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 2014  marzo 12 Mercoledì calendario

LA CRIMEA VOTA LA SECESSIONE DA KIEV MOSCA: «LEGITTIMO, COME IN KOSOVO»


DAL NOSTRO INVIATO SINFEROPOLI — E per cominciare, via il Tridente. Basta col Tryzub. Una squadra d’operai arriva al Parlamento di Crimea e sotto i porticati si rivolge ai cosacchi, messi lì di guardia da Putin. Dov’è il simbolo? Arriva l’atamano. Sfila il guanto. E come un monumento alla vittoria indica proprio sopra il portone d’ingresso, dove passano i deputati. Le tre punte del Tryzub sono scolpite nel cemento, triplo dente che fa da citazione dell’odiata Ucraina: c’è una petizione popolare per levarlo, questa ormai è Russia. Nei prossimi giorni, si può iniziare a scalpellare: anche se nessuno se ne accorge e fuori non c’è anima ad aspettare l’annuncio, proprio in questo istante sta scoccando dentro la Rada l’ennesima ora della storia. Si vota l’indipendenza: settantotto voti su ottantuno, i tre no sono dei tatari, la Camera approva. Mai più schiavi di Kiev. Via il Tridente, via il dolore. Poche righe di mozione che muovono le cancellerie del mondo: «La Repubblica di Crimea — stabiliscono i deputati — sarà uno Stato democratico, laico e multinazionale, che s’impegnerà a mantenere la pace». E il referendum di domenica? Si farà. Ma siccome si sa già come, «la Crimea si rivolgerà alla Federazione russa per esservi ammessa sulla base d’un accordo intergovernativo adeguato, nel ruolo di nuovo soggetto della Federazione».
Do you remember Kosovo? Il modello è quello. La mossa del cavallo è il voto del Parlamento, ma Putin va allo scacco facendo citare dalla Rada quel precedente: la proclamazione dell’indipendenza kosovara, 2008, che peraltro la Russia non ha mai riconosciuto proprio per paura che l’autodeterminazione albanese scatenasse rivendicazioni nelle repubbliche ex sovietiche. Ci sono 13mila morti e dieci anni di protettorato Onu, a far la differenza tra Pristina e la Crimea, e il Kosovo oggi è uno Stato che non s’annette a nulla. Non importa, dice subito Sergei Lavrov, ministro degli Esteri putiniano: «La dichiarazione dei deputati di Sinferopoli è legittima» ed è giusto «rispettare la volontà del popolo». La strategia piace anche ai russi, se è vero che nei sondaggi i due terzi sono con Putin e gli regalano una popolarità mai vista negli ultimi due anni. «Questa è un’annessione» bell’e buona, riassume Angela Merkel: contro ogni regola di diritto internazionale del dopoguerra. Oggi la cancelliera vedrà i polacchi, che assieme ai baltici sono fra i più decisi nel volere una reazione forte Ue. Il premier ucraino Yatseniuk va alla Casa Bianca: è probabile che già dalla prossima settimana partano le sanzioni contro la Russia. «Comporteranno dolorose conseguenze», promette il premier britannico David Cameron, nonostante a fine mese stiano per partire i primi accordi sul gasdotto South Stream e tra qualche anno mezz’Europa, Italia per prima, dipenderà dal gas russo. «Non vogliamo uno scontro — spiega Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri tedesco —, ma il comportamento del Cremlino è una provocazione continua». Da ieri mattina non si vola sulla Crimea, a parte le linee da/per Mosca. Al confine nord, si minano i campi, si scavano trincee e si piazzano batterie antimissile. Guai a chi curiosa: due inviati di Sky, Jacopo Arbarello e Fabrizio Stoppelli, si son visti sequestrare l’attrezzatura, l’autista malmenato e la troupe espulsa per qualche ora. Tre giornaliste ucraine sono ostaggio delle milizie di Russia unita, a Sebastopoli, e si negozia per farle rilasciare. «Il caos in Crimea è tutta colpa di chi ha fatto il golpe a Kiev», ricompare Yanukovich, il deposto presidente. Lo davano per morto, «invece sono vivo». Ma lo pensa solo lui.