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 2014  marzo 13 Giovedì calendario

Silvana Spaziani, 46 anni. Minuta e debole, sposata da 24 anni con Sebastiano Fedele, 44 anni, operaio disoccupato che talvolta faceva il girdiniere o il manovale, grande appassionato di alcool

Silvana Spaziani, 46 anni. Minuta e debole, sposata da 24 anni con Sebastiano Fedele, 44 anni, operaio disoccupato che talvolta faceva il girdiniere o il manovale, grande appassionato di alcool. Le litigate a casa loro erano un’abitudine, soprattutto da quando, otto anni fa, avevano perso il figlio quattordicenne malato di distrofia muscolare. L’altra settimana presero di nuovo a insultarsi fino al punto che il Fedele tirò fuori un’asta di ferro da un armadio e con quello picchiò la moglie, la spintonò dalle scale facendola ruzzolare per nove gradini dal pianterreno al seminterrato, poi la prese in braccio, la mise a letto, le si sdraiò accanto e s’addormentò. Quando si riprese, poche ore più tardi, era ormai bella fredda: chiamò un amico proprietario di onoranze funebri e gli disse che sua moglie era morta cadendo per le scale. Quello non ci credette, anche perché Fedele era già stato in carcere per le troppe botte date alla donna. Ai carabinieri Fedele continuò per ore a dire che non c’entrava nulla, finché alla fine ammise: «Sì, è vero. Abbiamo litigato in cima alle scale, l’ho spinta». Nella notte tra giovedì 6 e venerdì 7 marzo, in una palazzina grigia e gialla in via Mignardi, a Giglio di Veroli, paesino sui monti Ernici, provincia di Frosinone. Salvatore Marsiglia, 52 anni. Ex operaio in un’azienda di serramenti ormai fallita, finita la cassa integrazione portava a casa una piccola disoccupazione e qualche soldo da lavoretti saltuari. In paese lo descrivono come una persona gentile e beneducata, ma pare che avesse un carattere assai spigoloso col quale tiranneggiava la moglie Maria Rosa Saitta, 49 anni, sarta in un’impresa tessile, e la figlia Jessica, 27 anni, impiegata in un distributore di benzina. Di quest’ultima, in particolare, non approvava la decisione di sposarsi a breve. Qualche giorno fa rientrò per la cena; dopo aver mangiato cominciò a discutere con la moglie, la quale d’un tratto si armò di un coltello e lo colpì più volte. Il Marsiglia tentò una difesa, ma fu fermato dalla figlia che sopraggiunse alle sue spalle e lo prese a martellate in testa. Intorno alle 22 di venerdì 7 marzo, in un appartamento in via Pala Bianca, a Cesano Maderno, provincia di Monza e Brianza. Le sorelle Sidny (3 anni), Keisi (11) e Simona (13 anni) Dobrushi. La loro mamma Edlira Copa, albanese, 37 anni, bionda e con gli occhi azzurri, «molto bella e sempre molto cordiale», da pochi mesi si era separata dal marito Baskheim, 45 anni, operaio specializzato alla Primat, con uno stipendio superiore a 2mila euro, il quale, però, s’era innamorato di una venticinquenne. Provvedeva lui, che era andato ad abitare dal fratello a poche centinaia di metri, a pagare l’affitto da 400 euro per la casa dove la donna viveva con le tre figlie e a passarle 700 euro al mese. Per star più comoda con i soldi, Edlira faceva lavoretti a maglia e piccoli gioielli di bigiotteria. Da qualche tempo, dice la madre della donna, Edlira era sempre depressa: prima i 20mila euro sprecati nel desiderio di acquistare un terreno vicino Durazzo, poi i fastidi al fegato e un aborto spontaneo. Infine, poche settimane fa, la firma sui documenti per avviare le pratiche di divorzio e la notizia che il suo ex aveva portato in Albania la nuova fidanzata per farla conoscere alla famiglia. Edlira s’era piano piano convinta che non ce l’avrebbe mai fatta ad andare avanti da sola e che le figlie sarebbero diventate delle prostitute. Perciò l’altra notte, intorno alle due e un quarto, si svegliò e accoltellò la bimba piccola che dormiva con lei nel lettone, poi andò nella camera delle più grandi. Dapprima ammazzò la secondogenita, infine la più grande che, nel frattempo, aveva urlato, cercato di difendersi e fatto una telefonata al 112 senza riuscire, però, a dire nulla. Un vicino sentì delle grida, uscì sul pianerottolo, ma pensò a una delle solite liti che provenivano da quell’appartamento e se ne tornò in casa. Intanto Edlira aveva trascinato le ragazze più grandi in camera sua. Messe tutte e tre le figlie sul letto una accanto all’altra, le vegliò per ore. Infine provò a infilarsi un coltello nello stomaco. Non riuscendo a morire, alle 6 e 20 suonò al campanello del vicino chiedendo aiuto. Nella notte tra sabato e domenica, a Lecco, al secondo piano di una palazzina di sei appartamenti in corso Bergamo (quartiere Chiuso), non lontano dalla riva del lago. Ofelia Bontoiu, 27 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi, originaria di Bacau, in Romania, ma ormai in Italia dal 2010, dove aveva trovato lavoro come badante presso una coppia di anziani benestanti. Ex fidanzata di Danut Barbu, 28 anni, anche lui di Bacau, con cui si conosceva da quando erano bambini. Il Bacau, muratore, ultimamente era stato a Londra e si era convinto che là fosse la sua fortuna. Voleva portare con sé anche l’ex ragazza, che non ci pensava affatto: per questo minacciava di farle del male, tanto che lei aveva messo sul profilo Facebook la foto di una ragazza morta e la scritta «Ti pentirai quando sarà troppo tardi». Pochi giorni fa accettò di vederlo in una stanza di un bed & breakfast per chiarirsi una volta per tutte. Invece quello la prese a coltellate. Poi, non sapendo più che fare, la riprese, ormai morta, con il cellulare e mandò il filmato alla sorella in Romania. Infine si ferì al collo e ai polsi, prima di essere interrotto dai medici dell’ambulanza, chiamata dalla proprietaria dell’albergo che aveva udito le urla della ragazza. Pomeriggio di sabato 8 marzo, in una camera del bed & breakfast “Il panda” di Gualdo Tadino, Perugia.