Vittorio Da Rold, Il Sole 24 Ore 14/3/2014, 14 marzo 2014
TRA LE CAUSE RIPRESA UE E FUGA DAGLI EMERGENTI
Come mai l’euro vola toccando quota 1,39 contro il dollaro nonostante Martin Wolf scriva che la crisi dell’euro non sia finita e per una volta sia più pessimista di Wolfgang Munchau? Ecco in sintesi i tre motivi principali di questo rafforzamento della moneta unica.
Fuga dagli emergenti
La fuga dagli emergenti (causata dal tapering) invece di colpire con il classico effetto domino anche i periferici ha fatto affluire capitali in cerca di rendimenti verso la Ue ed in particolare i periferici che vantavano il miglior rapporto rischio/rendimento. La crisi degli emergenti avrebbe dovuto favorire il dollaro, franco svizzero e oro, invece i fondi d’investimento americani e asiatici, la massa di liquidità che gira nel mondo, ha puntato sull’Europa meridionale dove i prezzi erano relativamente bassi. Per acquistare asset europei gli investitori hanno acquistato euro che così si è apprezzato rispetto al "biglietto verde".
Fine del break up dell’euro
I mercati hanno capito che l’euro non è più a rischio. Non a caso il presidente della Bce, Mario Draghi nell’ultima conferenza stampa, ha detto che l’Eurozona è «un’isola di stabilità». Frase che ha strappato qualche sorriso ironico ai corrispondenti dei giornali anglosassoni presenti a Francoforte, ma gli investitori sono in sintonia con Draghi. «Non c’è più il Grexit, il timore dell’uscita della Grecia e del pericolo della disintegrazione dell’euro dopo le storiche parole di Draghi secondo cui "faremo tutto quanto necesario" per salvare l’euro. La periferia dell’eurozona è tornata ad avere valore. La nostra previsione di cambio è di un rapporto a 1,35-1,40 contro dollaro se persiste un quadro senza particolari tensioni di finanza pubblica nei periferici», dice Roberto Mialich, forex strategist a UniCredit.
Inoltre l’Unione bancaria Ue ha portato a casa il primo pilastro, quello sulla vigilanza unica per le prime 130 banche europee di sistema. Il secondo pilastro relativo al meccanismo unico di risoluzione attende ancora l’approvazione del Parlamento Ue che non è d’accordo con l’impostazione del Consiglio e Commissione. L’Unione bancaria completa servirà molto in futuro, ma già da oggi, le banche europee sono più stabili e il Meccanismo unico di risoluzione (SRM) influenzerà positivamente il legame banche-governi riducendo i costi complessivi e la relativa parte a carico del bilancio pubblico.
Export a gonfie vele
L’Europa grazie alla buona salute della Germania è considerata dagli investitori un luogo dove investire sebbene il Pil di Eurolandia corra meno di Usa e Cina. Il saldo delle partite correnti dimostra che l’export va a gonfie vele (la Germania a gennaio ha un saldo delle partite correnti a 16,247 miliardi di euro). «I dati di bilancia dei pagamenti dell’eurozona non mostrano dinamiche eclatanti dei movimenti di capitale. C’è sì afflusso di portafoglio, cospicuo a novembre (55 miliardi di euro), ma esso è bilanciato da un saldo fortemente negativo a livelli di altri movimenti di capitale (essenzialmente passività delle banche verso il resto del mondo, che stanno calando più di quanto non calino le loro attività). Il saldo del conto finanziario dell’eurozona a dicembre era stato negativo per quasi 50 miliardi di euro», spiega Luca Mezzomo, responsabile Macroeconomic & Fixed Income Research di IntesaSanpaolo.
«Oggi è difficile trovare prove quantitative convincenti che la forza dell’euro sia sostenuta da afflussi di capitale, nonostante la plausibilità complessiva della storia. Forse ci manca una disaggregazione sufficientemente fine da cogliere le pressioni specifiche sul cambio euro/dollaro», dice Mezzomo.
«Ma la forza dell’euro genera qualche perplessità. Ad esempio i mercati monetari hanno già incorporato un andamento divergente delle politiche monetarie tra Fed e Bce, fattore che di solito influenza molto i cambi: lo spread biennale sarebbe coerente con un cambio a 1,28-1,34, non a 1,39». Insomma, «il cambio EUR/USD risulta già anormalmente forte per questo livello dei differenziali. Nei prossimi mesi, questo fattore giocherà di più contro l’euro e metterà alla prova la sua resistenza», conclude Mezzomo.