Carlo Bonini, La Repubblica 13/3/2014, 13 marzo 2014
CLAUDIO SCAJOLA “QUELLA CASA DISGRAZIATA MI HA ROVINATO ORA LA VENDO, MA AL SUO PREZZO REALE”
ROMA — Claudio Scajola risponde al terzo squillo.
Ha tempo per qualche domanda sulle motivazioni della sentenza che l’ha assolta per l’acquisto del mezzanino vista Colosseo comprato pro quota dal costruttore Diego Anemone a sua insaputa?
«Ancora? Basta. La prego, davvero. Cosa dovrei aggiungere? Finalmente in un Tribunale della Repubblica è venuta fuori la verità. Quella che il sottoscritto ha sostenuto dal primo giorno. Il sottoscritto, come scrive il giudice, non era nelle condizioni di conoscere il maggior prezzo di acquisto dell’immobile. La sentenza è lapidaria. Non merita chiose».
Lei, in quanto inconsapevole, è stato assolto perché «il fatto non costituisce reato». E però non le sfuggirà che la sentenza dovrebbe avere delle conseguenze immediate e stringenti.
«Cosa intende?».
Se lei è stato gabbato da Anemone, logica vuole che il mascalzone in questa storia sia lui. La “verità lapidaria” affermata dalla sentenza, infatti, è che un perfido e astutissimo costruttore, ancorché per motivi misteriosissimi, compra ad un ministro della Repubblica parte della casa che andrà ad abitare ad insaputa del poveretto. Lo omaggia cioè di un regalo di cui però vuole tenerlo all’oscuro. Tuttavia, così facendo, non solo lo mette nei guai, ma, a rigore di codice penale, indirettamente lo calunnia perché lo coinvolge, sapendolo innocente, in un reato, il finanziamento illecito, che il disgraziato ministro non commette perché, appunto, neppure immagina in quale trappola sia finito. Mi segue?
«La seguo».
Le domando: ha intenzione di denunciare Anemone? Intende chiedergli i danni? La sentenza dice in modo lapidario che è stato lui la sua rovina.
«Guardi, io penso che i processi vadano fatti nelle aule di tribunale. Non sui giornali. E a questo principio intendo tenere fede. Né ho intenzione di dire alcunché sulle responsabilità di chi ha rovinato la mia carriera e la mia immagine politica. Detto questo, non vedo Anemone da quando questa storia è cominciata e non ho intenzione di parlare né di lui, che per altro aveva fama di persona degnissima, né di questa disgraziatissima casa dove non metto più piede da un anno e mezzo».
Non aveva detto che l’avrebbe venduta?
«Grazie a Dio, siamo proprio in questi giorni in dirittura d’arrivo con la vendita. Capisce bene che finché il processo non si è definito e con l’attenzione mediatica che ha ricevuto, vendere quella casa era molto difficile. C’era una sorta di maledizione. In pochissimi la volevano e quei pochissimi erano preoccupati dei rischi legati al processo».
Sta vendendo il mezzanino allo stesso prezzo a cui l’ha comprato? Intendo il prezzo a sua conoscenza. Quello del rogito che ha firmato dopo che, in una saletta attigua, chi l’ha ingannata aveva saldato il “nero” con le venditrici.
«Lei che dice?».
Lo chiedo a lei.
«Una casa in quella posizione, dopo dieci anni, ha certamente un prezzo di vendita più alto di quello di acquisto. Non mi sembra una notizia. Mi sembra un’ovvietà. Anche perché la casa è stata completamente ristrutturata. E non è stata una ristrutturazione qualsiasi. Le migliorie sono state importanti».
La casa veramente l’ha ristrutturata Anemone. Sempre lui.
«È corretto. Ma il processo ha dimostrato che i lavori di ristrutturazione il sottoscritto li ha pagati fino all’ultima lira».
È corretto anche questo. Ma l’inchiesta ha dimostrato anche che i prezzi di ristrutturazione che le ha fatto Anemone erano di affezione. Anche qui per motivi misteriosissimi. Salvo poi scoprire che lo sconto che le è ha fatto Anemone lo ricaricava con le sue ditte nel conto degli appalti
pubblici che regolarmente vinceva. Tanto era denaro pubblico.
«Guardi, questa è una parte del processo che riguarda Anemone, che è finita in qualche stralcio e che personalmente non ho seguito ».
Non crede che nell’esito di questo processo il suo cognome abbia avuto un peso? Detta in altro modo: che sarebbe stato più faticoso per un signor Rossi qualsiasi dimostrare di aver acquistato parte significativa della propria casa a propria insaputa?
«Penso il contrario. Penso che se Claudio Scajola non fosse stato un parlamentare e un ministro della Repubblica questa storia non sarebbe mai cominciata e questo processo non si sarebbe mai celebrato».
Magari non ci sarebbe stato neanche un signor Anemone vincitore di appalti pubblici che per motivi misteriosissimi pagava di tasca sua una parte di casa che apparteneva ad altri. Casualmente un ministro della Repubblica.
«Questo è possibile. Ma arrivati a questo punto, mio caro, che vuole che le dica?».
Basterebbe forse sapere che lei non troverà pace fino a quando non sarà venuto a capo del mistero aperto da questa sentenza lapidaria. Vale a dire le ragioni per le quali Anemone le ha comprato una parte di casa a sua insaputa.
«La tranquillizzo. Io sono come Papa Francesco. Mi astengo dal dare giudizi morali sugli uomini. Oggi mi basta sapere che si è arrivati alla verità. E che con questa verità potrò finalmente non parlare mai più di questa casa. Mai più».