Federico Fubini, la Repubblica 13/3/2014, 13 marzo 2014
E PADOAN DISSE: MATTEO, NON SI PUO’ FARE
A questo punto, la posta in gioco del passaggio da Berlino va oltre i buoni rapporti fra Matteo Renzi e Angela Merkel. Lunedì il premier sarà alla cancelleria tedesca e quella visita finirà per segnare anche il lavoro di Pier Carlo Padoan. Perché il ministro dell’Economia ormai ha capito che il suo compito si riassume in una trinità (quasi) impossibile: deve assicurare il taglio delle imposte sui redditi bassi, mantenere rapporti costruttivi con il premier e garantire al resto d’Europa la tenuta dei conti italiani.
È qui che Berlino diventa importante, perché ridurre le imposte quest’anno non sarà come farlo negli anni passati. Non ora che sono in vigore le nuove leggi italiane e europee di bilancio e, a dispetto di queste, il 60% circa dei tagli alle tasse in arrivo sarà finanziato con un aumento del deficit. Non si vedono infatti all’orizzonte risparmi sufficienti a neutralizzare l’intero impatto di 10 miliardi di sgravi: il disavanzo salirà di circa 6 miliardi di euro, fino ad arrivare vicinissimo alla soglia del 3% del prodotto lordo. Prima di questi interventi il deficit sembrava diretto verso quota 2,6%, per effetto di forze contrastanti. A peggiorare i saldi contribuiscono alcune spese incomprimibili e una crescita del 2014 che il Tesoro rivedrà al ribasso dall’1,1% allo 0,8%; a migliorarli, dovrebbero farsi sentire tassi sul debito forse più bassi del previsto. È in questa cristalleria cinese che atterra come un meteorite il pacchetto di dieci miliardi di sgravi e porta il deficit alla soglia oltre la quale c’è una «procedura», cioè una tutela asfissiante di Bruxelles.
Un’operazione del genere ieri in consiglio dei ministri poteva solo essere messa in cantiere, non deliberata, perché adesso in Italia e in Europa agiscono i nuovi
vincoli legali. Su questo punto Padoan di fronte a Renzi ieri è stato fermo fino in fondo e il premier ha dovuto rinunciare a stringere i tempi come avrebbe voluto. I vincoli legali sono quelli decisi all’apice della crisi per cercare di rassicurare gli investitori sul fatto che il debito pubblico sarà ripagato. In Italia, in Francia o nella stessa Germania oggi i governi non possono più semplicemente decidere che il deficit sarà più alto di come avevano detto. Devono prima motivare il cambio di rotta e far approvare i nuovi obiettivi in parlamento. E a Bruxelles, entro il prossimo mese, Padoan dovrà anche «consultare» la Commissione europea sui nuovi obiettivi di disavanzo rivisti al rialzo.
Le regole sono talmente nuove che non è chiaro come la Commissione reagirà. Può far notare che così calerà l’avanzo di bilancio prima di pagare gli interessi, quindi il debito è destinato a salire per l’ottavo anno di seguito avvicinandosi al 134%. È una preoccupazione più viva che a Bruxelles e fra gli osservatori internazionali: Ashoka Mody di Princeton, ex vice capoeconomista dell’Fmi, ex numero due del dipartimento europeo del Fondo, sostiene pubblicamente che l’Italia non è più in grado di sostenere il suo debito, non ha una strategia per riuscirci e dovrebbe ristrutturare i termini di rimborso dei titoli di Stato perché l’onere ormai è insopportabile.
Quando Padoan busserà a Bruxelles, la Commissione potrebbe dunque cercare di dissuaderlo dall’aumentare il deficit. potrebbe anche cercare di imporre un veto di fatto. Non è detto però che succeda, anche perché l’intera macchina politica comunitaria è ormai a fine mandato. Olli Rehn, commissario agli Affari monetari, è sempre più concentrato sulla campagna elettorale per il parlamento europeo al quale è candidato fra i liberal- democratici.
È per questo che il passaggio da Berlino della prossima settimana, con il vertice italo-tedesco, diventa così importante. La reazione di Angela Merkel e del suo ministro finanziario Wolfgang Schaeuble, in pieno «semestre bianco» di Bruxelles, influenzerà l’intero sistema europeo ancora più del solito. Renzi ha bisogno di convincere la cancelliera che tagliare le tasse in deficit oggi per l’Italia è giusto, perché serve a preparare il prossimo treno di riforme sul lavoro e sulla burocrazia. Dovrà convincere che l’insieme delle sue riforme è coerente e morde dove serve. In questo il premier ha bisogno di Padoan, ma non sarà facile: già con i governi di Letta e Monti, anche con lo spread in discesa, la cancelliera si è dimostrata sempre molto rigida sulle regole di bilancio. Ma senza un via libera di Berlino, far salire il deficit pur di tagliare le tasse ai redditi bassi rischia di diventare un vero e proprio gesto di sfida politica: esattamente ciò che Padoan vuole evitare in tutti i modi.
Il ministro dell’Economia sa bene però che i suoi problemi non finiscono qua. Con il disavanzo al limite fin dall’inizio dell’anno, l’Italia nei prossimi mesi può finire fuori rotta sulla finanza pubblica alla minima sorpresa negativa. Sulla convivenza fra Renzi e Padoan, appena iniziata, già si stende l’ombra di una manovra correttiva d’estate.