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 2014  marzo 15 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL MARITO DELLA MUSSOLINI E LE BABY SQUILLO


REPUBBLICA.IT
Rischiano il processo i primi sei indagati nella vicenda dello sfruttamento di due ragazzine fatte prostituire a Roma in un appartamento ai Parioli. La Procura ha chiuso l’inchiesta e ora per i sei si va verso la richiesta di rinvio a giudizio.

A rischiare il processo sono Mirko Ieni, ritenuto il promotore del giro di prostituzione, Nunzio Pizzacalla, Mario De Quattro, la madre di una delle ragazzine, Riccardo Sbarra e Marco Galluzzo.

Ieni e Pizzacalla sono accusati di sfruttamento della prostituzione minorile e Ieni anche di cessione di droga. Al commercialista Riccardo Sbarra si contesta, invece, non solo di aver avuto rapporti con le due minorenni, ma anche di aver detenuto e ceduto materiale pedopornografico.

Il cliente Mario Michael De Quattro è accusato invece di una tentata estorsione, per aver cercato di farsi dare 1.500 euro dopo aver videoregistrato un incontro dietro la minaccia di diffondere il filmato. Un altro cliente, Marco Galluzzo, è accusato di aver ceduto cocaina in cambio delle prestazioni.

Chiusa
la parte sullo sfruttamento e la cessione di droga, prosegue invece l’indagine sui clienti delle due ragazzine fatte prostituire in un appartamento dei Parioli a Roma. Finora sono stati individuati 40 clienti e ne sono indagati venti. Dieci di loro hanno chiesto il patteggiamento.

CORRIERE.IT

ROMA - Rischiano il processo i primi sei indagati nell’inchiesta sullo sfruttamento delle ragazzine dei Parioli. La Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta nei confronti di Mirko Ieni, ritenuto l’organizzatore del giro di prostituzione, Nunzio Pizzacalla, i clienti Mario De Quattro, Riccardo Sbarra e Marco Galluzzo e la madre di una delle adolescenti. Ieni e Pizzacalla sono accusati di sfruttamento della prostituzione minorile e il primo anche di cessione di droga. Al commercialista Sbarra si contesta non solo di aver avuto rapporti con le due minorenni, ma anche di aver detenuto e ceduto materiale pedopornografico. De Quattro è accusato di tentata estorsione, per aver cercato di farsi dare 1.500 euro dopo aver videoregistrato un incontro dietro la minaccia di diffondere il filmato. A Galluzzo si imputa di aver ceduto cocaina in cambio delle prestazioni delle prostitute. Lunedì inizieranno gli interrogatori di almeno una decina di clienti (sui 40 individuati, venti dei quali indagati) di Angela e Aurora - come le due adolescenti si facevano chiamare - rintracciati attraverso intercettazioni e tabulati telefonici, mentre fra venti giorni la Procura potrà chiedere il rinvio a giudizio degli indagati cui è stato notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta.

«Ci fingevamo maggiorenni»

Dal verbale dell’incidente probatorio emergono intanto i motivi che hanno condotto la più piccola delle due a prostituirsi. Motivi che vanno dal desiderio di guadagnare come l’altra al potersi permettere «l’indipendenza economica». «La mia amica - racconta M., la 14enne - si sentiva con questo Nunzio (Pizzacalla, ndr), conosciuto cliccando su una proposta “Lavorare poco, guadagnare tanto”: mi disse che si parlava di prostituzione e le dissi: “Ma cosa fai? Sei scema?”». L’adolescente si sente «confusa», ma «piano piano», vedendo che l’amica «aveva tanti soldi, che poteva spenderli come le pareva, aveva una sua indipendenza dal punto di vista economico, mi sono fatta prendere un po’ anch’io da questa cosa, alla fine mi sono fatta un po’ trascinare». È stato così che la 14enne ha cominciato a prostituirsi: «Dai, se vuoi prova, mi diceva la mia amica, alla fine ci ho provato. Fingevamo di essere maggiorenni. All’inizio erano due o tre clienti al giorno», poi sono aumentati. Un giorno, racconta ancora M., l’amica, forse per farle vincere le resistenze, la porta con sé. «Lei era sul letto con Sbarra, io ero seduta in poltrona. Ero imbarazzatissima».

«I clienti tutti deficienti»

«Svuotavo la testa e dicevo “Vabbé, tanto è un’ora, poi è finito” -. continua M. - Pensavo di non pensarci, cercavo di mettermi nei panni di una persona che stava facendo un lavoro normale, un qualcosa che non fosse quello». Le prime volte, la 14enne era molto impaurita: «Che gente mi capita? E se ti violentano? Poi piano piano ho capito che erano tutti deficienti». Ancora: «Se andavo a casa del cliente o se lui mi veniva a prendere rispondevo alle domande il minimo indispensabile, ma non ero io, cioè ero proprio un’altra persona. Non segnavo sull’agenda quelli che venivano anche perché non ero così tanto felice, anzi non ero felice per niente».

