Leonardo Coen, Il Venerdì 14/3/2014, 14 marzo 2014
CELESTE ELEGANZA: 11 PROCESSI E NEMMENO UNA PIEGA
Milano Dietro Matteo Renzi e Angelino Alfano, agisce per trincee sottoposte a fuoco incrociato una vecchia volpe della politica italiana. Anzi, più che volpe, un autentico gatto dalle sette vite. Tante quanto i sette partiti che lo hanno visto nascere, crescere, maturare e spadroneggiare, quando per diciotto anni è stato governatore della Lombardia, forziere d’Italia, carica che vate almeno tre ministeri, e di quelli importanti. È sopravvissuto alla Prima Repubblica, ha veleggiato sui mari tempestosi della Seconda, è stato inseguito dalle fregate della Procura di Milano che lo hanno spesso e volentieri cannoneggiato: l’ultima, poderosa bordata è stata sparata alle 17 di lunedì 3 marzo, quando il giudice dell’udienza preliminare Paolo Guidi lo ha rinviato a giudizio per associazione a delinquere e corruzione (il processo sui fondi neri della fondazione Maugeri comincerà il 6 maggio). Ma Roberto Formigoni, manco fosse il corsaro Jack Sparrow della politica italiana, dice di non temere il fuoco dei brigantini togati, «se la magistratura ha dei sospetti su qualcuno è suo dovere svolgere le indagini. Con serenità, senza spirito persecutorio» spiega, forte dei suoi precedenti combattimenti penali, perché sinora è sempre riuscito a schivare il colpo fatale. «Auspico semmai che si rasserenino i rapporti tra magistrati, politici, giornalisti e potentati vari. Ognuno faccia il suo mestiere senza strumentalizzazioni».
Altri pericoli, però, lo attendono, poiché si appresta ad iniziare una nuova traversata, sospinto dal vento impetuoso renziano, per affrontare le incognite della procellosa Terza Repubblica... «Glielo dico chiaro e tondo. Vivo questo governo guidato da Matteo Renzi con la sensazione che sia l’ultima spiaggia. O riesce in qualcosa di concreto, oppure vengono realmente a prenderci coi forconi»: non c’è via di scampo, per la ciurma capitanata da Renzi e dal nostromo Alfano.
Ogni giorno le onde contrarie ti arrivano contro sempre più alte, come quelle che non hanno apprezzato il Pastrocchium elettorale valido solo per la Camera. Masse d’acqua che hanno risucchiato il sottosegretario Antonio Gentile. In questo senso Roberto Formigoni, che di sopravvivenza se ne intende, è uno che galleggia più dei turaccioli: dapprima seguì le rotte della Democrazia cristiana, poi quelle del Partito popolare Italiano, indi bordeggiò le coste subdole del dopo Mani pulite con le navicelle dei Cristiani democratici uniti, trasbordando poi sugli opulenti velieri berlusconiani della Casa delle libertà che successivamente hanno issato le bandiere di Forza Italia e del Popolo della libertà; infine, dopo la grande tempesta dello scorso autunno, eccolo a bordo dell’agile vascello allestito dal Nuovo centrodestra. «Se falliamo la navigazione, è il caos. Stavolta non chiediamo alla gente di credere ma di guardare e giudicare. La politica ha fallito. La gente ha votato Grillo».
Altrimenti?
«Tornare al voto, purtroppo, non risolverà nulla. Riapparirà lo spread. Si scatenerà la speculazione. Aumenterà l’emarginazione dell’Italia. Questo ventennio è stato un ventennio sprecato. Centrodestra e centrosinistra si sono alternati e hanno fallito clamorosamente. L’Italia sta peggio di prima».
E lei, non si sente corresponsabile? «Governavo la Regione Lombardia. Credo bene».
C’è chi cavalca la tempesta...
«Il vento di Grillo è l’adorazione della morte. L’esaltazione della rovina. La decrescita felice che lui propugna è il naufragio».
Renzi è il capitano giusto per questa sfida?
«Ha dalla sua l’entusiasmo, la sfrontatezza, l’energia. Noi gli abbiamo chiesto di rispettare tre punti essenziali: a) la centralità del lavoro, con il ridimensionamento della legge Fornero, abbassamento del cuneo fiscale, leggi sulla sburocratizzazione e la semplificazione; b) il no alla patrimoniale; c) il sostegno alla famiglia. Ci siamo trovati d’accordo anche sui temi etici: no allo l’ius soli, si allo l’ius culturae».
