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 2014  marzo 12 Mercoledì calendario

ALESSANDRO PREZIOSI VORREI DIRE SI (FORSE)


L’incontro a venezia, dove è venuto a ritirare il Premio Cavalchina per la sua attività teatrale. Quando arriva quasi mi abbraccia, benché non ci siamo mai visti, come per scusarsi del ritardo. Natura irruente? «Ariete ascendente Ariete. È un casino lo so, ma non è colpa mia. Che ci devo fare?».
Alessandro Preziosi, 41 anni il 19 aprile, da oltre venti colleziona successi e personaggi forti. Il 18 e 19 marzo sarà su Raiuno nella fiction Per amore del mio popolo, dove veste i panni di don Giuseppe Diana, il prete anticamorra ucciso il 19 marzo 1994 a Casal di Principe. In quegli stessi giorni, e fino al 27 marzo, Preziosi sarà al Teatro Vascello di Roma con il monologo Cyrano sulla Luna.

Com’è stato entrare nei panni di don Peppe Diana?
«Molto impegnativo. A lungo mi sono chiesto: qual è il tono giusto? Interpreto il prete o l’uomo? Ho scelto l’uomo, quello che forse vorrei essere, e che si muove in un tessuto sociale delicatissimo come quello campano. L’ho interpretato pensando a come avrebbe agito lui. Ho letto i suoi scritti e ho imparato a vedere il mondo con i suoi occhi, mentre giravo le scene mi chiedevo come avrebbe reagito lui, che cosa avrebbe fatto, come avrebbe parlato, con quale tono, quale forza».
Avete girato proprio a Casal di Principe. Difficile?
«Sono state sette settimane molto impegnative a livello umano. Recitare don Diana in quelle strade vuol dire dimenticarsi di essere attore e credere come uomo in quello che dici e fai. Lì senti che certe cose le devi dire come se le vivessi appieno. C’è una scena in cui il figlio di un camorrista viene a cercare la sua ragazza che sta da me. Mi fa: “Guardate che, se non mi dite dov’è, vi spiezzo ’e cosce”. Don Diana deve rispondergli: “Se provi un’altra volta a venire qua, ti denuncio”. Il copione non prevedeva che fossi plateale, ma in piazza c’erano circa 700 persone e ho sentito che era più importante mandare quel messaggio a loro, più che al pubblico della fiction. Ho urlato quella frase perché la gente potesse sentire e condividerla. Sono rimasti tutti in silenzio, colpiti. La realtà di Casal di Principe è molto più complessa di come la si dipinge, si parte sempre dal presupposto che è una terra di nessuno, ma non è così. Per colpa di qualche bastardo si è levata la dignità a tutta la popolazione, ed è sbagliato. Questo film racconta le persone che hanno scelto di restare a vivere lì, in quella realtà difficile per cambiarla. È di loro, e a loro, che dovremmo parlare».
Come hanno reagito?
«Erano felici che fossimo lì. La gente veniva a parlarci di don Diana. Volevano rendersi utili. C’è una grande voglia di cambiare. Torneremo per presentare la fiction».
Questo lavoro l’ha cambiata?
«Magari. Se il nostro mestiere funzionasse così, sarei arrivato a uno stato di grazia. Resto inquieto, pieno di contraddizioni, avido di vita, desideroso di comunicare e condividere, e ho la mia solitudine interiore».
Com’è?
«Essere soli sapendo che non lo si è mai».
Preziosi, fa il poeta criptico?
«Scrivere poesie mi piace, lo facevo già da bambino. Ora le scrivo per la mia donna».
Greta Carandini?
«Sì. È un amore importante. Mi ritengo fortunato ad averla incontrata. Non è scontato saper riconoscere il sottotraccia che conta, e bisognerebbe imparare a proteggere e curare ciò a cui tieni. A lei non piace che parli di lei, è molto riservata».
L’amore può durare per tutta la vita?
«Certo. Come fai a stare con qualcuno se non pensi che quell’amore sia eterno? Purtroppo, aveva ragione Troisi quando diceva che l’uomo e la donna sono le persone meno adatte a sposarsi».
Allora esclude che in un prossimo futuro lei possa sposarsi?
«Per nulla. Il matrimonio è la cosa più concreta per due persone che decidono di trascorrere insieme tutta la vita, e mi piace anche la convivenza. La storia che la lontananza aiuta l’amore a durare più a lungo mi sembra un’invenzione. Anzi, vorrei una piccola apnea dal mio mestiere per approfondire la mia vita paterna, di fidanzato, mi piacerebbe avere una quotidianità più regolare. Giro così tanto che mi manca la mia casa».
Qual è la cosa che le manca di più?
«Sapere dov’è il bagno. La settimana scorsa ho percorso 1.300 chilometri in pochi giorni, e ho dormito ogni sera in un albergo diverso. Una notte mi sono svegliato e non sapevo più dov’era il bagno. Non sopporto questi disorientamenti. In questo sono molto Ariete».
Se cambiasse mestiere che cosa farebbe?
«Lo chef. Non so cucinare e per questo vorrei proprio imparare. Mi piace la manualità, amo fare le pulizie, mettere in ordine, sciacquare, perché occupa il mio tempo in modo meno concettuale e cervellotico».
Ma non sognava di fare il musicista?
«Sì, il cantante come Freddie Mercury. La musica è fondamentale per me. Elena (la figlia avuta da Vittoria Puccini, 7 anni, ndr) suona la chitarra e ne sono molto felice. Io invece studio il pianoforte. Peccato solo che non so suonarlo come vorrei».