Laura Laurenzi, Il Venerdì 14/3/2014, 14 marzo 2014
E ANDÒ IN SCENA UNA VITA DA PRINCIPESSA
Che classe e che grande professionalità da parte di Grace Kelly cancellare, o perlomeno sfumare, il suo passato, il lato oscuro, la prima giovinezza, i corteggiatori, i flirt, i fidanzati e apparire quel 19 aprile del ‘56 – era un giovedì – come la più virginale delle spose. Impeccabile, palpitante, sguardo assorto e virtuoso, sorriso angelico, in mano un bouquet di mughetti e un piccolo messale rilegato in pelle bianca: nella cattedrale di San Nicola quel giorno Miss Kelly si materializza come una visione.
La sua interpretazione è da premio Oscar; in effetti il suo Oscar Grace lo ha già vinto e ora può dire addio al cinema. A fine giornata, protagonista assoluta del primo royal wedding trasmesso in eurovisione – oggi lo definiremmo un reality show – neanche si fosse rivista alla moviola, la neoprincipessa commenta: «Non sarei mai stata in grado di svolgere il mio ruolo al trettanto bene se non avessi fatto l’attrice». Il suo pubblico: milleottocento fra fotografi e giornalisti, e invitati come Onassis e Ava Gardner, Somerset Maugham e la duchessa di Windsor, Cary Grant, Gloria Swanson e Porfirio Rubirosa, Jean Cocteau, Alec Guinness, David Niven, Farouk d’Egitto e anche l’Aga Khan.
Perfetto l’abito, fatto a Hollywood da una costumista della Metro Goldwin, perfetto il trucco & parrucco, quello chignon dorato sotto la cuffia di pizzo e il make-up come di madreperla. Bene l’aveva descritta lo stilista Oleg Cassini, suo fidanzato storico, suo fido cavalier servente e uomo d’ottimo gusto con il quale Grace fu a un passo dalle nozze: «Profumava di gardenie, esotiche e purissime al tempo stesso. Aveva un che di trasparente e di perlaceo. Tutto in lei era chiaro, fresco, bello». Beautiful.
Lunga era stata la marcia della bionda e affascinante figlia dell’ex muratore irlandese diventato costruttore milionario. Partita dagli spot del dentifricio e della crema idratante, ma anche dell’aspirapolvere e dell’insetticida, e arrivata a piantare la sua bandiera in cima alla millenaria Rocca di Monaco per diventarne regina. Una carriera scandita da un buon numero di corteggiatori, tanto che la mamma di Grace, col tono di chi dice non è un segreto per nessuno, poco prima delle nozze scrisse in un memoriale in dieci puntate pubblicato da tutte le riviste della catena Hearst: «Hanno cominciato a chiederla in moglie che non aveva ancora 15 anni e Ranieri è almeno il cinquantesimo». Una folla di aspiranti fidanzati sui quali glissare. Li ha messi in fila, se non tutti molti, con nomi e cognomi, lo storico e biografo britannico Robert Lacey nel suo Grace Kelly la principessa americana.
C’è il figlio del concessionario Buick di Filadelfia morto giovane; c’è il marito di una cara amica con cui perde la verginità; c’è il collega d’Accademia sportivo, bello, sofisticato che dirà di lei: era tutt’altro che fredda o scolpita nel marmo, anzi, l’esatto contrario, era una ragazza vivace cui piaceva divertirsi. Stessi apprezzamenti, ma più dettagliati, dall’attore franco-egiziano Alex D’Arcy e poi dal regista e suo insegnante di recitazione Don Richardson, non soltanto ebreo ma anche in attesa di divorzio, dunque fiera mente osteggiato da mamma e papà Kelly, cattolici e perbenisti.
Fu Richardson a raccontare: quando la vidi per la prima volta pensai che fosse indifesa, ma presto mi resi conto che era indifesa come un carrarmato Patton. Nulla di fatto invece con lo scià di Persia, che aveva appena ripudiato la prima moglie, ma non aveva ancora incontrato Soraya. Uscirà con la splendida Grace a New York per sei sere consecutive, le farà dono di tre gioielli mirabolanti che la giovane attrice, contro il parere dei genitori, preferirà non restituire, sempre a quanto racconta Robert Lacey.
