Antonella Barina, Il Venerdì 14/3/2014, 14 marzo 2014
NO AI BAMBINI IN CARCERE: L’EQUIVOCO DELLA LEGGE
Alcuni bambini sono nati in carcere. Altri ci sono entrati a pochi mesi perché dal ‘75 l’ordinamento penitenziario prevede che le mamme detenute possano tenere i figli con sé fino ai tre anni. Così i piccoli crescono senza conoscere altra realtà che quella delle sbarre. Quando ha visto il mare per la prima volta, un bambino ha sgranato gli occhi: «Chi ha lasciato tutti i rubinetti aperti?». E un altro, che un volontario aveva portato qualche ora a casa sua, ha esclamato: «Com’è bella la tua cella!». Quest’anno le cose dovrebbero migliorare, in teoria: è appena entrata in vigore la legge che prevede gli arresti domiciliari per chi ha figli piccoli e la possibilità di tenerli con sé fino ai sei anni. Di fatto il problema rischia invece di aggravarsi, perché le madri detenute sono quasi tutte rom, colpevoli di ripetuti piccoli furti: con loro è difficile applicare la nuova legge, perché c’è il pericolo di recidiva e i campi nomadi danno scarse garanzie nei domiciliari. Così, nel periodo più delicato per la loro crescita, questi bambini rischiano di crescere in cella fino ai sei anni, anziché ai tre. O nei cosiddetti «Istituti a custodia attenuata per mamme» (in corso di realizzazione), un po’ meno traumatici, ma pur sempre carceri.
A battersi perché non ci siano mai più bambini dietro le sbarre è l’associazione «A Roma, insieme», che preme per la nascita di case famiglia ad hoc, previste dalla nuova legge, ma rinviate per mancanza fondi. La onlus si occupa delle donne di Rebibbia con figli, portando i bambini a giocare fuori dal carcere l’intera giornata del sabato – al parco, in piscina, al mare, in campagna – offrendo loro vacanze estive, organizzando laboratori di arte e musicoterapia, feste nelle occasioni importanti, un cineforum per le mamme... Cercando di limitare i danni della detenzione su chi non è neanche detenuto, ma solo figlio di detenute. Si aiuta l’associazione con donazioni (aromainsieme.it), oppure offrendosi come volontari o facendosi carico di un progetto: Ikea Foundation, ad esempio, ha donato gli arredi per una stanza da gioco; la Chiesa Valdese sta creando una biblioteca per bambini; la Fondazione Oxylane riadatterà per i più piccoli un campo di pallavolo...