varie, 14 marzo 2014
APPUNTI PALLINATO SUGLI AEREI SCOMPARSI
Da sabato 8 marzo il volo MH370 della Malaysia Airlines è scomparso insieme ai suoi 239 passeggeri.
L’aereo, un Boeing 777 costruito nel 2002, è decollato dall’aeroporto di Kuala Lumpur in Malesia alle 00.43 ora locale dell’8 marzo diretto a Pechino. All’1.01 secondo i tracciamenti radar era a quota 35 mila piedi (10 mila metri), l’altitudine di crociera. L’ultimo segnale ricevuto all’1.21 e tre secondi (e registrato da Flightradar24, uno dei più accurati sistemi di tracciamento dei voli) indicava l’aereo in direzione 40 gradi a una velocità di 471 nodi, 175 km a nord della costa malese e a 223 a sud ovest di quella vietnamita. A quel punto si sono persi i contatti, senza alcun allarme dall’aereo [Ettore Livini, la Repubblica 13/3].
Nell’ultimo contatto il pilota si sarebbe limitato a dire: «Tutto ok, buona notte». Gli esperti ricordano che in caso di emergenza l’equipaggio deve seguire tre regole: pilota, usa gli strumenti, comunica. Guido Olimpio: «Dunque si può immaginare che il comandante e il secondo abbiano dovuto affrontare la situazione imprevista e repentina al punto tale da non poter lanciare alcun messaggio. E questo lascia aperti tutti gli scenari possibili, dall’incidente al dirottamento [Guido Olimpio, Corriere della Sera 13/3]
Venerdì 14 la Reuters ha diffuso la notizia secondo cui radar militari malesi avrebbero rilevato il passaggio di un aereo non identificato, in volo al largo delle coste nord della penisola della Malesia, diretto a est verso le Andamane, un complesso di isole che idealmente separa il Mare delle Andamane (est) dal Golfo del Bengala (ovest) nell’Oceano Indiano. La presenza dell’aereo sarebbe stata rilevata nelle ore della scomparsa del volo MH370 e questo fa pensare che si tratti dello stesso aeroplano [tutti i giornali del 15/3].
Tutti i membri dell’equipaggio sono di origini malesi. Zaharie Ahmad Shah, il capitano, ha 53 anni e lavora per Malaysia Airlines dal 1981. [tutti i giornale del 9/3]
A bordo, passeggeri di 14 differenti nazionalità, la maggior parte cinesi: 152, poi 38 malaysiani, 12 indonesiani, 6 australiani, 4 americani, 3 francesi. Stando ai documenti, a bordo ci sarebbero anche un italiano e un austriaco, ma si è subito scoperto che i loro passaporti erano stati rubati [tutti i giornale del 9/3]
Gabriele Romagnoli: «Quando il Boeing del volo MH 370 “svanisce”, la prima ipotesi è come sempre: terrorismo. Il riflesso condizionato valeva anche prima dell’11 settembre. Le indagini iniziali svelano l’utilizzo di passaporti rubati da parte di due passeggeri con biglietti sospetti di solo andata. Di loro un inquirente dirà che “somigliano al calciatore Balotelli”. Si scoprirà che sono due circa ventenni iraniani. Che cosa ci rivela la circostanza? Anzitutto che le inchieste sono affidate a burloni, o cialtroni, dipende. Poi ci insinua un dubbio: due iraniani con nomi come Luigi Maraldi e Christan Kozel? Questi, non dovevano controllarli? Eccola qua, la mitologia del controllo. Abbiamo passaporti elettronici, foto digitali, scansioni fisiognomiche. Niente e nessuno passa inosservato. La domanda è: dove? E la risposta non è: dappertutto» [Gabriele Romagnoli, la Repubblica 13/3].
L’Interpol ha fatto sapere che i due passaporti usati sull’aereo erano presenti nell’archivio dei documenti persi o rubati, aggiungendo che in circolazione potrebbero esserci più di 40 milioni di documenti persi o rubati, e che i controlli in molti paesi sono così poco accurati che «in più di un miliardo di casi i passeggeri sono stati in grado di imbarcarsi su un aereo senza che il loro passaporto venisse controllato incrociando i dati con i database dell’Interpol» [Valerio Cattano, il Fatto Quotidiano 11/3].
«Insomma, i passaporti falsi sono molto comuni. Ma anche se non lo fossero, in genere i terroristi usano passaporti rubati? I dirottatori dell’11 settembre non l’hanno fatto» (Martin Robbins) [Martin Robbins, Vice.com 12/3].
Oltre all’ipotesi del dirottamento c’è quella dell’incidente. Ettore Livini «Anche se un incidente in fase di crociera è estremamente raro e si è verificato pochissime volte in passato. Nel 2002 un aereo di China Airlines con 225 persone a bordo in volo da Taipei a Hong Kong si disintegrò mentre stava per raggiungere l’altitudine di crociera. Nel 2009 un volo di Air France scomparve dai radar mentre si trovava al largo delle coste del Brasile e furono necessari due anni di ricerche per trovare i rottami dell’aereo. In entrambi i casi l’equipaggio non ebbe il tempo materiale di comunicare emergenza e posizione a te terra» [Ettore Livini, la Repubblica 13/3].