Non avete timore, voi del Nuovo centrodestra, che Renzi voglia tenere il comando tutto per sé?
«Non siamo invidiosi né gelosi. Renzi non è un uomo solo al comando. La squadra che lo attornia lo aiuterà...».
Qualcuno dice che è una squadra di seconda fila. Formigoni sorride, replica «io non voglio dirlo...». Per un istante si materializza un frammento di vecchia dialettica dc, quel dire e non dire che frantumava i partiti in correnti e in gruppi, in scissioni e in ribaltoni. «Portiamo a casa i risultati, intanto. Dopodiché vedremo se ci sarà il tempo per attribuirsi il merito... Il programma è stato concepito, e discusso, e Renzi è stato leale con noi, fin da subito». Renzi ha reagito con rapidità alla clamorosa gaffe di Graziano Delrio, fedelissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio che aveva anticipato la possibile tassazione dei Bot: «Una cagata, per dirla alla francese... Errore colossale, perché significava mettere in ansia milioni di piccoli risparmiatori italiani...».
Formigoni sostiene di volere tornare a fare politica, e a occuparsi del Nuovo centrodestra, in vista del voto europeo, dove l’ambizioso progetto sarebbe quello di superare quota otto per cento, se non addirittura il dieci. Grazie alla sua dote elettorale. Alle Regionali del 2010, la sua lista prese tre milioni duecentomila voti... Le grane giudiziarie, però, mal si accordano con chi propugna politica pulita e tolleranza zero nei confronti della corruzione, reato ipotizzato dai magistrati a proposito delle utilità di cui Formigoni sarebbe stato destinatario. Secondo alcuni, il suo tradizionale elettorato lo avrebbe abbandonato, Secondo lui, invece, solo un 10-15 per cento.
Cambiano in fretta le cose, al tempo di Renzi l’impaziente. Persino il leggendario look eccentrico di Formigoni. La domenica pomeriggio del nostro colloquio mi aspettavo, per esempio, che indossasse una delle sue giacche sgargianti, come quella arancione che Maurizio Crozza ha esibito nelle sue imitazioni. Macché. Una mise sportiva... Conta il vestito, eccome, nella politica spettacolo. Così come conta dimostrare la propria estraneità alle accuse d’avere sfruttato la generosità che i giudici definiscono impietosamente utilities dell’amico faccendiere Pierluigi Daccò, e di averne agevolato gli affari nel campo della Sanità regionale. Tanto per capirci, le erogazioni della Regione Lombardia per l’ospedale San Raffaele e per la Fondazione Maugeri negli anni in cui Formigoni è stato governato sono state 600 milioni. E il Capodanno ai Caraibi. La Pasqua a Saint-Tropez. La villa in Sardegna...
«Questo processo si basa sul nulla» replica lui.
«Le mie azioni sono sempre state sottoposte all’attenzione particolarissima da parte della Procura di Milano. Ho ricevuto sedici avvisi di garanzia. Quattro sono caduti. Sono stato processato undici volte, e undici volte ho vinto. Attendo serenamente il dodicesimo processo».
Stavolta lei è indagato per corruzione.
«Andrà a finire come nei casi precedenti».
Già. Ma i soldi per le vacanze ai Caraibi e la villa in Sardegna? Come mai non ha le ricevute delle spese?
«A prescindere dalle palle che sono state raccontate, non ho mai negato che Daccò sia un mio amico. Tra amici non si rilasciano ricevute o cambiali... Se c’è stata malversazione, riguarda lui, io non ne sapevo nulla. Se un amico sbaglia, non ho difficoltà nel riconoscerlo. E se ha sbagliato, allora è giusto che paghi».
C’è chi dice che Formigoni è l’emblema della politica peggiore in quella che dovrebbe essere l’Italia migliore. Il Celeste ex governatore lombardo ribatte che i critici dovrebbero rassegnarsi al giudizio degli elettori, che continuano a premiarlo. Come se fosse quello dell’arcangelo Gabriele, il giorno del Giudizio Universale.