Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 12/3/2014, 12 marzo 2014
QUEGLI ACCENTI DA NON SPOSTARE
Cosa direbbero i napoletani se la tv tormentasse le loro orecchie con «Edùardo De Fìlippo», San «Gènnaro» o il «Vèsuvio»? E i lombardi se le loro serate televisive fossero invase da «Bràmbilla», «Perègo» e «Cattanèo»? I siciliani da «Giacàlone», «Giùffrida» o «Cicìnotta»? Ecco: il supplizio viene inflitto tutti i giorni ai veneti. I quali, dopo aver speso anni a ficcare nella testa di troppi concittadini che non si dice «Bènetton» (orrore!) ma Benettón (con la «ó» stretta e l’accento acuto) e non si dice Mariano «Rùmor» bensì Mariano Rumór, sono sottoposti oggi a un nuovo bombardamento: Pier Carlo «Pàdoan». Voi direte che ci sono mille motivi più seri che dovrebbero occupare i pensieri dei veneti. Vero. Anche la difesa della propria lingua, però, è una cosa seria. Tanto più se quel barbaro trasloco di accento suona all’orecchio di ogni veneto come un cacofonico concerto di Luigi Russolo, il futurista che inventò il crepitatore, il ronzatore e lo stropicciatore per «orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche dei negozi, le porte sbatacchianti…». Aiuto!
In realtà, spiega Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca, «non occorre essere veneti per avere la pelle d’oca al suono di queste false parole piane. Nei dialetti veneti, in fine di parola, dopo le consonanti n,m,l,r, le vocali o, e, i di desinenza cadono inesorabilmente e quindi Pado(v)ano diventa Padoàn; e così Trevisàn, Benettón, Visentìn… È un fenomeno che l’orecchio di un comune parlante italiano dovrebbe cogliere e ricostruire autonomamente, senza nozioni di grammatica e storia dei nostri dialetti». Ha spiegato Pippo Civati in tivù che «Pàdoan è nato in Piemonte quindi si pronuncia “Pàdoan”»? Buonanotte: se fosse così Bruno Trentin, che nacque in Francia perché il papà Silvio Trentin, di San Donà di Piave, si era rifugiato laggiù per sfuggire ai manganelli fascisti, dovrebbe forse pronunciarsi «Trentèn»?
«In realtà questi cognomi che vengono dal nome di una città te li puoi portare a spasso dove vuoi ma quelli restano», spiega Maria Teresa Vigolo, che dopo essere stata allieva di Giovan Battista Pellegrini insegna semantica e lessico all’università di Padova e lavora per il Cnr proprio su questi temi, «Non so quando i nonni, i trisnonni o gli avi di Padoàn siano andati a vivere in Piemonte ma potrebbero esserci andati anche otto secoli fa e il cognome, con l’accento sulla seconda “a”, non cambierebbe. Basti leggere il “Deonomasticon Italicum” di Wolfgang Schweickard dedicato ai Derivati dai nomi geografici». Dove ci sono sei-pagine-sei sui nomi derivati da Padova e piaccia o non piaccia per Padoàn l’accento è sempre lì, sulla seconda «a». Esattamente dove sta anche nel «Dizionario del dialetto veneziano» di Giuseppe Boerio del 1867: «Padoàn». Dopodiché, facciano come gli pare. Purché abbiano chiaro che storpiano il nome come se parlassero della «Madònnina» di «Mìlano» o dello «Strettò» di «Mèssina». E se anche al ministro piace gigioneggiare sul suo cognome, faccia pure. Vorrà dire che resterà Padoàn «a sua insaputa».