Enzo Cannizzaro, la Repubblica 12/3/2014, 12 marzo 2014
PERCHÉ NON REGGE IL PARAGONE CON I BALCANI
LA DICHIARAZIONE di distacco dall’Ucraina votata dal Parlamento della Crimea è al centro di una controversia giuridica. Le cancellerie occidentali la ritengono nulla. Per la Russia, che si è richiamata al precedente della dichiarazione di indipendenza del 2008 proclamata dall’Autorità provvisoria del Kosovo, essa è perfettamente conforme al diritto internazionale.
Occorre però intendersi: di per sé una dichiarazione d’indipendenza non ha alcun effetto giuridico e non è, quindi, né legittima né illegittima. Ciò non comporta però che qualsiasi minoranza etnica, linguistica o religiosa, abbia un diritto alla secessione. Il diritto internazionale si fonda sul principio opposto: quello dell’intangibilità delle
frontiere e dell’integrità territoriale degli Stati. È solo in presenza di irrimediabili conflitti etnici o di gravi violazioni dei diritti umani che viene garantito il diritto alla secessione. È controversa l’esistenza di tali circostanze in Kosovo. È certo che esse non sussistono oggi in Crimea.
Le vicende del Kosovo non rappresentano quindi alcun precedente giuridico per la pretesa russa in Crimea. Esse, però, evidenziano il rischio di un’utilizzazione disinvolta del diritto internazionale da parte degli Stati occidentali: che azioni ispirate, magari, dal genuino intento di tutelare i diritti dell’uomo vengano prontamente prese a modello da parte di altri Stati e invocate come precedente per le loro politiche di potenza.