Valentina Conte, la Repubblica 16/3/2014, 16 marzo 2014
FONDI EUROPEI FUORI DAI VINCOLI LIBERTÀ DI SPESA AI COMUNI VIRTUOSI
ROMA — Mettere fuori dal patto di stabilità degli enti locali i fondi strutturali europei, o meglio la parte cofinanziata dall’Italia di quei fondi. E premiare i soli Comuni virtuosi, consentendo loro di spendere quanto hanno in cassa per aggiustare le scuole, rifare le strade, investire. Il governo Renzi prova ad allentare i vincoli europei, senza violarli. Fermo restando dunque il tetto invalicabile del 3% nel rapporto tra deficit e Pil (che però nel 2016 dovrà essere ricondotto a zero, dunque pareggio di bilancio), l’urgenza immediata per il premier è quella di dare ossigeno al territorio. Le due strade individuate - e all’esame di Palazzo Chigi - rispondono allo scopo. Ma la prima porta a Bruxelles, via Berlino. E potrebbe essere oggetto di confronto già domani, quando Renzi incontrerà la cancelliera Merkel. La seconda strada, tutta interna, conduce al tavolo con gli enti locali. A partire da quello in agenda per giovedì prossimo con l’Anci, l’associazione dei Comuni guidata dal sindaco Fassino.
«Cambieremo il patto di stabilità interno per consentire ai nostri figli di avere scuole degne di questo nome, ma senza sforare alcun vincolo», ha annunciato ieri Renzi da Parigi, dopo l’incontro con Hollande all’Eliseo.
LA PROPOSTA ERRANI
Nelle stesse ore in cui a Bologna il presidente della conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani, chiedeva al governo di escludere i fondi europei dal patto di stabilità interno, «altrimenti è chiaro che non potremo spendere le risorse» e «senza interventi pubblici il Paese non è in grado di fare un salto». Si può fare? Non senza il beneplacito dell’Europa. I fondi strutturali Ue sono già fuori dal patto, proprio perché mirati agli investimenti. Non così le risorse italiane che li accompagnano (i fondi per essere spesi devono essere cofinanziati dal Paese membro per il 50%).
NOVE MILIARDI DA SPENDERE
Tanto per fare un esempio, il cofinanziamento italiano dei vecchi fondi non ancora spesi, relativi al periodo 2007-2013, è pari a 9 miliardi da sbloccare in due anni (2014-2015) prima di perderli definitivamente. Se fossero fuori dal patto di stabilità interno - quell’insieme di tetti di spesa fissati ogni anno dal 1999 nella legge di Stabilità, l’ex finanziaria, per tradurre a livello locale il limite europeo e nazionale del 3% tra deficit e Pil - darebbero più di una boccata d’ossigeno a Regioni e Comuni. Ma non sono i soli denari che Renzi può chiedere a Bruxelles di scomputare dal patto.
GLI EX FAS VALGONO 15 MILIARDI
Ci sono anche i fondi Sviluppo e Coesione (ex Fas, fondi per le aree sottosviluppate). Tutti soldi nazionali che tra residui e stanziamenti di cassa valgono 15 miliardi tra 2014 e 2015 - calcola la Uil, Servizio politiche territoriali - e possono essere investiti per l’85% nelle regioni meridionali e per il 15% in quelle settentrionali.
Diverso il discorso del premio ai Comuni buoni, quelli in pareggio o addirittura in avanzo di bilancio che però non possono spendere quanto hanno in cassa perché chiamati ad attenersi alle regole del patto. Regole cieche che oggi non distinguono tra buoni e cattivi. Anzi vincolano tutti i sindaci allo stesso modo, senza guardare a chi tra loro ha fatto i compiti a casa e chi no. Il premier Renzi vorrebbe scardinare questo meccanismo (e lo può fare senza chiedere a Bruxelles), fermo restando i saldi nazionali da osservare (il 3%). Dunque premiare chi ha i conti a posto, consentendogli di spendere oltre i limiti del patto di stabilità. E nello stesso tempo obbligare i Comuni in rosso a seguire un percorso di risanamento, prima di mettere nuovamente mano al portafogli. Per fare un esempio, mille comuni lombardi hanno “in cassa” circa un miliardo di euro.
Però ben 367 Comuni (su oltre 8 mila totali) sono in situazioni di dissesto o pre-dissesto, vicini cioè al default. Tra questi Alessandria, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Parma, Frosinone.
IN ROSSO 1200 MUNICIPI
E anche Venezia non è messa benissimo. Senza contare poi i 1.200 Municipi in “rosso”, dunque in debito, come Torino e Catania. Certo, aprire un tavolo politico per individuare i buoni e i cattivi - capace intanto di avviare un serio monitoraggio dell’esistente - non è cosa semplice. Ma squadra dei sindaci al governo - come ama ricordare Renzi coordinata da Graziano Delrio, ex sindaco ed ex presidente Anci, pensa di farcela. Dovrà partire dalle regole attuali di calcolo del patto, assai bizzarre: le Regioni hanno un tetto annuo alla spesa (esclusa la spesa sanitaria che però pesa per il 60%), mentre Comuni e Regioni hanno un “saldo obiettivo” tra entrate e uscite, distinto tra spese correnti e investimenti.
Una babele.