Mirko Graziano, La Gazzetta dello Sport 13/3/2014, 13 marzo 2014
INFINITO PIRLO
L’ultimo genio del calcio italiano compirà 35 anni il prossimo 19 maggio. Ma i titoli di coda sono ancora lontani, lontanissimi: a breve firmerà un nuovo contratto fino al 2016 con la Juventus, dunque altri due anni garantiti sui palcoscenici che contano. Lui è Andrea Pirlo da Brescia, più che un calciatore, un artista. Dato per finito dal Milan nell’estate del 2011, il «leader silenzioso» (cit. Marcello Lippi) ha risposto con due scudetti (praticamente tre) consecutivi in bianconero, trascinando nel frattempo la Nazionale a un miracoloso secondo posto all’ultimo Europeo. Non esiste Cattedrale del calcio che non riconosca la sua arte. Lo scorso giugno, il Maracanã di Rio de Janeiro accompagnò con boati ogni giocata di Andrea, compresa una punizione-gol alla Zico. La settimana scorsa, durante Spagna-Italia, l’esigente e severo pubblico di Madrid salutava con una standing ovation l’ingresso in campo del regista azzurro.
Andrea Pirlo, teme che si tratti del giusto rispetto dovuto a un grande considerato sul viale del tramonto?
(ride, ndr) «Io sento solo tanto orgoglio. Fanno piacere questi applausi, soprattutto quando li ricevi all’estero. Vuol dire che in carriera si è fatto qualcosa di importante, tecnicamente e umanamente. Mi fa sentire bene...».
L’hanno invece fischiata a Milano, in Milan-Juve. Mai successo prima. Se l’aspettava?
«Da ex, anche se ti lasci in ottimi rapporti coi tifosi, è spesso così: il primo anno ti applaudono, il secondo un po’ meno, il terzo se continui a vincere sono fischi garantiti».
Il campionato è finito?
«Diciamo che nell’ultima giornata abbiamo dato una bella botta. Ora dipende davvero solo da noi».
Tutto molto facile?
«Lo dite voi che è semplice. Dietro, finora, la Roma ha finora viaggiato su ritmi straordinari, e noi per metterci in questa posizione abbiamo dovuto fare qualcosa di mostruoso. Certo, il livello del campionato non è quello dei tempi d’oro, però posso assicuravi che questa Juve ha fame, ferocia e continuità degne delle grandi del passato. È forse la squadra più organizzata fra quelle in cui ho giocato».
Che cos’è l’Europa League per lo spogliatoio Juve?
«Un obiettivo importante. È una piccola Champions, un passo fondamentale nella crescita a livello internazionale. Portare a casa l’Europa League ti consente poi di iniziare la prossima stagione con la Supercoppa Europea in palio: insomma, si entrerebbe in una nuova dimensione. Vincere aiuta a vincere...».
Scudetto-Coppa: si può?
«Sì, noi ci puntiamo forte».
Che Fiorentina si aspetta?
«Molto diversa rispetto a domenica. Verranno qui per fare almeno un gol e per potersi poi giocare tutto nella gara in casa fra una settimana. Quella viola è un’ottima squadra, dovremo fare grande attenzione».
Se le dico Giuseppe Rossi?
«Dico che mi mancherà moltissimo in questa sfida. È un ragazzo davvero fantastico, soprattutto un grandissimo giocatore. Sta lottando come al solito con carattere, e spero che ce la faccia per il Mondiale. Uno come lui sarebbe fondamentale, ci garantirebbe tanta qualità».
Capitolo contratto: ma ha firmato o no?
«Ancora no».
Ci sono problemi?
«No, piccole cose di cui stiamo parlando».
Esiste una possibilità che possa saltare tutto?
«No».
E allora quando arriverà l’annuncio?
«Presto, ora ci sono impegni uno dietro l’altro, non abbiamo avuto tempo di organizzare la cosa. Appena troviamo un attimo...».
Il popolo juventino può dunque stare tranquillo?
«Direi di sì».
Con Conte è tutto ok?
