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 2014  marzo 13 Giovedì calendario

UN ANNO DI RECORD CHE NON VA DISSIPATO


I nuovi minimi storici dei BoT ormai non fanno quasi più notizia. La prima volta che i Buoni del Tesoro annuali hanno toccato il livello minimo di sempre è stato infatti nel maggio del 2013. Quasi un anno fa. Allora il record dei record era stato dello 0,703%. E già quello sembrava un gran successo, un tasso d’interesse quasi «tedesco». Soprattutto se confrontato con quel 9,47% toccato nel novembre del 2011. Dopo qualche mese di lieve risalita, poi, i BoT annuali hanno aggiornato i nuovi minimi a novembre 2013 e poi ancora a febbraio e ieri. Ormai offrono lo 0,592%. E guardano ancora più in basso. A nuovi primati da Guinness.
Gli altri titoli di Stato italiani stanno aggiornando la classifica dei minimi storici più o meno allo stesso modo. Oggi il Tesoro collocherà i BTp, e gli analisti (per esempio quelli di UniCredit) si attendono tassi d’interesse in ulteriore ribasso: la stima è di un "risparmio", rispetto agli ultimi collocamenti, di 0,30-0,35 punti percentuali per i BTp triennali e settennali e addirittura di 0,45 punti per i quindicennali. Questo significa che i prezzi dei titoli di Stato, che si muovono nella direzione opposta rispetto ai rendimenti, continuano a salire. Insomma: significa che su BoT e BTp ci sono acquisti da record. Come in Borsa: rispetto ai minimi toccati nel luglio 2012 Piazza Affari ha infatti guadagnato il 68%. Da inizio anno il 9,78%.
I motivi di tanta «passione» dei mercati per l’Italia sono noti: in un mondo inondato di liquidità e gravato dal pericolo di potenziali «bolle» finanziarie, gli investitori hanno la necessità di cercare rendimenti appetibili dove ancora ci sono. Così i BoT annuali allo 0,592% appaiono tutt’ora «sexy» se confrontati allo 0,15% degli analoghi titoli tedeschi, allo 0,2% dei francesi, allo 0,16% degli olandesi, allo 0,18% degli austriaci. E Piazza Affari, con multipli più contenuti rispetto a quelli di altri listini azionari, appare altrettanto «sexy». Soprattutto in un contesto di mini-crescita economica e in un’Europa che non rischia più – almeno secondo la percezione dei mercati – la distruzione dell’euro.
Bisogna però essere coscienti del fatto che questi soldi che stanno affluendo sui titoli di Stato e sulla Borsa italiana sono in gran parte speculativi. Sono in gran parte «hot money»: denari di investitori che seguono i trend di mercato fin tanto che durano. Per questo è giusto sfruttare il buon momento per finanziare le riforme strutturali, per aumentare il capitale delle banche che ne hanno bisogno e per quotare le aziende in Borsa: perché gli «hot money», purtroppo, fanno in fretta a diventare freddi. Fanno in fretta ad andarsene.