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 2014  marzo 15 Sabato calendario

LO CHEF UNTO E BISUNTO


Guardi Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio, e pensi: questo non solo cucina, ma se occorre la cucina te la monta pure sollevando i pensili con la stessa naturalezza con cui gira il risotto. E in fondo è questo, e non solo questo, che distingue Chef Rubio dagli altri cuochi che circolano in tv: il braccio tornito e tatuato con cui gira il risotto. Che è quello di chi mescola ma anche di chi si mescola. Alla gente, alla strada, allo sport, alla vita. Ed è una vita concentrata la sua, più di certi sughi che mette sul fuoco. Trentuno anni, ex rugbista (ha giocato a Roma, ma anche in Nuova Zelanda), i primi passi in cucina proprio mentre giocava dall’altra parte del mondo, un trasferimento in Canada per fare nuove esperienze, poi il fortunato esordio in tv, su DMax, in cui ha condotto la prima stagione di Unti e bisunti (è in arrivo la seconda). Ora, sempre su Dmax, Rubio conduce Il cacciatore di tifosi, in cui spiega alla gente comune il suo primo amore: il rugby. E nel frattempo, siccome la celebrazione di un cuoco passa attraverso la pubblicazione di un libro di ricette, ha scritto assieme alla ricercatrice Stefania Ruggeri La nuova dieta mediterranea.
Copertine, foto patinate, ora anche il libro. Non mi dire che ti stai imborghesendo anche tu.
«Non ci penso proprio. In realtà io al libro ci pensavo già quattro anni fa, quando la popolarità era ancora una cosa lontana e nessuno, allora, se lo avessi proposto mi avrebbe calcolato. Volevo scrivere qualcosa contro questa mania di fare i nuovi americani, anziché essere i vecchi mediterranei che siamo. Ormai tra un burger bar, un sandwich e un like su Facebook, ci nutriamo e basta, non assaporiamo. La cucina mediterranea è un ritorno alle sane abitudini».
Il libro è un po’ anomalo in effetti. Tra ricette e considerazioni scientifiche c’è anche la tua prosa, un Rubio scrittore. Dopo la bruschetta nell’olio vuoi intingere la penna nel calamaio?
«Sì, perché amo scrivere e la scrittura è come la cucina: la pratichi per te stesso, certo, ma poi la vuoi anche condividere. E poi io sono orso, faccio fatica a esprimermi parlando, anche se parlo bene, ma con la scrittura mi viene più facile. Ho un blog, traslochifunebri.blogspot. com in cui scrivo e dico che siamo tutti morti viventi che camminano portandosi dietro la propria bara».
Quindi il prossimo passo sarà la letteratura. Nel frattempo dal rugby sei passato alla cucina. Sei meglio come rugbista o come cuoco?
«Il rugbista l’ho fatto per diciotto anni, quindi dico meglio come rugbista. E poi in cucina raggiungere la famosa eccellenza è una cosa complicata. Anzi, forse non la si raggiunge mai. Nel film Jiro dreams of sushi questo meraviglioso ottantacinquenne giapponese mostra come da settant’anni fa sempre la stessa cosa, prepara sempre lo stesso sushi, seguendo sempre lo stesso rituale. L’eccellenza è un moto perpetuo, ogni giorno ci si può superare ».
Dimmi la verità. Street food, tatuaggi, la calata romana. I cuochi stellati non ti guardano dall’alto in basso?
«Mi frega davvero poco dei cuochi stellati e poi i migliori non sono quelli che vanno in tv, quelli sono comunicatori. Per me il cuoco stellato numero uno è Alessandro Breda del Gellius di Oderzo. Mi basta un suo “Vai così” per avere le giuste motivazioni».
Facciamo il gioco della torre. Se dovessi buttare giù un cuoco a scelta tra Carlo Cracco, Benedetta Parodi e Gualtiero Marchesi, a chi daresti la spinta?
«A Benedetta Parodi, lei è una comunicatrice per massaie. È la Barbara D’Urso dei fornelli».
Ma la tv la guardi?
«Non la vedo dal 2006, e non lo dico per dire, è così. Mi vado a cercare quello che mi interessa su Youtube, mi informo, ma seleziono. La tv per me è come la compagnia: va selezionata quella giusta. E poi preferisco leggere».
Cosa leggi?
«Murakami. La Yoshimoto. Mai libri di cucina. Io amo la cultura giapponese perché i giapponesi sono eclettici come me».
Aprendo un menù al ristorante, c’è qualcosa in particolare che ti manda in bestia?
«Sì. L’incapacità di scriverlo in primis. Quando vedo che per descrivere un piatto ci vogliono cinque righe, quando leggo termini come “Aria” “spuma”, “letto di”, mi irrito. Troppe parole nascondono poca sostanza. La cucina è una cosa semplice, i piatti si descrivono citando tre ingredienti massimo e non scrivete “in crosta di” se poi la crosta manco c’è».
Le donne subiscono il tuo fascino in modo indegno, e non solo il tuo. Cos’hanno i cuochi di così attraente?
«Noi facciamo cose che nessuno fa più. Gesti che non sono più dei riti come una volta nelle famiglie. Nessuno ha più tempo di impastare, fare il brodo e la gente rimane imbambolata davanti alla tv a guardare noi che siamo ancora capaci di farlo ».
Hai a cena la Santanchè. Cosa le cucini?
«La devo per forza invità?».
Si è autoinvitata.
«Allora qualcosa che non va masticato troppo, non vorrei mi si scucisse o crollasse l’impalcatura. Niente bistecche troppo alte che si rischia. Magari un brodo di gallina vecchia, che è buonissimo».
E se a cena hai la Boschi?
«Mi pare una sveglia, ma non l’ho capita ancora bene. Le offrirei pesce crudo e un bicchiere di vino, così si svelerebbe per quello che è davvero».
Un cibo italiano sopravvalutato?
«Il cibo italiano è svilito quando viene fatto male e succede spesso. La pizza è una cosa fantastica, ma la pizza di Spizzico non è pizza».
Il posto in cui si mangia meglio e peggio nel mondo.
«Meglio in Giappone, non ci piove. Lì ho mangiato ovunque, dai posti davanti alle fermate dell’autobus ai ristoranti stellati con sei tavoli in tutto e il cibo era sempre incredibile. Il posto in cui si mangia meno bene direi il Nord Europa, forse l’Olanda. Sono pieni di materie prime fantastiche ma non sanno sfruttarle al meglio».
Nel libro dici che la dieta mediterranea aiuta a fare meglio l’amore. Sottoscrivi?
«Certo. Se mangi bene, se mangi i cibi della dieta mediterranea, non sei appesantito e hai energia da bruciare molto velocemente. In più, il liquido seminale dell’uomo ne beneficia perché col cibo giusto è di più e più buono. Se ti fai una bistecca con salsa bernese poi ti accasci sul divano. Se mangi mediterraneo, sei più invogliato a sbattere la donna contro il muro.( mi schiarisco la voce, nda)».
La popolarità ti consente di cucinare per milioni di italiani. Ma riesci ancora a mangiare tranquillo?
«Insomma, diciamo che non mi posso più sbrodolà come una volta e che devo sta attento alla ruchetta in mezzo ai denti, ma tutto sommato, va bene così». E comunque, diciamolo: all’uomo che ti sbatte contro al muro per una semplice pastasciutta, poi la camicia sbrodolata, noi donne, la smacchiamo più volentieri. Figuriamoci se quell’uomo è Chef Rubio.