Riccardo Bruno, Corriere della Sera 15/3/2014, 15 marzo 2014
MI PORTO A CASA UNO CHAGALL IL MUSEO DIVENTA IN PRESTITO
DAL NOSTRO INVIATO CAVRIAGO (Reggio Emilia) — Ieri Paolo Mantovi, ricercatore nel settore agricolo, 41 anni, si è portato a casa un’acquaforte di Mimmo Paladino e un’opera di Emanuele Luzzati. E le ha subito appese in sala da pranzo. Non è un collezionista, non potrebbe permetterselo. L’operazione non gli è costata niente, i due quadri li ha presi in prestito dalla Biblioteca comunale, pardon Artoteca, e dovrà restituirli entro 45 giorni. Un mese e mezzo a contatto con l’arte, a costo zero. «Conosco nuovi autori e, perché no, è anche la scusa per organizzare qualche cena con gli amici» ammette lui.
Cavriago, Reggio Emilia, meno di diecimila abitanti, famosa per aver dato i natali a Orietta Berti e perché qui passò l’infanzia Giuseppe Dossetti, è l’avanguardia d’Italia. Nel nuovo centro culturale, il «Multiplo», vanto dell’amministrazione comunale che ha investito 7 milioni, si possono prendere in prestito libri, periodici, dvd, ma anche giochi e appunto opere d’arte.
All’estero è pratica diffusa, da noi no. L’unica esperienza simile è nella toscana San Casciano Val di Pesa, ma è a Cavriago che hanno studiato e affinato il sistema. «Siamo stati in Francia, Germania e Inghilterra — spiega Letizia Valli, responsabile del Multiplo —. La prima ispirazione? L’artoteca di Argenteuil, vicino a Parigi, scoperta durante una visita di gemellaggio nel 1995. Lì abbiamo capito che la bellezza si poteva fruire».
Tra il pensare e il fare sono passati 16 anni, solo nel 2011 è stato prestato il primo quadro. Ma adesso tutto funziona a meraviglia: 150 opere scelte da un comitato scientifico tra grafica d’autore, fotografie, illustrazioni e tavole di fumetti; più di trenta prestiti al mese. Un patrimonio che si rinnova ogni anno, concesso dagli stessi autori o dalle stamperie d’arte. C’è stato uno Chagall, adesso si trovano Gipi, Crepax e molti artisti locali.«Ci stanno contattando da tutta Italia, un progetto simile è in cantiere a Milano, l’idea si sta diffondendo» aggiunge con orgoglio la direttrice Valli.
Soprattutto funziona in paese. Una piccola falange di critici d’arte sta crescendo. «La prima volta che l’utente viene quasi si giustifica: “Non ho studiato, cosa posso prendere? — racconta Barbara Mantovi, responsabile dell’Artoteca —. Il nostro primo compito è rassicurarlo, con una domanda che lo metta a proprio agio: “Qual è il colore del suo divano?”». Quasi tutti poi diventano frequentatori appassionati. «Partecipano agli incontri con gli autori o ai laboratori — aggiunge Barbara Mantovi —. Un artigiano, quando è tornato per la restituzione, ci ha quasi rimproverato: “Potevate dirmelo che Luzzati era famosissimo. Ho controllato su Internet e mi si è aperto un mondo. Sono anche andato al suo museo a Genova”».
Il quadro non più sinonimo di possesso, ma apprezzato per il suo valore culturale. Una rivoluzione, insomma, ottenuta attraverso un meccanismo semplice, che all’amministrazione costa solo poche migliaia di euro di assicurazione. «Molti inizialmente si stupiscono, temono di dover pagare per esempio in caso di furto. C’è solo una sanzione di 50 euro se viene rimosso il sigillo di sicurezza». Tuttavia, anche se non sono opere che andranno all’asta da Sotheby’s, un po’ di apprensione la incutono. «Io le porto subito al sicuro, non le lascerei mai sul sedile dell’auto» confessa Paolo Mantovi, il ricercatore che, ricordate?, ha preso un Paladino e un Luzzati. In questi ultimi tre anni, e una trentina di prestiti, si è innamorato dell’arte e ha fatto qualche investimento («Ho comprato tre opere, da pittori locali»). Risultato: non ha più molte pareti libere a casa. «Gli ultimi prestiti li lo appesi anche in ufficio» .