«Costretta a dormire sulle scale»

Il racconto che emerge dall’incidente probatorio è anche un racconto sulle due famiglie, sulla scuola pochissimo frequentata, su servizi sociali inesistenti («Li ho incontrati solo una volta e ho parlato di mio fratello malato», dice la più piccola), sulla solitudine che porta a individuare come unico «amico» lo sfruttatore («Mirko era anche amico, ci dicevamo tutto, anche se avevamo un problema»).E la 15enne L. descrive le nottate trascorse sulle scale del pianerottolo dall’amica più piccola perché la mamma «non le apriva la porta di casa». «Con la madre non si sentiva praticamente mai», spiega la ragazzina. «Sulle scale avrà dormito uno o due volte -precisa-, le altre volte se la madre non rispondeva ritornava da me». Eppure è stata proprio la mamma di M. a dare il vi all’inchiesta denunciando tutto ai carabinieri.

La mamma arrestata

Diverso il rapporto di L. con la madre, arrestata perché avrebbe sfruttato la figlia. La 15enne la difende («Le avevo detto che spacciavo, non che mi prostituivo, le davo cento euro al giorno»), racconta la situazione familiare («Mio padre l’ho visto l’ultima volta che avevo tre anni, mio fratello è iperattivo e ha problemi») e si preoccupa di non essere separata dalla madre: «Mia madre ha avuto un periodo di debolezza, voglio che almeno il rapporto con lei si possa recuperare, non ci ha mai fatto mancare niente, è stata sempre una brava mamma. Io non posso stare senza di lei e lei senza di me».

CORRIERE.IT
Adesso Mauro Floriani rischia il giudizio immediato. L’indagine nei confronti del marito dell’onorevole Alessandra Mussolini, che ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali a pagamento con una delle due minorenni romane sia pur negando di essere consapevole della sua età, potrebbe chiudersi entro qualche settimana con il processo. Le verifiche sul suo ruolo sono ormai terminate. Come lui, pure altri clienti potrebbero finire entro breve davanti al tribunale. Ma l’inchiesta non è affatto conclusa. Lunedì cominceranno gli interrogatori di almeno una decina di uomini rintracciati attraverso intercettazioni telefoniche e tabulati. Anche loro indagati per sfruttamento della prostituzione per aver frequentato l’appartamento dei Parioli a Roma, dove Angela e Aurora - così si facevano chiamare - prendevano dai 100 ai 300 euro a prestazione. Ragazzine gestite da «sfruttatori» adulti, ma talvolta anche autonome nel rispondere alle richieste di chi le aveva contattate dopo aver letto il loro annuncio «postato» sul sito internet «bakekaincontri».

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Floriani e Mussolini, quel matrimonio celebrato a Predappio

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Il figlio del parlamentare

Il contatto con Floriani è stato diretto con la quindicenne. Lo hanno individuato ascoltando le conversazioni sul cellulare di una delle due ragazze e la prossima settimana anche il figlio di un parlamentare del centrodestra dovrà difendersi dall’accusa infamante di aver sfruttato le minorenni. Esattamente come il vicecapo Dipartimento informatica di Bankitalia Andrea Cividini e tutti gli altri clienti nei confronti dei quali il procuratore aggiungo Maria Monteleone e il sostituto Cristiana Macchiusi ritengono di aver ottenuto elementi «incontrovertibili» circa la loro consapevolezza che si trattasse di «under 18».
Al termine di questa verifica e tenendo conto della difesa, si deciderà se sollecitare per ognuno la trasmissione degli atti al tribunale. L’ipotesi che sembra prendere corpo è quella di non celebrare un unico processo, ma agevolare processi singoli che abbiano dunque anche un clamore mediatico di impatto meno elevato. L’obiettivo rimane infatti quello di proteggere al massimo l’identità delle ragazzine e fare sì che questa vicenda si chiuda per loro prima possibile, in modo da poter tornare a una vita normale. Anche tenendo conto che le due giovani sono tuttora ospitate in strutture «protette», anche se hanno ricominciato a frequentare la scuola.

Le paure delle coetanee

Sono state le stesse ragazzine, interrogate dal giudice il 5 febbraio scorso in sede di incidente probatorio proprio per evitare che debbano poi partecipare a un eventuale dibattimento pubblico, a raccontare di aver chiesto agli sfruttatori di non incontrare ragazzi troppo giovani, «per il fatto che magari li potevamo conoscere. Cioè, tipo di 18, 20 anni no. Questa era l’unica nostra preferenza. Io ai clienti dicevo di avere 18 anni, anche se mi è capitato che qualche cliente mi dicesse, vedendo le forme, “ma sei sicura? Sembri più grande”. Noi più che altro ci mettevamo i tacchi e ci vestivamo più elegante possibile per sembrare più grandi - hanno proseguito -. Quando poi abbiamo visto che ad alcuni clienti non gliene fregava niente, ci vestivamo normali. Ci truccavamo, ma in modo normale. Io mi ero fissata in testa come se avessi proprio 18 anni, dentro di me non avevo più 15 anni, facevo come mi pareva». E poi, parlando di Mirko Ieni, che aveva affittato l’appartamento e organizzava gli incontri: «Ci pressava e ci condizionava, ci trattava un po’ come delle macchine, per lui dovevamo esserci sempre, tutti i giorni, non voleva perdere i soldi, diceva che gli servivano i soldi per varie cose. Perché alla fine noi due eravamo l’unica sua fonte di guadagno».