Camilla Conti e Luca Piana, L’Espresso 13/3/2014, 13 marzo 2014
GERONIMO LA NONNA E L’EREDITÀ
Oggi 12 aprile 2011 scrivo la presente perché resti memoria di quanto accaduto... Il nome di Lidia Peveri al grande pubblico non dice nulla. Suo nipote Geronimo La Russa, invece, è molto più conosciuto. Figlio di Ignazio La Russa, ex coordinatore del Pdl ora nei Fratelli d’Italia, il giovane avvocato Geronimo, 33 anni, è infatti un personaggio la cui notorietà ha superato i confini dei “figli di”. Ragione per cui diventa interessante una diatriba sui soldi di famiglia che la nonna Lidia, scomparsa lo scorso ottobre, aveva deciso di raccontare in una lettera autografa, con il fine esplicitato che «ne rimanga ricordo».
Va subito detto che, in questa vicenda, La Russa senior non c’entra nulla. Lidia Peveri, infatti, era la nonna materna di Geronimo, nato dal primo matrimonio dell’ex ministro della Difesa. Suo padre era stato un magistrato e lei stessa, classe 1924, era laureata in giurisprudenza, pur non avendo mai esercitato la professione legale. È per questa ragione che Geronimo, oggi, può legittimamente vantarsi di discendere da una famiglia che ha il diritto nel Dna. Nel ramo più conosciuto, quello paterno, è infatti avvocato il papà Ignazio – che ha lasciato al primogenito il suo studio legale – così come lo era il nonno Antonino, il primo dei La Russa a sedere nei consigli d’amministrazione delle società di Salvatore Ligresti, come poi è toccato a Geronimo.
I fatti a cui si riferisce la lettera della signora Peveri iniziano nel 2010, quando Geronimo, a dispetto della giovane età, era già un personaggio pubblico. Fin da ragazzo, infatti, il futuro avvocato faceva parte di un network di rampolli eccellenti che animavano le feste mondane. Ancora oggi lo si vede spesso in compagnia dell’amica Barbara Berlusconi mentre, proprio nel 2010, aveva conosciuto un primo incarico di spessore: era stato catapultato alla vice-presidenza dell’Automobile Club di Milano assieme a una pattuglia di conoscenti, dal fidanzato del ministro Michela Brambilla, al figlio di Bruno Ermolli, uomo-ombra di Silvio Berlusconi. Costretto a dimettersi nel 2012 dal decreto Monti che vietava i doppi incarichi (conservò la poltrona nella Premafin dei Ligresti), di recente lo davano interessato a tornare in pista per la presidenza dell’Aci milanese. «Ho declinato l’invito di amici che mi hanno chiesto di far parte della loro squadra», ha risposto, motivando il rifiuto con «impegni personali» ma confermando la sua «grande passione per i motori».
Il 2010, dunque. Nel gennaio era mancato il marito di Lidia Peveri, Giovanni Antonio Cottarelli Gallina, il nonno di Geronimo. La loro era una famiglia abituata a un certo benessere. Erano proprietari di un albergo con caffè-concerto sul lungomare di Riccione, il Metropol, dal quale, nell’Italia del boom passavano ospiti come Mike Bongiorno e Sandra Mondaini. Avevano terreni per decine di ettari nella zona di Melegnano, a sud di Milano, dove abitavano. Quando si recavano a Milano per le serate alla Scala, Lidia e Giovanni non rincasavano ma erano soliti fermarsi in un pied-à-terre nella centralissima via Visconti di Modrone.
Buona parte di queste proprietà sono state da tempo distribuite ai due figli Libero e Marica, la mamma di Geronimo. È così che, oggi, il giovane avvocato risulta titolare di un cospicuo patrimonio. L’albergo sulla riviera romagnola non esiste più ma, da tempo, l’edificio dove sorgeva è stato riconvertito in un complesso di negozi intestati a una società, chiamata Metropol in memoria dei bei tempi, di cui Geronimo è socio unico.
Nonostante la distribuzione, tuttavia, Lidia Peveri anche dopo la scomparsa del marito aveva sempre voluto mantenere la sua autonomia, grazie anche al patrimonio residuo. Racconta chi la frequentava che, nonostante l’età, non si faceva mai trovare in disordine e che le piaceva trattare di persona con i direttori delle banche dove aveva i conti correnti. E sono gli stessi gli atti societari a dimostrare che nutriva fiducia nei confronti di Geronimo. Nei maggio 2010, ad esempio, la nonna stipula una convenzione con il nipote proprio sul Metropol. Lei (che su parte delle quote conserva l’usufrutto) concede a lui (che ne ha la nuda proprietà) il diritto di esercitare il voto, auto-estromettendosi dalla gestione.
Dopo pochi mesi, però, qualcosa si rompe. Lo racconta lei stessa in una lettera: «Il mio denaro e quello lasciatomi da mio marito erano depositati presso varie banche. Mio nipote insistette affinché aprissi un conto presso la sua banca di fiducia e vi depositassi parte del mio denaro. Alla fine cedetti alle sue insistenze e mi accompagnò presso la banca Unicredit di Milano in piazza San Babila dove, mi diceva, avrei depositato 175.000 euro». Qui arriva il clou: «Giunti pochi minuti prima della chiusura mi furono posti innanzi molti fogli che venni invitata a firmare subito, data l’imminente chiusura, e che non feci in tempo a leggere. Li firmai fidandomi di mio nipote, nella certezza di solo depositare i miei denari». Dopo alcuni mesi, però, la signora Peveri decide di ritirare quel patrimonio, per riportarlo nella banca di casa. Scrive: «Ebbi la tristissima sorpresa di essere stata ingannata e di aver sottoscritto una polizza di assicurazione sulla vita a beneficio, guarda caso, di mio nipote».
I documenti citati nella lettera – che “l’Espresso” ha potuto consultare - confermano l’esistenza della polizza. È datata 5 agosto 2010, è emessa da CreditRas e prevede un premio versato alla sottoscrizione di 175 mila euro. Il beneficiario unico è Geronimo; la corrispondenza relativa al contratto, si precisa, va inviata nell’appartamento di via Visconti di Modrone, che nell’ottobre di quello stesso anno, cambia intestatario, passando dalla nonna al nipote. La polizza prevede dei costi di chiusura; sarebbe questo il motivo per cui, alla scoperta, Lidia non la estingue ma ne cambia il beneficiario, che diventa prima un’altra nipote, del ramo del figlio Libero, poi la moglie di quest’ultimo. A cui affida la lettera, affinché «rimanga ricordo di quanto accaduto».
Geronimo, interpellato da “l’Espresso”, definisce «completamente priva di ogni attinenza con il vero e quindi calunniosa» la ricostruzione dei fatti contenuta nella lettera. Della cui veridicità, in una conversazione telefonica, dice di sospettare. E aggiunge: «Con mia nonna ho sempre avuto un rapporto splendido, mai cambiato nemmeno dopo che mio zio Libero la volle portare con sé negli ultimi mesi della sua vita, prima in Paraguay e poi, ormai stremata, in Romania dove poco tempo dopo il suo arrivo è deceduta». Ce ne sarebbe da scatenare una faida infinita. Se non fosse che i possibili contrasti sarebbero stati chiusi da un accordo fra gli eredi. Ovunque stia la verità, è però certo che le ferite rimarranno.