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 2014  marzo 16 Domenica calendario

BANCA DEL SUD, RESPINTO L’87% DELLE RICHIESTE


ROMA La banca del Mezzogiorno, nata nel 2010 su impulso dell’ex ministro per l’Economia Giulio Tremonti desideroso di creare una banca che sostenesse l’economia del sud, rifiuta quasi la totalità delle richieste di credito da parte delle pmi che pervengono all’istituto attraverso la rete degli sportelli postali. L’impietosa fotografia del livello del credit crunch toccato al Sud (ma anche del parziale flop della Banca del Sud) arriva dalla relazione della Corte dei conti sul bilancio 2012 di Poste Italiane (l’ultimo disponibile), che nel 2010 dopo l’acquisto del Mediocredito centrale ha dato vita alla Banca del Mezzogiorno.
«Di fatto - si legge nel documento che riporta la relazione del management dell’istituto sull’attività 2012 – a oggi delle istruttorie attivate a fronte di richieste di finanziamento presso gli uffici postali circa l’87 per cento viene rifiutato». I motivi di tale esito delle istruttorie vengono indicati nello stesso documento redatto dal management della banca. «Un punto di attenzione è costituito dalla qualità del credito in relazione ai finanziamenti erogati alle Pmi del Sud, che presentano un elevato livello di rischio. Nel Mezzogiorno più di un’azienda su tre risulta in perdita e quelle in attivo presentano spesso elevate posizioni creditorie verso enti locali e/o pubbliche amministrazioni; per valutare la bontà delle aziende medio/piccole inoltre non è sufficiente la lettura del bilancio». Il risultato è che solo il 13 per cento delle richieste di credito trova risposta.
La fotografia sui finanziamenti della Banca del Mezzogiorno è stata scattata tra fine 2012 e inizio 2013, quando è stato chiuso l’esercizio di bilancio. Ma la situazione l’anno seguente non è migliorata, tanto che il management della società, guidata da Pietro D’Anzi e presieduta da Massimo Sarmi (ad di Poste), d’accordo con l’azionista Tesoro (come è stato spiegato nel giugno 2013 nel corso di un’audizione in Parlamento) ha cercato nuovi filoni di business finanziando gli investimenti in meridione di grandi imprese italiane.
Ma in verità questa scelta mirata a garantire prospettive di business alla banca (che a onor del vero va bene, visto che il bilancio 2013 si è chiuso con un utile netto di 11,6 milioni) è un po’ border line rispetto all’oggetto sociale dell’istituto e alla ratio per la quale ha ottenuto dalla Banca d’Italia il via libera all’operatività. Una questione che il magistrato della Corte dei conti mette in evidenza nella sua relazione. «Nel corso dell’anno – si legge – la banca ha ampliato il proprio campo di azione, accordando finanziamenti anche ad aziende più rilevanti per dimensione e fatturato. In tale contesto si inserisce l’analisi avviata a metà 2013, rispondente al «cosiddetto principio di prevalenza». Dalla stessa è risultato che, nella sua realtà specifica, la banca può svolgere «ogni attività consentita ad un istituto bancario, purchè tali attività risultino in prevalenza finalizzate a perseguire gli obiettivi fissati dal legislatore a servizio dell’economia del Mezzogiorno». A tal riguardo sono state programmate in un apposito documento, approvato dall’organo societario della banca, verifiche di periodo basate sull’utilizzo di specifici indicatori». Nel corso del 2013, comunque, la Banca del Mezzogiorno ha avuto «accesso al plafond Pmi-Investimenti messo a disposizione delle Pmi dalla Cdp» con un plafond individuale massimo di 750 milioni.
Resta da capire, in ogni caso, (ma questo la relazione della Corte dei conti non lo dice) se la difficoltà di valutazione delle imprese del Mezzogiorno denunciata nella relazione del management sia da attribuire soltanto alla scarsa trasparenza delle aziende locali o anche al fatto che la banca -essendo comunque in fase di “start-up”- non ha ancora affinato gli strumenti di conoscenza dell’economia dell’area in cui opera che spesso sono molti più utili della lettura di un bilancio.