Fabrizio Tonello, Pagina 99 13/3/2014, 13 marzo 2014
IL SENATO NON SERVE? CONFRONTO INTERNAZIONALE
Nel 1913, gli americani approvarono il 17° emendamento della Costituzione: i senatori non sarebbero più stati nominati dagli Stati ma eletti dal popolo. Nel 2014, Matteo Renzi propone di trasformare il Senato in un club di consiglieri regionali e sindaci: è il progresso all’italiana.
In realtà, la proposta di Renzi di abolire/trasformare il Senato ignora il fatto che le democrazie di antica tradizione sono tipicamente bicamerali: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia hanno due camere (sia pure con composizione e compiti diversi) e così pure Germania, Giappone, Spagna. In Europa, troviamo assetti con una sola camera in Portogallo, Grecia, Svezia, Bulgaria e Croazia, oltre che nelle tre repubbliche baltiche ex sovietiche, ma Polonia, Repubblica Ceca e Romania hanno due camere.
Quel che è vero è che in molti casi il Senato, o il suo equivalente, non vota la fiducia al governo: è così in Gran Bretagna, dove è la House of Commons a eleggere il primo ministro mentre la House of Lords ha solo funzioni di emendare i disegni di legge. Lo stesso avviene in Francia, dove i 348 senatori vengono eletti a suffragio indiretto da circa 150.000 grandi elettori (sindaci, consiglieri municipali, consiglieri dipartimentali e consiglieri regionali) e restano in carica sei anni (nove prima della riforma del 2004). I progetti di legge passano da entrambe le Camere ma, in caso di contrasti politici di fondo, il governo può decidere di affidare la votazione finale alla spia Assemblea nazionale. Si tenga presente che questa soluzione nasce dalla Costituzione gollista, concepita nel 1958 per garantire la superiorità del governo sul parlamento.
In Germania la situazione è ancora differente: il Bundesrat ha una composizione molto ristretta (69 mèmbri) ed è composto dai delegati dei governi dei vari Lander. In base alla Costituzione, non si tratta di una “seconda camera” ma di un organo federale come il Bundestag o la presidenza della Repubblica, quindi non vota la fiducia al governo e i suoi mèmbri sono inoltre vincolati alle istruzioni ricevute dai governi del Land cui appartengono, in violazione del generale principio parlamentare di divieto del mandato imperativo. E’ la Camera a eleggere il Cancelliere e, se necessario, a farlo dimettere votando la “sfiducia costruttiva”, una procedura con cui viene contemporaneamente indicato il successore.
Una situazione parzialmente simile è quella spagnola, dove 56 senatori sono designati dalle 17 Comunità Autonome di cui è composto il regno (e teoricamente possono essere sostituiti in qualsiasi momento) mentre gli altri 208 sono eletti a suffragio universale.
Il Giappone ha una Camera dei consiglieri con 242 membri in carica per sei anni, due anni in più dei membri della Camera dei rappresentanti. Anche qui i poteri sono diversi e, in caso di disaccordo, prevale la Camera bassa, a condizione però che si trovi una maggioranza dei due terzi.
Non c’è nulla di sbagliato in sé nel monocameralismo ma, tradizionalmente, i costituzionalisti hanno dato una certa importanza alle funzioni di garanzia e di riflessione che una seconda camera offre. Garanzia, nel senso di rendere più difficile una “dittatura della maggioranza” espressa da una singola elezione alla Camera. Riflessione, nel senso di migliorare la qualità del lavoro parlamentare facendo entrare in gioco un’assemblea differente da quella più numerosa. La tesi, forse apocrifa, attribuita a George Washington era che il Senato era necessario per “raffreddare” i provvedimenti legislativi approvati dalla Camera.
Gli Stati Uniti hanno un regime presidenziale, quindi Camera e Senato sono eletti separatamente dal Presidente, non possono essere sciolti da quest’ultimo (negli Usa non ci sono elezioni anticipate) e non votano la fiducia. Obama, quindi rimarrà in carica fino all’ultimo giorno del suo mandato anche se l’intero Congresso avesse una maggioranza a lui ostile, salvo in caso di impeachment. Il Senato americano resta in carica sei anni, contro i due della Camera, e ha maggiori poteri di quest’ultima: per esempio può approvare o respingere le nomine del Presidente per i ministeri e per l’alta burocrazia, che viene rinnovata a ogni elezione presidenziale. Al solo Senato, poi, spetta la ratifica dei trattati internazionali, a maggioranza di due terzi.
Nei regimi parlamentari molti si lamentano della “navetta” tra le due camere dei disegni di legge; ma liquidare le funzioni di riflessione e confronto sui provvedimenti in discussione a una pura perdita di tempo significa avere una ben strana concezione della democrazia rappresentativa. Così pure, l’idea di sopprimere una delle due camere per “risparmiare” sulle spese di funzionamento dello Stato dovrebbe apparire per quello che è: una bestemmia contro il sistema democratico. Si possono ridurre gli stipendi dei parlamentari al livello, assai più modesto, di Gran Bretagna o Stati Uniti, si possono eliminare i privilegi dei consiglieri regionali, ma non si può sostenere che il Senato va abolito/trasformato per risparmiare qualche milione di euro.