A. Bas., Il Messaggero 14/3/2014, 14 marzo 2014
ECCO I VINCOLI RIGIDI DEL FISCAL COMPACT PER LA FLESSIBILITÀ SERVE IL SÌ DI BRUXELLES
IL CASO
ROMA Per raccontare il terreno sul quale si sta muovendo in questi giorni Matteo Renzi servirebbe una metafora alla Giulio Tremonti. Quella del videogame, per esempio, che ogni volta che sconfiggi un mostro ne appare un altro più duro da battere. Il nuovo scoglio per Renzi si chiama Europa. È da lì che dovrà necessariamente passare il suo piano per tagliare le tasse facendo salire di 0,2 punti il deficit italiano che passerebbe dal 2,6% al 2,8%. Colpa del Fiscal Compact e del «pareggio strutturale» di bilancio recepito due anni fa nell’articolo 81 della Costituzione senza discuterne troppo. Il limite del vecchio trattato di Maastricht, quello del 3% nel rapporto tra deficit e Pil superato il quale scatta la procedura d’infrazione, non è più l’unico vincolo. Ce n’è anche un altro. Quello, appunto, del pareggio strutturale. I Paesi che hano aderito al Fiscal Compact devono garantire che, depurato del ciclo economico, il loro saldo sia pari a zero. Se non lo è hanno un lasso di tempo non troppo lungo per adeguarsi.
I COMPITI A CASA
Per l’Italia il pareggio strutturale è previsto nel 2015, quando il rapporto tra deficit e Pil scenderà all’1,6%, ma depurato degli effetti negativi del ciclo sarebbe appunto pari a zero. Qual è il problema che deve affrontare Renzi? È che senza l’autorizzazione di Bruxelles non può discostarsi dal percorso di avvicinamento al pareggio strutturale. O meglio, può farlo ma nell’ambito di una strettissima procedura prevista dalla legge 243 del 2012. Cosa prevede? Che «scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico sono consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali». Questi eventi eccezionali sono: «a) periodi di grave recessione economica; b) eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese». Se Renzi si vuole allontanare da questi obiettivi, dice la legge, deve, «sentita la Commissione Europea» presentare «alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi». Non è certo impossibile. Mario Monti ottenne di poter pagare i debiti della Pa facendo debito. Ma Bruxelles deve dire di sì. Per questo Renzi è pronto a volare a Berlino e Parigi per trovare sponde alle sue richieste, promettendo in cambio le riforme strutturali che l’Ue chiede da tempo.
A. Bas.