Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 12/3/2014, 12 marzo 2014
CANCELLIERI INDAGATA PER LE TELEFONATE AI LIGRESTI
ROMA — False dichiarazioni a pubblico ministero. È questo il reato che la procura di Roma contesta all’ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per la vicenda delle sue telefonate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, arrestato dalla procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta su Fonsai insieme alle figlie, Giulia e Jonella.
Il fascicolo era arrivato dalla procura piemontese a quella capitolina per competenza. Non aveva indagati né ipotesi di reato. Agli atti c’era soltanto il verbale dell’audizione dell’allora Guardasigilli che si era svolto al ministero di via Arenuala lo scorso 22 agosto. All’epoca il ministro non era indagato ma il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, gli aveva chiesto conto di alcune telefonate con Antonino,
finite nell’inchiesta sulla compagnia assicurativa. Telefonate che si erano concentrate nei giorni in cui pendeva la richiesta di arresti domiciliari (poi ottenuti grazie a un’istanza di patteggiamento) per Giulia Ligresti, malata di anoressia. Conversazioni sulle quali il ministro ero stato molto vago, ammettendo di aver parlato con il suo «amico di famiglia» il 19 agosto e di aver discusso delle condizioni di salute della nipote, ma di aver risposto a una sua telefonata. Cosa non vera: i tabulati dimostrarono che la chiamata non l’aveva ricevuta, ma fatta lei e che i due avevano chiacchierato per sei minuti. Così anche su un contatto del giorno precedente all’interrogatorio: il Guardasigilli aveva detto di aver sentito Ligresti che le «aveva mandato un sms per sapere se c’erano novità». Lasciando intendere che la conversazione si era svolta via messaggio.
Anche questa cosa non vera: Antonino Ligresti aveva sì scritto al ministro che, però, lo aveva richiamato dal suo numero di telefono e anche in quel caso, come pochi giorni prima, la conversazione era durata parecchi minuti. Silenzi, omissioni, imprecisioni poi smentite dagli atti anche sui rapporti con il marito del Guardasigilli, Sebastiano Peluso, che la procura di Torino aveva verbalizzato senza però contestargliele. Forse lo avrebbe fatto se il caso non fosse scoppiato imponendo, a quel punto, l’invio degli atti a Roma, chiamata a indagare per il criterio della competenza territoriale.
E quando il procuratore capo della Capitale, Giuseppe Pignatone, ha ricevuto gli atti, ha disposto una serie di accertamenti, tra i quali anche l’acquisizione dei tabulati telefonici del ministro. Che testimoniano, questo è vero, una frequentazione di lungo corso con il fratello medico di Ligresti (anche lui sentito dai magistrati romani insieme ai due vice capi del Dipartimento dell’Amministrazione Peniteziaria, Cascini e Pagano contattati dalla Cancellieri per avere informazioni su Giulia), ma che, ancora una volta, verbale alla mano, mettevano a nudo le incongruenze di quella testimonianza di agosto. Per questo, prima di sentirla di nuovo e in modo super protetto negli uffici distaccati della procura in piazza Adriana, i pubblici ministeri Simona Marrazza, Erminio Amelio e Stefano Pesci hanno deciso di iscrivere l’allora ministro nel registro degli indagati per quelle false dichiarazioni rese ai colleghi torinesi. Tanto che quando, una ventina di giorni fa, Annamaria Cancellieri, è stata sentita, ad accompagnarla c’era il suo avvocato, Franco Coppi.
Audizione che può aver rafforzato quello che era sin dall’inizio il sospetto degli inquirenti, ovvero che non ci sia rilevanza penale per quelle chiamate che, di fatto, non hanno cambiato le sorti del-l’iter di scarcerazione di Giulia Ligresti. Per questo i pubblici ministeri sarebbero orientati a chiedere l’archiviazione del ministro. Ora toccherà al giudice per le indagini preliminari decidere se davvero non c’è reato alcuno.