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 2014  marzo 13 Giovedì calendario

GLI ANNI DI MALAGO’

Oggi compie 55 anni e un anno e 22 giorni di presidenza Coni. Giovanni Malagò, che voto si dà?
«Sufficienza piena. Ma il voto me lo deve dare chi mi ha votato e soprattutto chi un anno fa non lo ha fatto».
Le cose fatte e delle quali è orgoglioso.
«Sono tantissime. Le tre più importanti? Avere rispettato i criteri di governance promessi,avere avviato il recupero del territorio e avere garantito allo sport i finanziamenti fino al termine del mio mandato».
Le cose fatte e che non rifarebbe.
«Sul caso Frullani, il bobbista positivo a Sochi, non mi sono spiegato bene, ne è uscita fuori una dichiarazione sbagliata della quale mi scuso».
Quello che avrebbe voluto fare e che ancora non è riuscito a fare.
«Conservo sul tavolo il mio programma e con Michele Uva, il direttore generale di Coni Servizi, lo spuntiamo quotidianamente. Le cose da fare sono tante. Le priorità? Coinvolgimento della scuola nello sport e viceversa; ottenere fonti aggiuntive di ricavi dal merchandising e dal lancio del nuovo logo Coni; e infine aprire una nuova epoca anche generazionale di cultura sportiva nel nostro Paese. Ma per fare questo ci vuole tempo».
A proposito di scuola: con la Gazzetta il 7 agosto 2013 s’era mostrato perplesso su quel poco che s’era messo fin lì in piedi, e che era costato al Coni 7,3 milioni d euro. Oggi a che punto siamo?
«Credo sia l’ultimo anno di quel format. Penso a qualcosa di totalmente diverso, a portare la vera attività sportiva nelle primarie. E quando dico vera non mi riferisco certo alle due ore settimanali. Spero che il ministro Stefania Giannini, con la quale ho parlato e che incontrerò molto presto, abbia una sensibilità diversa da quella mostrata dal ministro Maria Chiara Carrozza. Persona validissima ma con altre priorità».
Una cosa che non ha marciato gliela diciamo noi. La commissione contributi insediata da un anno e ferma al palo. In compenso i presidenti hanno avuto tutti la paghetta di 36mila euro l’anno.
«La parola paghetta non la trovo giusta. E’ una forma di trasparenza ed è una cifra lorda. Senza questo tipo di riconoscimento continueremmo ad avere solo tre tipi di presidenti federali, i benestanti con tempo libero, i pensionati e chi ha interessi personali da coltivare. E questo non va bene. Quanto alla commissione, sapevo che avrebbe avuto problemi. Troppe anime al suo interno. Entro due, massimo tre mesi arriviamo alla conclusione, è una promessa. Ma deve essere chiaro che sarà impossibile accontentare tutti».
Malagò e la politica. In un anno ha cambiato quattro «vigilanti» sullo sport. E ora non è chiaro se tocca a Graziano Delrio o a Eugenio Giani.
«Sono cinque, se contiamo pure la Biancofiore. Un record davvero “invidiabile”, e lo scriva tra virgolette. Ora le deleghe formali sono in mano a Renzi. Credo che la prossima settimana ci sarà un chiarimento. Sarò comunque felice, perché Giani è un mio amico ed è assai competente, e con Delrio c’è già un rapporto consolidato».
Ha iniziato l’Olimpiade di Sochi con un presidente del Consiglio, Enrico Letta, e l’ha finita con un altro, Matteo Renzi. Col secondo ha ottimi rapporti, ma il primo quanto le manca?
«La cosa più complicata a Sochi è stato spiegare tutto questo prima a Putin e poi ai membri Cio. A Letta va il mio grazie, per tutto e per essere venuto a Sochi. Conosco Renzi, e sono certo che anche lui è e sarà un grande amico dello sport».
Roma 2024, cara a Letta, a Renzi chissà, al sindaco Marino chissà al quadrato...
«Cara a Letta e sono convinto pure a Renzi. Marino non ha cambiato opinione. Una cosa è la situazione odierna, Roma e il Paese,una cosa è Roma 2024, dieci anni dopo. Perplessità e controindicazioni da esaminare, con calma. Tra 18 mesi vediamo che fare».
Malagò e il calcio. Fuori dalla Champions, dentro a un campionato mediocre e con un mondiale fra tre mesi. Sereno, preoccupato o addirittura preoccupatissimo?
