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 2014  marzo 12 Mercoledì calendario

NASCE LA PRIMA BAD BANK ITALIANA PIAZZA CORDUSIO SI LIBERA DI 54 MILIARDI


MILANO — La bad bank all’italiana batte un colpo. Un colpo da 87 miliardi di euro, che Unicredit in cinque anni tratterà con l’acido finché ne resteranno 33, e la banca si sarà sgravata di 54 miliardi di difficile riscossione. Dopo tante dichiarazioni, qualche vendita di sofferenze e alcuni alati progetti, Piazza Cordusio avvia con forza la ripulitura crediti del sistema, tema tra i più delicati (ma vitale) nell’agenda dei banchieri italiani.
Non è casuale che a rompere gli indugi sia stata la banca italiana con più “bilancio” (846 miliardi di euro, di cui 503 sono crediti verso clienti), oltre che quella con il costo dei crediti più insopportabilmente alto. L’annuncio, nel piano industriale 2014-2018, è che questi 87 miliardi finiranno in una divisione “non core”, gestita e rappresentata con criteri distinti. Un po’ quel che fece Rbs, che a gennaio ha trasformato la sua non core in una bad bank effettiva e separata. Il progetto Alfa era partito un anno fa «per ribilanciare i profili rischio-rendimento. Ora la segregazione fa un salto di qualità: le pareti si alzano e si adotta una contabilità con rendiconti trimestrali e 1.100 specialisti dedicati. Soprattutto c’è l’obiettivo di ridurre il
portafoglio del 63% in cinque anni, tramite vendite a operatori (alcune già fatte), non rinnovando le scadenze, riportando i dossier risanati alla contabilità Unicredit “buona”, che così migliora redditività ed efficienza. La matrice comune dei crediti, inquadrata dall’ad Federico Ghizzoni, è che «hanno un profilo di rischio inaccettabile per noi». Il 33% è in bonis, il 66% “deteriorati”, nell’80% dei casi prestati prima del 2009 a 900mila clienti.
Il contestuale aumento dei tassi di copertura al 52% è costato 7,2 miliardi di extra accantonamenti nel
bilancio 2013. Ed è stato in parte agevolato dalla plusvalenza sulle quote di Bankitalia, pari a 1,2 miliardi netti che Unicredit ha scelto di scrivere anche in conto economico (oltre che nel patrimonio), «cambiando idea tre-quattro volte nel weekend», come ha detto scherzosamente Ghizzoni. Che ha seguito l’indicazione di Consob, Bankitalia e Ivass, attenendosi al testo del Dl 133/2013 mentre come hanno scritto i regolatori «sono in corso approfondimenti sulla contabilizzazione con le autorità internazionali ».
L’aumentata copertura dei crediti, comunque, «renderà chiaramente più facile venderli», ha aggiunto l’ad. Spesso la differenza tra valore scritto in bilancio e valore (irrisorio) di realizzo impedisce la formazione di un mercato dei crediti anomali che pure ha molti compratori alla porta. In parallelo, Unicredit sta trattando con Intesa Sanpaolo e il fondo Kkr la creazione di un veicolo comune per risanare crediti già ristrutturati a poche grandi e medie imprese, per un ammontare di qualche miliardo. «Il discorso con Intesa di un veicolo per i crediti ristrutturati non è tramontato - ha detto ieri Ghizzoni - ma è qualcosa
di diverso e complementare a quello fatto oggi».
Le misure di ieri aiuteranno Unicredit ad affrontare meglio la revisione degli attivi Bce, avviata due giorni fa e per quattro mesi. Proprio oggi il governo vara il Dl che consente a revisori terzi di partecipare con gli ispettori di Via Nazionale e Bce per l’asset review su 15 grandi banche italiane, «considerata la straordinaria necessità e urgenza di modifica della normativa in tema di vigilanza bancaria».