perso mio figlio. Me l’hanno tolto. Non ricordo sempre il suo nome. Dovrebbe avere 7 anni, oggi. Ho ammazzato. Sto per morire. Non lo so perché, ma mi chiamano Palma. Ed è solo l’inizio della mia storia».