Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 15 Sabato calendario

“LA GRANDE GUERRA DEVE INSEGNARCI LA PACE”


Il set del nuovo film di Ermanno Olmi Torneranno i prati è a pochi passi da casa sua, sull’altipiano di Asiago, terra di mattanza durante la Grande Guerra. In paese, l’ossario raccoglie i resti di 50mila morti da 23 Stati. Da qui il maestro, alla soglia dei suoi 83 anni, lancia la sua opera manifesto contro tutti i conflitti nel segno della disobbedienza, proprio in un periodo in cui l’incubo torna a materializzarsi: «Vorrei che prima di essere un bel film fosse un film utile a capire il perché della I Guerra mondiale, guai se lo sventolio di bandiere delle celebrazioni fosse l’unico scopo. A cento anni di distanza, il miglior modo è capire perché è successo. Noi oggi siamo a una vigilia che rischia di somigliare molto a quel periodo, ma con conseguenze ancora più gravi. Cosa possiamo fare per capire che la guerra è la più grande stupidità criminale che l’umanità possa compiere?». E così la produzione di Olmi (Cinema Undici e Ipotesi Cinema, con Rai Cinema, col sostegno della presidenza del consiglio nel quadro delle celebrazioni del centenario) lo scorso autunno ha ricostruito due trincee sopra Asiago, a 1100 e a 1800 metri, rispettivamente per le riprese in interni ed esterni. Qui, fra bufere di neve che hanno seppellito il set e ostacoli di ogni tipo, in sette settimane l’autore ha girato la vicenda di un gruppo di soldati italiani rinchiusi nel loro avamposto, nel clima di disfatta che prelude a Caporetto. Claudio Santamaria è l’Ufficiale territoriale, con lui ci sono il Tenentino, Alessandro Sperduti, il Capitano, il Conducente di mulo, il Delirante, il Dimenticato, il Salvato, la Vittima, il Volontario, tutte figure che disegnano una vicenda di disobbedienza, anche se Olmi è restio a svelare i dettagli della trama: «Nel film ci sono due personaggi, un ufficiale e un anonimo soldatino, che fanno prevalere la coscienza rispetto alle esigenze militari dei superiori, e disobbediscono. La disobbedienza diventa eroismo quando il prezzo è la morte. Il gerarca nazista Eichmann si è difeso dicendo che aveva ubbidito agli ordini, ma non c’è ordine che tenga quando un ordine è un crimine. E criminale di guerra andrebbe scritto sotto certi monumenti a protagonisti della Grande Guerra».
Concepito inizialmente per svolgersi tutto in una notte e girato in esterni a temperature proibitive, in modo che il gelo compenetrasse i volti e i gesti degli attori, Torneranno i prati si è dovuto adeguare ai capricci del meteo: «Una volta le scenografie sono sparite sotto cinque metri di neve, allora ho dovuto aspettare che si creassero le condizioni per tornare a girare, ci sono voluti 200 camion carichi di neve per liberare un camminamento. In brevissimo tempo passavamo dal sole alla nebbia, poco dopo nevicava, poi tornava il sole, era da diventare pazzi… Allora ho voluto assecondare la meteorologia, mantenendo comunque la storia originaria». Un’opera onirica, la definisce la figlia del regista Elisabetta Olmi, produttrice con Ipotesi Cinema, rivelando il budget da 3,2 milioni di euro e i probabili termini di uscita, il prossimo autunno, forse giusto in tempo per il festival di Venezia. Altri vaghi dettagli sulla trama affiorano dalle parole del regista:«Arrivano gli ufficiali a ordinare la presa di un osservatorio nemico, probabilmente alla vigilia di combattimenti su tutto il fronte. Il nemico è dentro noi stessi, nel finale si rivelerà che il suo volto può essere una sorpresa. Dopo tutto quel che è accaduto torneranno i prati, e il turista innocente ci camminerà sopra».
Ma l’incontro con Olmi è soprattutto una lezione morale sull’impegno richiesto ad ognuno perché la catastrofe non si ripeta. E allora diffidate degli storici, perché vi racconteranno solo la storia ufficiale, e non fidatevi fino in fondo neanche degli scrittori (cita Gadda, Lussu e Weber e il suo ex vicino di casa e amico Rigoni Stern, per la seconda, ndr) perché i loro romanzi non possono cogliere la sfumature: «Ho letto invece pagine di anonimi soldati e la verità l’ho trovata lì. La storia reale l’hanno scritta coloro che non hanno parola». Come Toni il matto del suo film I Recuperanti, ai cui ricordi Olmi ha in parte attinto. E oggi? «Oggi dobbiamo impegnarci ancora di più per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra, vorrei accadesse qualcosa che scuotesse la nostra sonnolenza. Abbiamo la democrazia, ottenuta con sacrifici che vengono ignorati: per questo motivo i peggiori sono quelli che non vanno a votare».