Mattia Feltri, La Stampa 12/3/2014, 12 marzo 2014
L’ACCERCHIAMENTO A PD E FI E GLI ABBRACCI CONTRONATURA TRA OPPOSTE OPPOSIZIONI
Sembra di essere in un’altra dimensione, dove la fisica ubbidisce a leggi diverse: e invece no, è proprio l’aula di Montecitorio, e sono proprio i deputati a cinque stelle quelli che stanno applaudendo Rosy Bindi. Lei è delusa dal suo partito, non ne sopporta il segretario e premier, sperava nella parità di genere, individua risvolti incostituzionali nell’Italicum. Tira fuori i risentimenti nel gelo del suo partito e è accompagnata dall’ovazione grillina. È tutto un mondo sottosopra, quello di oggi. A mettere insieme certi filarini gira la testa: si è visto il fratello d’Italia Ignazio La Russa accogliere un suggerimento «ragionevole» del cinque stelle Andrea Colletti (contro i partitini farlocchi tipo Forza Roma e Daje Lazio), e si è visto il leghista bergamasco Christian Invernizzi protestare con la presidente Laura Boldrini per le angherie inflitte al medesimo La Russa, che dal banco dei relatori scuoteva il capo e allargava le braccia: non ci credeva di dover dare pareri su emendamenti che non aveva nemmeno avuto il tempo di leggere. E poi un emendamento del solito La Russa - sul reinserimento delle preferenze - trovava l’esplicito appoggio del democratico Francesco Boccia («vorrei apporre la mia firma»). Era una serie spettacolare di rapporti contronatura culminati nell’eccentrica carineria del grillino Giuseppe D’Ambrosio a Marco Meloni, del Partito democratico: costui doveva illustrare un emendamento (sgradito ai suoi e gradito al M5S) sull’obbligo di primarie per tutti, ma a causa di un disguido un collega democratico gli aveva rubato il tempo concesso per regolamento. «Noi abbiamo diritto ancora a quattro minuti», li cediamo a Meloni, ha detto D’Ambrosio. Così, come fosse un regalo di Natale: strenna non ammessa.
Ecco, anche in una giornata ben più tranquilla della precedente, se ne sono viste di curiose. Il prevedibile eppure spettacolare rimescolamento dei vecchi confini geografici ha portato all’accerchiamento visivo di Pd e Forza Italia, eserciti alleati e tagliati in due. Fine di un emiciclo classicamente diviso in destra e sinistra che si lanciano calunnie da un lato all’altro: in alto a destra Fratelli d’Italia, all’estrema sinistra Sel, infiltrazioni nei settori del Pd, una massiccia quinta colonna di popolari nelle aree montiane, leghisti in basso, il truppone grillino a presidiare il campo. Un fuoco incessante contro il «Molotov-Ribbentrop dei poveri», e cioè l’asse Berlusconi-Renzi, i cui deputati se ne stavano lì buoni buoni a votare e incassare insulti di varia provenienza. La vostra è la democrazia della Corea del Nord, diceva Giorgia Meloni, leader di F.lli d’Italia. Dallo stesso partito si alzava la meravigliosa geremiade di Edmondo Cirielli, già padre di una delle più famose leggi ad personam: «I parlamentari sono nominati dai satrapi eletti dalla televisione». «Farete la fine del Pasok», chiudeva il vendoliano Gianni Melilla. Il grillino Luigi Gallo si appellava ai colleghi della commissione cultura e «a tutti quelli che hanno a cuore la scuola»: come racconteremo ai ragazzi che per fare strada in politica si ha da ubbidire al capo? E poi vari vergogna, ipocriti, schifo, ribrezzo. Niente era proibito se Danilo Toninelli, uno dei più equilibrati e preparati dei cinque stelle, non barcollava pensando alle robe di casa sua intanto che rimproverava al tandem Pd-Fi obiettivi di dittatura della maggioranza e la riduzione dei deputati a obbedienti del capo.
Nessun dolore, nessuna reazione. E incursioni concesse dal reattivo Renato Brunetta soltanto a sé medesimo: «Lei si comporta in maniera assolutamente inadeguata», ha detto a un certo punto alla Boldrini, colpevole di aver soprasseduto a un paio di «delinquente» con cui i cinque stelle avevano qualificato il capo forzitaliano. La cosa si è ripetuta nel pomeriggio, mentre presiedeva Simone Baldelli, pure di Forza Italia; ma avrete capito che le normali relazioni non contavano più nulla, e Brunetta è tornato in versione tenorile: «Anche la sua presenza deve essere considerata inadeguata». Baldelli ha provato a replicare, e lì è partita la protesta collettiva dei forzisti. L’unica del giorno. Boh.