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 2014  marzo 15 Sabato calendario

LA TERRA DEI FUOCHI E QUELL’AREA DI 64 ETTARI CHE SEMBRA PICCOLA

Dunque Roberto Saviano ha esagerato quando ha scritto l’ultimo capitolo di Gomorra, dedicato alla Terra dei Fuochi, lì dove descrive le campagne avvelenate dalla camorra. Dunque erano immagini innocue quelle che abbiamo visto in Biutiful cauntri , le pecore caracollanti perché gonfie di diossina e i campi coltivati a ridosso delle discariche.
E dunque è normale vivere tra i rifiuti urbani ammassati lungo le strade e i rifiuti tossici tombati sotto i cavalcavia, tra il fumo dei roghi dei copertoni e dei materiali velenosi e la puzza del percolato, che è immondizia putrefatta e che nel sottosuolo avanza inesorabile in direzione delle falde acquifere, guadagnando ogni giorno cinque centimetri, ogni mese un metro e mezzo, ogni anno diciotto metri. Questa non è l’Apocalisse, si dice. Ma certo il paradiso non è. E il nesso di causalità tra ambiente malato e persone ferite dal cancro, si aggiunge, è tutto da dimostrare, nonostante anche Napolitano abbia parlato di «gravi patologie tumorali ricondotte al criminale inquinamento di quei territori».
Insomma, è stata solo un’allucinazione, la grande questione della Terra dei Fuochi non era affatto una grande questione. Capitolo chiuso, punto, andiamo avanti. Tutto questo perché? Perché i dati sulla diffusione del cancro non ci sono, ma non perché quelli esistenti suggeriscano un certo ottimismo, no. Semmai, perché finora nessuno li ha raccolti come si fa in altre regioni e l’istituzione di un registro tumori in Campania è stata appena deliberata e ci vorranno un paio di anni per avere i risultati. Inoltre, altri dati forniti in questi giorni dal governo dimostrano che ad essere gravemente inquinati sono solo 51 siti su 1.500 censiti, per un totale di 64 ettari, pari ad appena il 2 per cento dell’area potenzialmente a rischio. Cosa volete che siano, dicono in molti, grossomodo settanta campi di calcio concentrati in un lembo di terra tra Napoli e Caserta? Nulla. O peggio: una bufala. E a dirlo non è solo qualche giornale.
«Adesso lo sappiamo. Non è vero che queste aree sono inquinate così come era stato detto» commenta Pina Picierno, parlamentare Pd e componente della commissione antimafia. La lezione da trarre sarebbe questa: «Ci vuole un po’ di buon senso, di rispetto dei fatti, della verità, delle proporzioni». E infatti il senso delle proporzioni ora invocato ha fatto sì che l’emergenza rifiuti, che in Campania doveva durare dieci mesi, trecento giorni, si sia protratta invece per oltre venti anni. E ancora non si vede l’alba, se è vero che buona parte dell’immondizia prodotta non viene né differenziata (Napoli è ferma al 20%, «quando promisi l’80% ero in campagna elettorale» ammette ora il sindaco de Magistris) né incenerita, visto che un nuovo inceneritore nessuno lo vuole: non gli ambientalisti apocalittici, non i partiti realisti. Con il risultato che l’Europa già contesta all’Italia una multa di 329 milioni di euro, più altri 28 mila euro e 60 centesimi per ogni giorno di ritardo nella realizzazione degli impianti.
Tutti calmi, allora. Non allarmatevi. Potrebbe essere questo l’ennesimo hashtag da lanciare su Twitter, tanto, come dicono gli esperti, il percolato raggiungerà la falda acquifera profonda solo nel 2060. Così gli apocalittici sono serviti. Ma agli «integrati», vale a dire a quelli che minimizzano, chi ci pensa? Il problema non è di poco conto. Se protesti, infatti, rischi, come dice la Picierno, di fare gruppo con quelli che «fanno ammuina», magari con l’effetto di incrementare gli affari della camorra, ora interessata alle bonifiche; mentre se taci sei il solito meridionale acquiescente e, per giunta, con scarso senso civico, come si disse nel 2008, quando Napoli si ritrovò sommersa sotto cumuli di immondizia. Dove eravate?, fu loro rimproverato.