Pasquale Elia, Corriere della Sera 15/3/2014, 15 marzo 2014
PINO DANIELE , VIAGGIO ALLE ORIGINI: E MI SONO INNAMORATO DI NUOVO
Una capriola nel passato guardando avanti. Per Pino Daniele, ritorno al futuro è molto di più del titolo di un film, è quasi un decalogo interiore. Il ritorno? È di sapore artistico. Il primo settembre se ne andrà a Verona «portandosi» dietro gli amici (artisti) di un tempo per un concerto alquanto insolito: sul palco dell’Arena, Pino e i «suoi» musicisti suoneranno tutti i brani di «Nero a metà» del 1980, l’album della definitiva consacrazione del bluesman napoletano. E il futuro? Un nuovo amore, dopo un legame durato circa 20 anni con la donna che gli ha dato tre figli (ne ha altri due avuti dal precedente matrimonio). «È la seconda separazione… Sono come Enrico VIII», sorride ironico il cantautore per quel suo gusto di sdrammatizzare.
Che fa, ritenta?
«Sì, dopo due famiglie non smetto di credere nell’amore. Perché se smetti di crederci non vivi più. E poi io non sono uno che consuma l’attimo, ho bisogno di un futuro fatto di certezze. È vero che quando hai a che fare con i sentimenti non esistono sicurezze, però comunque bisogna costruire. Qualcuno mi potrebbe dire: ma a 59 anni, dove vuoi arrivare? Non lo so, sta di fatto che penso sempre al domani».
Riguardo al mondo degli affetti, lei come si definirebbe?
«All’antica. E la mia nuova compagna la pensa esattamente come me. Al secondo fallimento matrimoniale potrebbe sembrare un controsenso, ma io credo nella famiglia. Perché sono cresciuto con i valori che mi sono stati tramandati dalla generazione del dopoguerra. E ai miei figli, alle persone che mi sono vicine, io cerco di trasferire quella napoletanità che mi ha dato l’opportunità di respirare quel clima».
Quello stesso clima in cui nacque «Nero a metà» e che adesso ha voglia di riproporre a Verona.
«Mi piace l’idea di ripartire da lì, ma senza assomigliare al personaggio Pino Daniele di quegli anni, sarei ridicolo. Non sono come gli artisti inglesi che cercano di mantenere l’immagine di come sono nati. Prendiamo i Rolling Stones: loro non si fanno problemi, si tingono i capelli e vanno avanti così».
Invece lei i capelli li tiene bianchi al naturale e così si presenterà al pubblico dell’Arena: cosa succederà su quel palco?
«Recupererò i miei pezzi più belli cercando di arricchirli con nuovi arrangiamenti. Infatti, oltre ai miei compagni di allora, James Senese, Tony Cercola, Agostino Marangolo, Gigi De Rienzo, Ernesto Vitolo e Rosario Jermano, ci saranno anche i 50 elementi dell’orchestra Roma Sinfonietta diretta dal Gianluca Podio. Ecco, con tutti questi musicisti cercherò di riscoprire quelle canzoni che non sono stato più capace di rifare. Perché diciamolo, non sempre si riescono a scrivere brani come “Napule è” o “Quanno chiove”. Ho realizzato cose diverse, come “Melodramma” ad esempio, che a me comunque piace tantissimo. E chissà, forse l’anno prossimo sarò pronto per affrontare un nuovo progetto. Magari tornando a comporre in napoletano».
Cosa rappresenta per lei «Nero a metà»?
«Era la voce di un movimento giovanile. All’epoca la musica aveva un’altra funzione, portava con sé un messaggio sociale. E per alcuni artisti, quel modo di intenderla resta ancora valido».
Oggi com’è la situazione?
«Credo che le opportunità musicali siano più limitate. Prima c’erano i locali dove si suonava, si usciva di casa per andare a comprare il vinile: adesso c’è Internet e senti quello che vuoi in qualunque momento. E paradossalmente tutto questo finisce per ridurre le occasioni per far nascere nuovi progetti. Perché quando una cosa ce l’hai a portata di mano senza che devi sbatterti per ottenerla, alla fine ti interessa fino a un certo punto. Interessa solo a chi veramente ama la musica e quella vera te la devi andare a cercare. Oggi tutto il sistema è cambiato, per carità si accetta, ma sono altri tempi».
E all’interno di questo scenario, lei dove si colloca?
«Continuo nella mia ricerca. Per me è fondamentale conoscere la strada e incontrare tanti musicisti. Io non faccio parte del mondo dello spettacolo e non sono nazional-popolare: sono solo un chitarrista che canta» .