«Preoccupato. Se il calcio italiano perde il suo appeal tutto il sistema ne risente. Rischiamo di avvitarci e quando dico rischiamo penso a tutti noi, il calcio, lo sport, le scommesse, i giornali... Risalire poi è sempre più complicato. La Juventus vincerà i prossimi cinque campionati per mancanza di avversari. Non è una buona notizia, anche per Agnelli e i suoi tifosi».
Stato d’avanzamento del nuovo codice di giustizia? E’ vero che non sarà più unico per tutte le federazioni? E sulla superprocura contestata da calcio, basket e nuoto sono in vista aggiustamenti?
«Non ci sarà il codice unico, ma un impianto base uguale per tutti. Le istanze dei dissidenti sono allo studio e tutti i suggerimenti sono graditi. I tempi saranno rispettati e il primo luglio si parte».
Favorevole come noi alla moviola e contro Nicchi che non la vuole, mentre Abete galleggia nel mezzo.
«Rispetto Abete e lo capisco. Ma mi domando: siamo sicuri di avere fatto tutto il possibile per cominciare a smuovere Fifa, Uefa, International Board? Secondo me no. Mi piacerebbe un Abete più intraprendente. Nel rugby, che è lo sport delle tradizioni più antiche, ci si è arrivati. E la continuità del gioco non ne ha risentito».
Quanto alla proliferazione degli stranieri, Petrucci è sul piede di guerra col suo basket.
«Gli ho mandato una lettera, sono pure io per la tutela dell’italianità. Basket, pallavolo, pallanuoto si stanno muovendo, ma va evitato il muro contro muro e andare incontro al semestre europeo a presidenza italiana non aiuta».
Caso Federnuoto. «Archiviazione perché il fatto non sussiste». Ha da rimproverarsi qualcosa?
«Assolutamente no. Anche se so che qualcuno ha difficoltà a crederlo sono contento. Ho chiamato Barelli. Una telefonata doverosa».
Quel parere proveritate lo ha chiesto lei? Si fiderà ancora di quel tipo di pareri?
«Non l’ho chiesto io. Lo ha fatto Roberto Fabbricini. Come ha detto Franco Carraro, spesso i pareri proveritate sono vestiti su misura, ma questo non lo era, non nasceva così. E ho dovuto fidarmi».
Un Barelli colpevole non avrebbe più concorso alla carica di presidente mondiale del nuoto, e dunque a diventare un membro Cio, rendendo così più sgombra la strada a lei, che al Cio ha già detto di voler puntare. Vero o falso?
«Completamente falso. Fantascienza».
Lo scandalo Fise si ingrossa. «Conti da fallimento» sono sue parole. Con tutto il rispetto per l’ottimo lavoro del commissario Ravà, non le sembra ci sia materia per la Procura della Repubblica?
«No, altrimenti avremmo denunciato il tutto. E comunque la Corte dei Conti ha in mano le carte. Dal 2008 senza un bilancio approvato e qualcuno mi deve spiegare perché. Un buco di 10 milioni senza contare i contenziosi, che possono allargarlo. Sa cosa vuol dire? Anni e anni di futuri accantonamenti per coprirlo, quel buco. Una cosa è certa: cose così, con me presidente del Coni, non accadranno più. Nè alla Fise nè altrove».
Atletica e mondiali indoor. Torniamo da Sopot con le ossa rotte.
«Un disastro. Non si può negare l’evidenza. E il primo a dolersene è il presidente Giomi che mi ha invitato a Formia per discuterne nel prossimo weekend. Speriamo di fare in tempo a rimettere insieme i cocci per Rio».
A proposito di Sochi. Cento per cento, otto e otto, il rapporto tra medaglie senza oro e quarti posti. Non sarà mica sfigato?
«Ci manca anche questo... se nella vita c’è una persona fortunata quella sono io. E quel che conta è il finale di partita. Qui siamo soltanto all’inizio».
Oggi è il suo compleanno, auguri. Per chiudere in bellezza non resta che parlare della sua amica Federica Pellegrini…
«L’altro giorno, era appena tornata da cinque settimane di collegiale in Usa. Vado per messaggiarla, ma mi aveva appena preceduto. Telepatia pura e un percorso comune, lei da atleta, io da dirigente. Forza e credibilità. Calendario delle gare alla mano, magari Fede è proprio quella che ci porta la prima medaglia a Rio de Janeiro...».