«Può capitare, è capitato che un aereo “scompaia” per causa o scelta del pilota: manovra errata o suicidio. La scatola nera del volo AA 300 rivelò questo dialogo tra comandante e copilota: “Stai bene?” “Sì” “Continua così” “C’è un po’ di turbolenza, eh?” “In effetti….”. Tonfo. Clic. Due tonfi. Riprende il comandante: “Porca…” “Dove diavolo siamo finiti?” “Fuori da qui! Tiriamoci fuori da qui!”. Tonfo. Silenzio. Per contrastare quel “po’ di turbolenza” era stato fatto un uso eccessivo del timone, spezzandolo. Sapeva quel che faceva l’egiziano primo ufficiale di riserva sul volo MSR 990 del 31 ottobre 1999 da New York al Cairo: voleva suicidarsi nell’oceano e ci riuscì, portando con sé 216 persone» (Romagnoli) [Gabriele Romagnoli, la Repubblica 13/3].
La fantascienza si è poi sbizzarrita sulle misteriose sparizioni di aerei (ma anche di navi) in un triangolo di spazio aereo nell’Atlantico al largo del Golfo del Messico. Il primo caso fu quello di una squadriglia di cinque torpedinieri Tbm Avenger in volo d’addestramento con 13 uomini partito dalla Florida il 5 dicembre 1945 e mai più tornata. Poi scomparvero nell’arco di un mese due Avro Tudor IV della British South American Airways (1948-49). Nel dicembre 1948 sparì un Dc-3 in volo fra Portorico e Miami con 32 passeggeri e il 28 agosto 1963 due aerei-cisterna Kc 135 Stratotanker della Us Air Force, si suppose in una collisione. Ma frammenti riaffiorarono a distanza di 160 km l’uno dall’altro. [Ansa.it 11/3]
Ma come è possibile che un aereo sparisca nel nulla? Per organizzare il traffico aereo, il mondo è suddiviso in grandi regioni chiamate “centri” (ACC), ognuno dei quali è sotto la responsabilità di uno specifico gruppo di controllori del traffico. Ogni aereo segnala il suo piano di volo al centro più vicino durante le sue fasi di partenza, e questo viene inserito nel sistema che provvede a inviarlo agli altri centri di controllo cui si “aggancia” l’aereo mentre prosegue il suo viaggio, spostandosi da regione a regione [Emanuele Menietti, Il Post 13/3]
Il primo modo per restare in contatto con un aereo sono le comunicazioni a voce via radio. La seconda fonte di informazione sono i sistemi radar, di cui esistono due tipi: il radar primario che dice al controllore del traffico dove si trova l’aereo e poco più; il radar secondario che rileva il segnale inviato da un dispositivo che si chiama transponder e fornisce a terra diversi dati compresa l’altitudine cui sta viaggiando l’aereo. C’è poi il sistema ADS-B (Automatic Dependent Surveillance – Broadcast): l’aeroplano rileva la propria posizione geografica tramite i satelliti e la trasmette a una stazione a terra, che a sua volta può inviare informazioni come le condizioni meteo e la presenza di altri aerei nei paraggi. [Emanuele Menietti, Il Post 13/3]
Il problema di tutte queste strumentazioni è il loro raggio di azione. A seconda delle condizioni atmosferiche, i segnali radio che inviano hanno una portata che oscilla tra i 150 e i 300 chilometri. Se non hai un sistema a bordo per le comunicazioni satellitari, non c’è modo di comunicare con un centro di controllo a terra quando sei nel bel mezzo del volo su un oceano. In casi simili il volo rimane comunque nei sistemi dei controllori del traffico, che continuano a vederlo muoversi sui loro monitor. In pratica i computer mettono insieme le ultime informazioni note sulla posizione, la velocità e l’altitudine dell’aereo con il piano di volo indicato e calcolano di conseguenza il tragitto che sta compiendo l’aeroplano che non comunica più perché fuori portata. In questo senso si può quindi dire che gli aerei scompaiono di continuo e che, in assenza di informazioni contrarie, si assume che tutto sia a posto e che tornino a farsi sentire appena entrati nel raggio di comunicazione di un nuovo centro di controllo. Con il volo Mh370 però non è successo. [Emanuele Menietti, Il Post 13/3]
Intorno alle ricerche dell’aereo della Malaysia Airlines è montato un inquietante scontro tra potenze militari e servizi segreti di Paesi concorrenti. Giampaolo Visetti: «Eserciti e intelligence, grazie a satelliti spia, radar, segnali radio, campi telefonici e aerei invisibili, sarebbero nelle condizioni di localizzare il Boeing, ma pagando il prezzo di rivelare al mondo il possesso di tecnologie tenute riservate. Cina e Usa, ma pure India e Giappone, uniti ieri nelle operazioni, certi di non poter più salvare vite umane, preferirebbero ritardare la soluzione del giallo, piuttosto che scoprire dotazioni militari segrete» [Giampaolo Visetti, la Repubblica 13/3].