Gian Luigi Paracchini, Sette 14/3/2014, 14 marzo 2014
LA RAGAZZA CHE INVENTÒ IL MOBILE DEMOCRATICO
Parigi, primavera 1927. In rue de Sèvres 35 entra con passo deciso una signorina di 24 anni dai capelli corti, maschili, vestita con glamour. Sotto il braccio una cartella piena di disegni, dentro il cuore la convinzione d’aver suonato al campanello giusto. Si chiama Charlotte Perriand, è una designer di talento e sta raggiungendo il già famoso studio Le Corbusier-Jeanneret, fiduciosa che non ci vorrà molto tempo perché a quelle due firme si aggiunga la sua.
Presuntuosa? Diciamo sicura dei suoi mezzi, delle sue idee. E infatti anche se l’approccio non si rivela vincente, visto che il maestro Corbu la saluta con un pre-bersaniano «Ma noi non siamo mica qui a ricamare cuscini...!», entro un anno la ragazza verrà riconvocata e il duo per un certo periodo diventerà trio con risultati che hanno segnato la storia del design.
Charlotte non è stata però soltanto una straordinaria creatrice di pezzi d’arredamento e di ambienti diventati avanguardia senza tempo: stile, interessi e soprattutto un certo modo d’intendere la vita hanno fatto di lei un personaggio di culto. Una di quelle donne carismatiche che, come Frida Kahlo e Karen Blixen, sono riuscite a influenzare e ispirare anche la moda.
Non a caso Louis Vuitton ne ha fatto una sua musa. Prima dedicandole due collezioni dal titolo emblematico (Icones) che ricalcano la sua tempra di viaggiatrice sempre alle prese con i bagagli, il gusto sportivo ma anche ricercato e la vena creativa nel mischiare pezzi di abbigliamento oltre che di arredamento. Poi dando alle stampe il primo di tre volumi antologici a tiratura limitata (Charlotte Perriand - Complete works, curato dallo storico Jacques Barsac, marito di Pernette, unica figlia della designer) che sarà presentato al Salone del Mobile e venduto in edizione lussuosa (120 euro) nei negozi Vuitton e in versione più economica nelle librerie.
Il corposo libro, 510 pagine, comprende la prima parte (fino al 1940) della lunga e appassionata vita di Charlotte, morta nel 1999 a 96 anni senza mai perdere la voglia di studiare e d’inventare qualcosa. È il genero-autore ad accompagnarci in un percorso ricco di talento, femminilità ma anche di variabili in qualche modo romanzesche, che raccontano bene la tempra di madame. Ovviamente Barsac mette la lente sulle tappe fondamentali fra cui spicca il citato primo incontro con Le Corbusier in rue de Sèvres.
Figlia d’arte. Ma da dove parte Charlotte? Nasce a Parigi da padre sarto e mamma che pure lavora per una casa di moda: è lei che allena la figliola a pensare in grande e a elaborare uno spirito indipendente.
Volitiva, determinata, ambiziosa già da ragazzina, disegna benissimo e il suo naturale approdo da adolescente non può che essere la scuola di arti decorative dove si appassiona al disegno d’interni privilegiando materiali fin troppo innovativi per l’epoca come vetro e soprattutto acciaio, che resterà per sempre la sua cifra stilistica.
Ma non solo lavoro: a 23 anni sposa l’inglese Percy Scholefield, facoltoso compratore di tessuti per le principali case di moda (un destino), che ha 20 anni più di lei ed è a dir poco adorante: quel sorriso impertinente, i capelli sfrangiati, la pelle abbronzata di chi ama alpinismo e nuoto, quel look particolare fatto di gonne corte e massimamente di pantaloni lo hanno messo k.o.
La prima mossa è metterle a disposizione uno studio di grande charme con vista sulla chiesa di St. Sulpice che lei trasformerà, grazie anche a uno speciale mobile bar, in spazio decantato da artisti e intellettuali.
