Daniela Amenta, l’Unità 12/3/2014, 12 marzo 2014
NADA, ETERNA RIBELLE
LEI È COSÌ: RUDE, SOLARE, FRAGILE, LIRICA, PUNK. LEI E MILLE PERSONAGGI CHE VORTICANO ALLEGRI E IMPETUOSI NEL NOSTRO IMMAGINARIO: Nada ragazzina col freddo che fa, Nada scrittrice impegnata, Nada anni Ottanta e l’amore disperato, Nada col sigaro, Nada con Zamboni dei Cccp a cantare di sconfitte, Nada attrice, Nada che ride, Nada che suona nei centri sociali.
Oggi è contenta la ex bambina prodigio da Gabbro di Rosignano Marittimo. È contenta ed orgogliosa perché ha un disco nuovo di zecca ruggente e impegnato, bel disco tutto scritto da lei che si intitola Occupo poco spazio dove gli archi si mescolano alle chitarre elettriche, la voce risulta nitidissima e in primo piano, c’è un’atmosfera rarefatta che incontra tuoni, fulmini, picchi e impreviste sarabande del cuore. Canzone d’arte che sa come colpire.
Come un concept-album è questa opera, dove le protagoniste dei dieci pezzi sono tutte donne: delicate, appassionate, guerriere, innamorate, consapevoli e spesso stupefatte del coraggio che portano a spasso. «Perché siamo creature complesse, perché abbiamo vite faticose che vanno raccontate – spiega Nada –. Perché siamo madri e sappiamo attraversare mille stati d’animo, talvolta siamo in grado di passeggiare anche sulle nostre debolezze. E poi vedi, c’è sempre necessità di ribadire che esistiamo, servono leggi ed emendamenti sulla parità, sulle quote. Non è normale nel Terzo Millennio dover ancora dimostrare che siamo pari agli uomini, spesso migliori, più forti. Che la politica dovrebbe accoglierci perché in quanto donne sappiamo gestire e amministrare case, vite, comuni, palazzi e quel che serve. Mi mette una gran tristezza questo dibattito».
E invece sono i suoni a rallegrarla, a darle spunti e speranze. «La musica non è sofferenza. O almeno non sempre. Per me è leggerezza pensosa come diceva Italo Calvino. Così questo disco è iniziato con me che prendevo appunti senza avere nulla di preciso da dire. Mi venivano in mente frasi e frasi musicali in contemporanea. Poi è una sorta di magia. Incolli i pezzi, le storie prendono forma, le note si susseguono. Avevo voglia di realizzare un album fuori dai soliti schemi basso-chitarra-batteria-tastiere. E allora mi sono rivolta a Enrico Gabrielli (polistrumentista nei Mariposa e nei Calibro 32, ndr) che si è invaghito di testi e suoni e li ha amalgamati con gli archi, i corni francesi, l’oboe, i sassofoni». Il risultato è davvero intenso e sorprendente, brani originali nell’incedere e nelle liriche come Il tuo Dio, Auguri, Sonia, La terrorista o La mia anima. Brani spiazzanti e feroci come Sulle rive del fiume e Gente così. Nada non è mai stata tanto lucida e consapevole. Consapevolezza è anche la grazia con cui si confronta con artisti di altre generazioni, trova la sintonia tra orecchie e anime differenti e il bandolo della matassa. Da Zamboni, appunto, agli Zen Circus a Cesare Basile. «Mi piacciono questi musicisti. Parliamo per ore dei dischi che amiamo, ci spediamo mail con i video. È una collaborazione amorevole. Ci riconosciamo, procediamo in sintonia. Quando mi chiamano per partecipare a quel progetto o a quella canzone è perché mi riconoscono come una loro simile. E io faccio altrettanto con loro».
Negli anni affollati di ego spropositati, di narcisi in libera uscita, Nada Malanima ha deciso di intitolare questa nuova, scaldante creatura Occupo poco spazio. «No, non è una questione di ridotta autostima. Tutt’altro. È che nel tempo ho imparato quanto sia importante il mio spazio, un luogo dove curare per davvero e senza distrazioni le passioni, i desideri, i sogni, le lacrime, gli affetti. Il mio piccolo mondo che guarda a quello grande, che si confronta con il resto ma ha radici così solide e tenaci da non perdersi mai. E poi volevo metterci anche ironia in questo luogo dell’anima, scherzare un po’, riderci su. Si prendono tutti cosi maledettamente sul serio».
Nada canta, Nada suona, Nada scrive, Nada riceve premi ma non li colleziona, Nada sgrana gli occhi e ha uno sguardo lucido anche se lo rivolge al passato. «Sanremo? Mi ha dato molto. Però oramai lo seguo poco, perché ogni cosa che passa attraverso la tv diventa tv. Ci sono tornata nel 2007 con Luna in piena, un brano importante per me, così importante che volevo presentarlo a una platea notevole. Ci sono riuscita».
E ride Nada, e racconta col suo accento inconfondibile delle colline livornesi dov’è nata. «Vengo da una famiglia comunista che abitava in un paese comunista dentro una regione rossa. L’Unità è un’immagine precisa che mi porto dentro. La prima pagina attaccata sulla porta del bar e tutti noi sotto a leggere. Ci sono cresciuta con il vostro giornale». Lei con il nostro giornale, noi con lei. Piccola, grande Nada.
damenta@unita.it