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 2014  marzo 12 Mercoledì calendario

X, IL CROMOSOMA DEGLI ENIGMI


Difficile trovare chi non sappia qual è il ruolo dei cromosomi X e Y nel determinare il sesso del nascituro: due X è femmina, XY è maschio.
Nel 1891 il biologo tedesco Hermann Henking, esaminando le cellule con un microscopio, vide un elemento estraneo e decise di chiamarlo X, come un’incognita in un’equazione. In realtà stava osservando un cromosoma, ma non compariva in coppia come di solito avviene in ogni cellula. Poi, nei decenni successivi, altri studiosi, da Murray Barr a Mary Lyon, hanno chiarito quella che appare come una stranezza: nelle cellule delle femmine di mammifero che ricevono un cromosoma X da entrambi i genitori uno dei due cromosomi - che sia di provenienza materna o paterna - è casuale e viene inattivato: vale a dire che non è funzionale e la trascrizione di più di un migliaio di geni non ha luogo.
In alcune cellule è il cromosoma X di origine paterna che resta quiescente, in altre quello della madre. Secondo quali regole ciò avvenga e come l’inattivazione si sia evoluta resta un mistero. Anche se i ricercatori hanno chiarito il meccanismo molecolare e grandi passi avanti sono stati fatti nel determinare il momento dello sviluppo di un individuo in cui ciò succede (quando lo spermatozoo feconda l’uovo e l’embrione ha solo una cellula, lo zigote, sia il cromosoma X materno sia quello X paterno sono attivi), molti quesiti conservano il sapore di una sfida.
In un articolo su «Neuron» sono state mostrate con immagini inedite le cellule nella fase in cui l’uno o l’altro cromosoma X viene inattivato. «Che ciò avvenisse si sapeva: l’aveva già capito Mary Lyon che nelle femmine un cromosoma X, più che essere tolto di mezzo, non è funzionale. Non si era però mai riusciti a fotografarlo. E ora le immagini sono suggestive. Certo, non rendono ancora la complessità del processo: perché è una lotteria a presiedere la determinazione delle nostre caratteristiche genetiche», sottolinea Guido Barbujani, professore al Dipartimento di genetica all’Università di Ferrara.
Per visualizzare l’inattivazione del cromosoma X - materno o paterno - un team della Johns Hopkins University ha manipolato dei topi, inserendo geni che producono una proteina fluorescente, verde o rossa, a seconda che a essere «funzionante» sia il cromosoma X di uno o dell’altro genitore. «Le immagini svelano come in certe aree della retina sia espresso un cromosoma invece dell’altro o come nel cervello il cromosoma X della madre domini il lato sinistro, mentre quello paterno il destro».
«Qual è, tuttavia, il meccanismo che determina il fenomeno i ricercatori non l’hanno ancora capito - aggiunge Barbujani - ed è probabile che il caso giochi un ruolo importante».
Già negli Anni 90 gli scienziati avevano individuato alcune delle molecole che presiedono il processo di inattivazione del cromosoma X, prima fra tutte una, prodotta dal gene «Xist». Ora, nuovi studi, condotti da Jeannie T. Lee dell’Howard Hughes Medical Institute, hanno rivelato che le molecole di Xist avvolgono il cromosoma X come uno sciame di api, coinvolgendo i suoi geni, e fanno sì che, quando una cellula si divide, venga «silenziato» lo stesso cromosoma anche nelle cellule successive.
Ma qual è il vantaggio in termini evolutivi di avere due cromosomi X e di metterne uno a riposo? C’è chi sostiene che la possibilità di ricevere a caso due cromosomi X dai genitori abbia conferito alle femmine una maggiore versatilità genetica. Se un gene di uno dei due cromosomi è difettoso, le cellule possono fare ricorso alla copia sana dell’altro e compensare. I maschi, infatti, sono più esposti a problemi genetici legati al cromosoma X, come il daltonismo: avendone uno solo, non posseggono un «backup». Secondo Jeremy Nathans dell’Howard Hughes Medical Institute, autore dello studio su «Neuron», far ricorso ai cromosomi X di entrambi i genitori può offrire un vantaggio anche per il sistema nervoso: si aumenta la capacità del cervello di elaborare informazioni.
Speculazioni suggestive che, però, vanno verificate. «Da un punto di vista funzionale il fatto di ricevere due cromosomi X non ha grandi conseguenze. Se non nella colorazione del pelo dei gatti. Un esempio che faccio agli studenti è quello dei gatti calico - dice Barbujani -: bianchi con chiazze sia grigie sia arancioni le femmine, con chiazze grigie o arancioni i maschi. Perché, mentre una femmina può ricevere un cromosoma X per la pigmentazione arancione da un genitore e un cromosoma X per la pigmentazione grigia dall’altro genitore, e a seconda di quale cromosoma X sarà inattivato il colore potrà essere o grigio o arancione, il gatto maschio ha un unico cromosoma X e, quindi, ha chiazze o arancioni o grigie, ma non entrambe. Il termine per definire il fenomeno è che le femmine sono dei “mosaici genetici”».
Si parla di cromosomi X e Y e quindi di determinazione del sesso, ma allora viene da chiedersi qual è il vantaggio di una riproduzione sessuata. «In ogni individuo vengono messi assieme i genomi di origine materna e paterna ed è la mescolanza a garantire un adattamento all’ambiente. In termini evolutivi conviene esplorare la diversità piuttosto che puntare alla perfezione - aggiunge Barbujani -. Se si volessero dei super-individui, il culmine dell’evoluzione dovrebbe essere un organismo che, una volta raggiunto il top, si autoriproduce come i batteri, dando luogo a cloni. Ma la selezione non porta tanto a raggiungere la perfezione quanto a garantire attraverso la mescolanza di caratteri, perfetti e imperfetti, una maggiore capacità di adattarsi all’ambiente. L’elemento casuale è misterioso e tuttavia esiste».
Il caso e la necessità - citando il titolo del famoso saggio del biologo Jacques Monod - hanno in biologia un ruolo importante. Come si spiega, per esempio, che i cromosomi si scambiano di tanto in tanto pezzetti di Dna che possono contenere geni che determinano il sesso maschile? «Può succedere che ci sia un cromosoma X che determina il sesso maschile e uno Y che non lo determina più, perché si sono scambiati il tratto necessario di Dna. Dietro questi processi c’è sempre una lotteria. A parte i gemelli identici è pressoché impossibile che lo stesso padre e la stessa madre generino figli identici, anche se ne facessero 20. Le combinazioni che avvengono in una cellula uovo fecondata sono quasi infinite - conclude Barbujani -. È un numero esorbitante, superiore a quello di tutte le molecole sulla Terra».