«Perché non dovrebbe andare bene? Di screzi avete parlato soprattutto voi, ma io e il mister siamo sempre andati d’accordo. Certo, qualche volta si può discutere, non vedrete mai un giocatore uscire dal campo o stare in panchina con il sorriso sulle labbra. Sono però cose di scarsissimo conto, normalissime nell’ambito di una stagione».
Lei ha avuto a che fare con i migliori allenatori del mondo: dove colloca Conte?
«È uno dei migliori che ho avuto. È un grande tecnico, mi ha stupito per preparazione tattica, concentrazione e capacità di restare sempre sul pezzo. È incredibile la sua voglia di incazzarsi sempre per inseguire la perfezione. Tutta roba che sa trasferire bene alla squadra».
Prandelli riconfermato con maggiori poteri in Nazionale?
«Sarebbe giusto. In giro non vedo nessuno meglio di lui per questo ruolo. Parlano i risultati: secondi all’Europeo, sul podio in Confederations Cup».
Dove può arrivare l’Italia?
«Io parto sempre per vincere, ero convinto che avremmo fatto bene anche a Euro 2012, quando in pochi credevano in noi. Certo, il nostro girone è difficile, ma abbiamo le qualità per passare il turno. Poi, tutto diventerebbe possibile...».
Tecnicamente ci sono nazionali più forti di noi. Dove l’Italia può colpire?
«A livello tattico. Nessuno è preparato come i giocatori italiani su questo fronte. In più il gruppo è solido, ha cuore e sa esaltarsi nelle difficoltà».
Balotelli-Osvaldo: da c.t. lei affiderebbe la squadra a due caratterini così?
«In Nazionale sono praticamente perfetti».
Andrea Pirlo, lei è sempre convinto di lasciare la maglia azzurra dopo il Mondiale? Gli eredi non sembrano riuscire ad avvicinarla ancora...
«No, io non lascerò mai la Nazionale. Mi farei da parte solo se fosse il c.t. a chiedermelo. Per me quella azzurra è “la Maglia”, ho giocato in tutte le rappresentative, dall’Under 15 in poi, vincendo ogni cosa. Non c’è nulla di più bello che rappresentare il proprio Paese. E poi sento di poter ancora giocare a lungo ad alti livelli».
I gol che ha nel cuore?
«Due, e non a caso in Nazionale: il primo, contro il Ghana, a Germania 2006; poi, la rete al Maracanà, contro il Messico, nel giorno della mia centesima presenza azzurra».
Escluso lei, il più grande giocatore italiano della sua epoca?
«Maldini, poi Baresi e Roberto Baggio».
La squadra di club che ha dentro?
«Dico Milan, perché per dieci anni siamo stati praticamente gli stessi compagni. È un rapporto che va anche oltre il campo».
Un Milan in grave difficoltà: è arrivato il momento di una rivoluzione a livello dirigenziale? In molti chiedono l’ingresso in società di Maldini per esempio.
«No, una rivoluzione sarebbe esagerata. Quando finisce un ciclo vanno messi in preventivo un paio di anni durissimi. Però, in effetti Paolo Maldini non può restare ai margini del calcio, deve fare calcio, e non esiste che sia fuori dal Milan».
Parliamo della sua vita privata e di una separazione che ha avuto grande risalto a livello di media?
«No, non ne parliamo (sorride,ndr). Sono un personaggio pubblico e ci sta che se ne discuta sui giornali o in tv, lo capisco, ma per me il privato e sacro, e dunque non parlo con voi di certe cose».
Okay. Cosa manca alla Juve per poter puntare alla Champions?
«Portiamo a casa la doppietta (campionato-Europa League, ndr), poi potremo programmare concretamente l’assalto alla Champions...».
Discriminazione razziale, cori antisemiti, striscioni a sfregio di stragi come Heysel e Superga: non se ne può più...
«Sì, basta. Mi piacerebbe una Serie A come la Premier: stadi senza striscioni e gente che va alla partita solo per godere di uno spettacolo. Gioire in caso di vittoria e andare a farsi una bevuta in compagnia in caso di sconfitta».