Paolo Mastrolilli, La Stampa 15/3/2014, 15 marzo 2014
MALAYSIA, TUTTI I MISTERI AD ALTA QUOTA
Cianfrani: «Sì. Quel tipo di aereo, se ha nel serbatoio un’autonomia di 4 o 5 ore di volo, può tranquillamente percorrere 2.500 miglia».
MacIntosh: «Possiede l’autonomia necessaria, ma trovo davvero difficile spiegare come possa aver volato così a lungo senza lasciare alcuna traccia».
Cianfrani: «È possibile farlo, volando molto basso. La regione dove si trovava, poi, è una delle meno coperte al mondo. I radar individuano solo che qualcosa sta volando in una certa zona, registrando i “ping”. Poi è il transponder a bordo dell’aereo che riceve il segnale, e risponde inviando un codice che identifica l’aereo e dà la sua posizione. Se il transponder era staccato, era possibile sfuggire ai controlli».
MacIntosh: «È difficile, ma possibile. Se il transponder era staccato, come pare evidente, il segnale inviato dall’aereo era vago. È vero poi che in quella zona la copertura radar è molto bassa. In sostanza il velivolo si trovava ai confini dell’area sorvegliata, e quindi in ogni caso i rilevamenti erano deboli».
Cianfrani: «Certo. È un’operazione che richiede una certa conoscenza della cabina pilotaggio, ma non è particolarmente difficile. Una volta staccato quel sistema, non ci sono altri strumenti altrettanto efficaci per localizzare con precisione l’aereo, e identificarlo».
MacIntosh: «Ci vuole una persona esperta, che sappia dove mettere le mani, ma dal punto di vista pratico è come spegnere la radio dentro un’automobile. Il transponder può essere disattivato anche da un evento catastrofico, come la tv che si spegne perché stacchi il cavo, ma in quel caso il Boeing 777 non avrebbe continuato a viaggiare così a lungo in silenzio».
Cianfrani: «Possono certamente notare la presenza di un aereo. Il fatto che nessuno l’abbia segnalata ci fa pensare che non tutte le informazioni dell’inchiesta in corso sono state rivelate».
MacIntosh: «Anche se disattivi tutti gli strumenti di bordo, un aereo come il 777 coinvolto in questo mistero continua ad avere la «pelle», che riflette la luce ed emette comunque un segnale. Perciò mi sembra molto strano che nessun satellite lo abbia visto. Del resto non esiste un modo per renderlo invisibile. I militari hanno avuto qualche successo nel creare la tecnologia stealth, ma negli apparecchi civili questo metodo non esiste».
Cianfrani: «Non possiamo escludere che questo sia avvenuto. Un mezzo così ha bisogno di una pista lunga due chilometri, o anche una strada abbastanza lunga senza ostacoli, per fermarsi e ripartire in sicurezza».
MacIntosh: «È molto improbabile. È vero che in quella zona esistono ancora delle piste di atterraggio militari rimaste dall’epoca della guerra, ma vicino ci sono anche delle popolazioni locali che avrebbero lanciato qualche tipo di allarme».
Cianfrani: «Se ci fosse stato un incidente, credo che a questo punto qualche conferma sarebbe emersa: un segnale di difficoltà, una richiesta di aiuto, detriti galleggianti, anche se l’area delle ricerche è vasta e non è stata ancora individuata bene. Forse gli investigatori non ci hanno detto tutto quello che sanno, ma a questo punto mi sembra più un atto deliberato, deciso da un membro dell’equipaggio o da dirottatori».
MacIntosh: «Durante i quarant’anni in cui ho fatto l’investigatore di incidenti aerei per il Ntsb ho visto molte stranezze, ma non mi era mai capitato prima nulla del genere. Un aereo così grande, con 350.000 libbre di metallo e plastica, che sparisce nel nulla. È un tale mistero, che bisogna lasciare tutte le opzioni aperte. Detto questo, però, se si fosse disintegrato in volo avrebbe lasciato qualche traccia: neppure lo shuttle Columbia, esplodendo, si ridusse a parti microscopiche. L’ipotesi che si atterrato da qualche parte mi pare improbabile, e quindi penso che prima o poi troveremo in acqua i detriti. A quel punto potremo risolvere l’enigma se è stato un incidente, o un atto deliberato».