Quando da ragazza-spot perennemente a dieta e da interprete di non memorabili soap operas fa il grande salto e passa al cinema di serie A, cambia anche il paesaggio umano dei corteggiatori. Nessuna scintilla fra lei e Gary Cooper sul set di Mezzogiorno di fuoco, ma fuoco e fiamme con Clark Gable mentre girano Mogambo. Qualunque ruolo interpreti, Grace è perfettamente calata nel personaggio, nel suo personaggio: delicata portatrice di bellezza e purezza che una misteriosa alchimia tramuta, o potrebbe tramutare, in passione ardente. Una bellezza & purezza algidamente upper class: «Da anni ormai non vedevamo più un’attrice che sembrasse nata sul lato giusto di Park Avenue» la incasella il vecchio Gary Cooper.
Ma nessuno ha saputo definirla meglio di Alfred Hitchcock, il suo regista preferito che la intrappolò in un ossimoro entrato nella storia del cinema: «Un vulcano dalla cima innevata». Un’innocenza carica di promesse, la sua. Ghiaccio bollente, insomma. Qualcuno – guarda caso un corteggiatore respinto – non lo riterrà un pregio: «Troppo fredda, una regina delle nevi» la liquida Bing Crosby finite le riprese di Alta società, l’elegante addio di Grace al cinema. Nella vita reale lui l’aveva chiesta in moglie e lei aveva risposto: no grazie.
Ma prima che cali il sipario su una gloriosa carriera hollywoodiana e si apra nel fasto una nuova vita, prima che la Casta Diva si muti in principessa delle fiabe, ci sono altri personaggi maschili, inevitabilmente colleghi, a occupare un posto nel cuore d Grace Kelly: l’attore francese Jean-Pierre Aumont, cui si ascrissero flirt anche con Barbara Stanwick e con Joan Crawford; il protagonista di Delitto perfetto Ray Milland che aveva il doppio dei suoi anni nonché moglie e figli; il bel William Holden, co-star nel film che le valse l’Oscar, La ragazza di campagna. Raccontano che lei perse la testa al punto di presentarlo ai genitori. Altri nomi di star con cui si favoleggiò ci fosse stato del tenero sono Frank Sinatra, David Niven, Tony Curtis. Ma forse – sarebbe comprensibile – trattasi di leggenda.
È il 1954 quando Louella Parsons, usando presaga il verbo al passato, perfidamente scrive: «Era una rubacuori ben decisa a conquistare ogni uomo con cui lavorava». Oleg Cassini, che faceva il costumista e lo stilista, in fondo è un’eccezione. Furono a un soffio dal matrimonio: «Eravamo innamorati. Eravamo fidanzati ufficialmente e stavamo per sposarci. Questa è la verità. Niente di più e niente di meno» è tutto quello che si lasciò sfuggire l’elegante e aristocratico sarto sulla sua liaison con Grace Kelly, tacendo su quale fu il dirompente motivo che mandò a monte istantaneamente il fidanzamento: Grace fu presentata al principe Ranieri. Ubi maior...
La diva chiuse con il passato senza rimpianti. Chic come da contratto, Grace Patricia andò incontro al suo destino che era quello sognato da (quasi) tutte le donne: sposare un principe azzurro, essere protagonista di una favola, portare una corona su capelli sempre freschi di parrucchiere, abitare in una reggia, aspirare possibilmente alla garanzia del lieto fine.
Subito dopo le nozze, a un giornalista che durante il ricevimento a Palazzo riuscì ad avvicinarla, Grace Kelly confidò: «Non sono mai stata felice a Hollywood, non ho conosciuto nessun luogo al mondo dove le persone avessero così tante depressioni nervose, dove ci fossero così tanti alcolizzati, nevrotici, infelici. Bisogna avere i nervi saldi per viverci». Lei infatti traslocò.