Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 14 Venerdì calendario

SEPARARSI PER FINTA: LA VIA FURBETTA PER PAGARE DI MENO


Milano. L’Italia dei furbetti la trovi dappertutto. Sotto le facce più diverse. Per dire, quella dei separati. Dove, nascoste tra storie di disagio, tramezzi eretti a dividere i separati, residence anonimi e ritorno da mamma, si annidano i truffatori. Quelli che, per trasformare la villa al mare in prima casa aggirando l’Imu (e abbattendo le bollette) e per evitare il cumulo dei redditi, i ticket o le tasse universitarie dei figli, si inventano la fine di un rapporto. Una bella separazione e via. Via da imposte e tasse. Un’ottimizzazione dei tributi «fai da te». O, meglio, una «patologia», per dirla con le parole del direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera. «Delinquenti che prendono in giro chi non arriva alla terza settimana. Sono sullo stesso piano di chi porta i soldi di Giampiero Cazzato all’estero» dice Gian Ettore Gassani, presidente dell’Ami, associazione degli avvocati matrimonialisti. Che però ammette: «Ci sono tali e tante convenienze in una separazione simulata, che a molti sembra da stupidi non farla». Dunque? «Dunque, ci vuole una stretta: chi si separa deve dimostrare che è tutto vero. E per chi ci prova servono sanzioni severe».
Ma quante sono le separazioni simulate? «Il 7 per cento del totale» spiega Gassani. «Una stima per difetto». Considerando che tra divorziati e separati si arriva a 2,7 milioni di persone, una discreta fetta è composta da evasori.
Se l’identikit dei furbetti corrisponde a coppie di borghesia medio-alta, quello di chi realmente si lascia è spesso da allarme sociale. È sulla casa, su chi resta e chi deve fare i bagagli o su come organizzare la convivenza nell’ex nido coniugale – dice una indagine di Demoskopea per il portale Immobiliare. it – che le coppie scoppiate si accapigliano. Tanto che 167 mila divorziati o in fase di divorzio, causa crisi e prezzi proibitivi degli affitti, sono tornati a vivere con i genitori (il 6,2 per cento). Percentuale che nel primo anno di separazione sale al 10,9 (e per gli under 35 schizza addirittura al 13).
Insomma, se la fine di un matrimonio finta è un affare, quella vera è un affanno anche economico. Come sottolinea Carlo Giordano, amministratore delegato di Gruppo Immobiliare. it, il 42,2 per cento dei divorziati denuncia una condizione economica peggiorata dopo la separazione, soprattutto nel primo anno, «proprio per l’impossibilità di far fronte alle spese di una nuova casa».