Dario Di Vico, Corriere della Sera 12/3/2014, 12 marzo 2014
PARTITE IVA E PICCOLI L’ERRORE DA NON FARE
E noi? L’accusa che circola in queste ore nell’ampio e variegato mondo del lavoro autonomo suona così: il governo Renzi litiga con la Cgil ma alla fine fa quello che vuole Susanna Camusso ed esclude dalla riduzione Irpef artigiani e commercianti perché sospettati di evasione fiscale.
Questo concetto, appena più mitigato, Rete Imprese Italia lo ha messo ieri nero su bianco aggiungendo sibillinamente che «le Pmi a differenza di altri settori economici sono in grado di creare rapidamente nuovi posti di lavoro». A patto che siano messe nelle condizioni migliori «per esercitare la loro attività». Ma la querelle di artigiani e commercianti è solo un pezzo della riflessione che è partita sotto traccia sul rapporto tra Matteo Renzi e i lavoratori autonomi. Perché, come sostengono le associazioni dei consulenti del terziario avanzato, che senso ha combattere a viso aperto il potere di veto delle grandi confederazioni del lavoro dipendente e dell’industria e poi non aprire al mondo delle partite Iva e ai workers della conoscenza? Equivale a un’uscita dal Novecento fordista a metà o peggio solo a una rivendicazione del primato della politica senza che la svolta decisionista sia sorretta da un’analisi moderna delle classi sociali e del loro contributo alla creazione di valore aggiunto/ricchezza.
Nelle carte preparatorie del Jobs Act qualcosa di importante per il mondo del lavoro autonomo precario c’è e riguarda la possibilità di estendere gradualmente le tutele oggi applicate a chi ha perso il posto di lavoro anche ai parasubordinati. Insomma il governo vuole intervenire sullo spinoso tema delle false partita Iva, il lavoro autonomo mascherato, ma c’è il rischio di dimenticare le vere partite Iva. Ovvero di continuare a considerare il lavoro autonomo un’anomalia da riassorbire e non un elemento costituivo delle economie moderne. In tutti i Paesi europei si tratta di figure in fortissima crescita, stimate attorno al 15% dell’occupazione totale nella Ue. Più del 50% ha la laurea nel cassetto e le donne sono anch’esse grosso la metà del totale. Il guaio di queste figure è che sono considerate dal nostro ordinamento e dal nostro welfare né carne né pesce (né lavoratori dipendenti né imprese) e quindi sono condannati a restare nel limbo. Agli inizi del suo mandato il ministro Elsa Fornero sembrava aver preso a cuore il problema ma poi arrivarono i giorni della delusione.
L’importanza della tenuta del mondo del lavoro autonomo è dimostrata da due trend. Primo: la spinta dei giovani in cerca di occupazione a puntare sull’auto-impiego (in media 1 su 4). Secondo: il crollo dell’apertura di nuove partite a gennaio 2014 (-9% su gennaio 2013). Un ottimista potrebbe sognare che il calo sia dovuto a una maggiore tendenza alla regolarizzazione. Purtroppo, invece, quel dato ci dice che un pezzo di lavoro autonomo sta sprofondando nel sommerso. Non va dimenticato, infatti, che tra costi burocratici, spese e contribuzione alla gestione separata dell’Inps, aprire una partita Iva costa sempre tanto.