All’epoca in cui forma il trio con Le Corbusier-Jeanneret, Charlotte, amica di molti artisti fra cui Fernand Léger, vive nella stessa straordinaria Parigi frequentata oniricamente, fra Picasso, Stein, Buñuel e Hemingway, dallo scrittore americano protagonista di Midnight in Paris di Woody Allen. Una meraviglia.
Che cosa ha spinto il rude ma grande Le Corbusier a reclutare la giovane designer? Guardando i suoi disegni e alcune delle sue opere dal vivo s’era reso conto di come avesse una visione moderna e personale del nuovo modo di abitare le case: precorritrice della cucina open space, dei letti a scomparsa, della composizione a moduli, dei tavoli estensibili. E iniziatrice d’un concetto democratico del mobile dove diverse opzioni di materiali su una unica struttura di base possono consentire prezzi più accessibili.
Peraltro Le Corbusier aveva anche intuito come quella ragazza avrebbe potuto spingere il suo studio verso l’atteso salto di qualità per certi pezzi d’arredamento in cui già eccellevano famosi colleghi come Mies van der Rohe e Marcel Breuer. La poltroncina e lo sgabello girevoli, la poltrona e il divano Grand Confort, la Chaise longue basculante (famosa la disinvolta foto d’epoca di lei sdraiata a gambe alte), il tavolo Tube d’avion ispirato alle ali d’un aereo, elaborati in prima persona da Perriand nel ’27-28, gli daranno perfettamente ragione.
Proprio la Chaise longue conoscerà a questo Salone del Mobile un’ennesima riedizione curata da Cassina (produce i progetti originali di Perriand/Le Corbusier) e da Louis Vuitton: ne saranno poi messi in vendita soltanto 1.000 pezzi con il cuoio naturale e le cuciture artigianali usati abitualmente dalla maison francese.
Divisi tra odio e amore. Sempre nello spazio del Salone milanese il duo Cassina-Vuitton celebrerà ulteriormente il mito Perriand con alcune installazioni che si rifanno a uno dei progetti più singolari della designer parigina. Nello showroom di Cassina infatti prenderà vita “Charlotte Perriand une icône de la modernité”, un allestimento che ricorda il Refuge Tonneau (1938), casa mobile per alpinisti, su due livelli, 20 metri quadrati in tutto, originalmente alluminio fuori e legno dentro, liberamente riadattate e “arredate” con Chaise longue e diversi completi delle collezioni Icones. Altro curioso progetto di segno opposto in quanto riguardante il mare e cioè la Maison au Bord de l’Eau (1934), prefabbricato in legno sistemabile su ogni superficie e comprensiva di veranda, è stato invece realizzato e portato da Louis Vuitton alla sezione Design del Miami Art Basel lo scorso dicembre.
Nel libro due belle immagini con Charlotte aiutano ad apprezzare ulteriormente il suo fascino anticonformista: la prima in copertina di lei nuda, sdraiata su uno scoglio in Croazia e, ormai quasi un manifesto, lei a schiena nuda in pantaloni, con le braccia alzate (una resa amorosa?) circondata da neve e montagne.
Ma fra la ragazza e il maestro Le Corbusier, ritratti in tante foto di tempo libero, davvero mai niente? Soltanto odio-amore professionale, sostengono i bene informati, anche perché spesso il maestro non ha esitato a fare propri i meriti di Perriand.
Comunque quella storica prima visita allo studio in rue de Sèvres ha pure lasciato una sicura traccia sentimentale visto che lei s’è poi sistemata con Pierre Jeanneret, primo socio e fra l’altro cugino di Le Corbusier.
E il matrimonio con l’abbiente inglese? Sfumato nelle nebbie della noia, ma guai a pensare che Charlotte ne abbia approfittato: restituite le chiavi dello stupendo studio su St. Sulpice se n’è andata soltanto con due pentole, due forchette, due piatti e una scopa, il minimo per vivere una vita spensierata in un altro studio, a Montparnasse.
Jeanneret non sarà comunque il suo amore definitivo e altre imprese di tutti i tipi l’attenderanno in Giappone, Vietnam, poi di nuovo Europa, Stati Uniti e via dicendo. Ma di questo si occuperanno gli altri volumi.