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 2014  marzo 14 Venerdì calendario

IL CERCHIO TRAGICO DEL CAVALIERE


Se un giorno un regista vorrà portare in teatro la storia di Silvio Berlusconi, dovrà probabilmente chiedere aiuto a uno psicologo, più che a un politologo, per allestire l’atto finale.
Dovrà infatti districare un mistero che non sta nei corridoi dei palazzi della politica, ma nei meandri, ben più oscuri, di una mente. Con quale criterio, o meglio sotto quali impulsi un uomo di un simile carisma, e di un così travolgente successo, ha scelto la sua ultima compagnia di giro?
Ieri a Fiumicino è stata arrestata una donna che nel 2010 l’allora presidente del Consiglio si portò in Canada, nel codazzo della delegazione ufficiale, nientemeno che al G8. Dissero che era la sua «dama bianca» e, in quel contesto internazionale, non sembrava portare altre credenziali che l’avvenenza. Ora quella donna è stata trovata in possesso di ventiquattro chili di cocaina. Ce li aveva nel trolley e nello zaino, e quando i finanzieri glieli hanno scoperti, ha esclamato «mi hanno fregata», aggiungendo subito dopo di essere stata probabilmente messa in mezzo da qualche narcotrafficante. Può darsi che sia così, e se è così le auguriamo di poterlo dimostrare.
Ma se la notizia di quest’arresto fa tanto scalpore – paradossalmente – è perché non sorprende più di tanto. Voglio dire: è sorprendente che non sorprendano certe frequentazioni di Berlusconi. Da cinque-sei anni ad oggi, ne abbiamo viste troppe. Pusher ed escort che filmano il premier a letto con il cellulare; prostitute professioniste che hanno il suo numero privato di cellulare e lo chiamano a notte inoltrata a Parigi per avvisarlo che una minorenne è stata arrestata per furto; uomini dei servizi che mandano dossier; ricattatori, millantatori, perfino improvvisati sequestratori. Di gente di questa pasta si è attorniato, chissà perché, l’ultimo Berlusconi. Se Bossi è finito ostaggio di un cerchio magico, il Cavaliere si è scelto un cerchio tragico.
Ma Bossi, pover’uomo, era malato, e qualcuno ha avuto perlomeno il pretesto di doverlo accudire. Berlusconi era invece un uomo forte e in salute (vorremmo tutti arrivare, alla sua età, con quelle energie), ancora carismatico, ricchissimo, potente. Eppure, in un attimo si è rovinato. C’è una data precisa: 25 aprile 2009. Quel giorno Berlusconi aveva l’Italia in mano. Governava il Paese con una maggioranza devastante; aveva gestito benissimo la prima emergenza del dopo-terremoto all’Aquila; a Onna celebrò l’anniversario della Liberazione in un modo che lasciò senza argomenti pure molti dei suoi nemici di sinistra. Berlusconi era dunque all’apice della propria parabola. Il giorno dopo finì chissà come a Casoria alla festa di una diciottenne che lo chiamava Papi. Il suo declino è cominciato lì.
Non che Berlusconi sia finito, intendiamoci. Conta ancora, e potrebbe perfino rivincere le elezioni. Ma in quali condizioni si ripresenterebbe sulla scena, non lo sappiamo. Difficilmente potrebbe esporsi in prima persona. È sul viale del tramonto e sono state le sue ultime scelte, più che l’offensiva di nemici a volte non migliori di lui, a farglielo imboccare.
Ha perso molti alleati. Cominciò Casini. Poi Fini. Poi perfino i fedelissimi Alfano, Schifani, Lupi. Ha perso anche molti altri compagni di viaggio: intellettuali, giornalisti, soprattutto tanti elettori. A tutti costoro, la ridotta del Cavaliere ha dato dei traditori, degli opportunisti, dei venduti alla sinistra. La verità è però che sono stati in molti, in questi anni, a chiedersi con dolore: ma chi si è messo a frequentare Berlusconi? Perché è passato da Melograni, Colletti, Pera, Martino, Urbani e Ferrara a Lele Mora, Tarantini, Lavitola e Ruby rubacuori? Non si tratta di un giudizio morale né tantomeno moralistico: si tratta di dubbi sulle capacità di poter guidare un Paese.
In Italia c’è stato un antiberlusconismo militante e spesso fazioso che ha finito per diventare un’ossessione per alcuni e un mestiere per altri: quando (e se) si farà una commedia su Berlusconi, anche di questo bisognerà tenere conto. Ma chi si ostina a non ammettere che il Cavaliere ci ha messo del suo, nega l’evidenza. Che cosa poi sia stato, a spingerlo a rovinarsi con olgettine e ruffiani, non lo sappiamo: forse il sentirsi onnipotente, più probabilmente l’angoscia della fine che si avvicina per tutti, e che è ancor più dolorosa per chi dalla vita ha avuto tutto.