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 2014  marzo 13 Giovedì calendario

CHE VERGOGNA FRAU MERKEL GLI STIPENDI DELLE TEDESCHE


Berlino Le donne tedesche guadagnano meno dei loro colleghi maschi e accedono con grande difficoltà ai livelli dirigenziali delle grandi imprese. La discrepanza è tale da rendere la Germania uno dei Paesi europei con il più grande divario salariale fra i due sessi. Lo rivela uno studio di MoveHub, sito web di servizi per chi intende trasferirsi in un altro Paese. In prima fila sul banco degli imputati c’è la Corea del Sud dove la differenza salariale sarebbe addirittura del 37,5%. Seguono Russia (32%) e Giappone (27,4%). Quanto all’Europa, preceduta solo dalle piccole Estonia e Cipro, all’ottavo posto c’è la Germania (20,8%) mentre l’Italia è solo 33ma con il 10,6% di differenza di reddito fra Adamo ed Eva. Peggio fa la Francia (14,3%), al 25mo posto. In una conversazione col Giornale , Peter Grottian, docente di Scienze Politiche presso la Libera Università di Berlino, non si dimostra sorpreso. Il professore spiega che «in Germania il divario salariale è addirittura peggiore: l’Ue lo ha calcolato al 23%». Il dato tedesco è tanto più sorprendente se si considera che la Repubblica federale è guidata ormai da nove anni da un cancelliere in gonnella. Ma politica e conquiste femminili non vanno necessariamente a braccetto. Per Grottian il fenomeno si spiega «con la debolezza del movimento femminista; con il sostanziale disinteresse degli uomini, che pure guadagnerebbero dall’avere compagne e famiglie più ricche; e con l’immobilismo del governo. Solo il 3% degli alti dirigenti d’impresa è donna», rincara la dose l’accademico, «mentre nelle università tedesche le docenti sono solo il 16% del totale».
Nella scorsa legislatura, quando Merkel governava con i Liberali, per iniziativa dell’Ue si era aperto un dibattito in Germania sulle «quote rosa» nei cda. Ma netta era stata la contrarietà della cancelliera, secondo cui non serviva alcuna legge ma solo un invito alle aziende a fare di più. Non avendo previsto né incentivi né sanzioni la situazione è rimasta invariata. Sul piano politico, però, il no del capo del governo aveva provocato le veementi proteste dell’allora ministro per la Famiglia, Ursula von der Leyen, unico esponente Cdu in grado di fronteggiare Angela Merkel a viso aperto. Alla fine le quote rosa sono entrate nel programma elettorale del partito cristiano democratico, e, dopo le elezioni, in quello del governo di grande coalizione con i socialdemocratici (Spd).
«La Germania sconta un ritardo- spiega al Giornale una fonte Spd- visto che non si è dotata di quello strumento legislativo di tutela delle donne che esiste in Olanda e in Norvegia»,rispettivamente al 19mo e al 34mo posto della classifica di MoveHub.
«Finalmente - riprende - oggi c’è la volontà di portare la quota di donne nei cda al 30%. Il disegno di legge elaborato sarà depositato entro l’anno e il passaggio sarà graduale». Secondo il partito del vicecancelliere Sigmar Gabriel, a parità di incarico le donne tedesche guadagnano «solo» il 12% meno dei loro colleghi mentre il 23% citato da Gottrian è la differenza fra il salario medio dei due sessi.
La ragione di tale divario? «Le donne lavorano di più nei servizi sociali, tradizionalmente a basso reddito; inoltre ricorrono molto di più al part-time, subendo una decurtazione più che proporzionale del salario rispetto al numero di ore lavorate; molte donne infine, vorrebbero lavorare di più ma non sanno a chi lasciare i figli».
Dei problemi del sesso debole potrebbe occuparsi un domani von der Leyen, passata nel frattempo alla Difesa. Carriera impeccabile di politica impegnata e ben sette figli a carico, la ministra continua a rappresentare l’anima «sociale» della Cdu. E in molti vedono in lei la nuova dama di ferro della Germania. La sua insubordinazione, però, ha lasciato un segno: Ursula e Angela non sono più amiche come una volta. A suo tempo, la cancelliera potrebbe fargliela pagare.