L.M., Panorama 13/3/2014, 13 marzo 2014
SALEMI E I DUBBI DI SGARBI «CHI VUOLE LA MIA TESTA?»
«In questa storia ci sono troppe stranezze, omissioni e assurdità. Basta dire una cosa: a chiedere lo scioglimento per mafia del Comune di Salemi è stato un viceprefetto accusato di avere rapporti con imprenditori legati alla ’ndrangheta». Sono passati due anni da quel 23 marzo 2012 in cui il Consiglio dei ministri, su richiesta del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, ha sciolto il piccolo comune siciliano di cui Vittorio Sgarbi era sindaco. E il critico d’arte non l’ha ancora digerito, al punto da iniziare una controffensiva parlamentare a suon di interrogazioni.
Eletto nel 2008, capo di una giunta estrosa (con tanto di «assessore al nulla») e promotore di iniziative vulcaniche (il museo della mafia, le «case a un euro», le collaborazioni con il Festival di Spoleto e la Biennale di Venezia), Sgarbi si è dimesso dopo che il suo mentore locale, l’ex deputato regionale de Giuseppe Giammarinaro, è stato inquisito per riciclaggio. Secondo gli inquirenti, Giammarinaro era l’autore di una «regia occulta» e di «un vero e proprio condizionamento mafioso di tutta l’attività amministrativa del Comune di Salemi» mentre Sgarbi era sindaco. Da qui, la decisione del prefetto di Trapani di inviare una commissione d’accesso per controllare appalti e documenti; quindi, la richiesta di sciogliere il comune e il commissariamento arrivato dopo che «il ministro Cancellieri mi aveva assicurato, davanti a testimoni, che mi considerava "il miglior sindaco d’Italia"». Tutta la vicenda, ovviamente, a Sgarbi non è andata giù. «È l’esempio di un modo burocratico e ottuso di considerare il fenomeno mafioso e di gestire l’antimafia» spiega a Panorama. «La mafia si combatte facendo cultura: e io a Salemi ho portato Caravaggio e Modigliani, ho creato un polo museale, organizzato festival religiosi. I buoni risultati non hanno però contato nulla quando la burocrazia prefettizia, senza trovare riscontri e senza nemmeno ascoltarmi, ha chiesto lo scioglimento».
Secondo un’interrogazione presentata dal deputato Mauro Ottobre (gruppo Misto), dietro la cacciata di Sgarbi potrebbero esserci motivi molto concreti: gli impianti eolici e fotovoltaici che il sindaco aveva bloccato, denunciando le possibili speculazioni mafiose alla Procura di Marsala. Ride amaro Sgarbi: «Voglio vedere, adesso, quanti impianti verranno autorizzati dai miei successori». L’interrogazione è di sette mesi fa. Non ha avuto risposta. Ora sta per arrivarne un’altra. Perché, Sgarbi? «A guidare la commissione d’accesso è stato Giuseppe Ranieri, capo di gabinetto del prefetto di Trapani. Prima di venire in Sicilia, Ranieri era viceprefetto a Vibo Valentia, dove è stato più volte intercettato a colloquio con Giovanni Tripodi, un imprenditore legato alla ’ndrangheta. Vogliamo chiarire questa storia?».
Arrestato nel febbraio 2013, Tripodi era il referente economico della cosca di Melilo Porto Salvo. Nel 2007-2008 intratteneva stretti rapporti con Rocco Domenico Galati, commissario di Gioia Tauro, che gli era stato presentato proprio da Ranieri. Obiettivo del clan: mettere le mani sulla torta degli appalti nazionali. Obiettivo di Sgarbi: riabilitare Salemi.
(L.M.)