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 2014  marzo 11 Martedì calendario

LA GERMANIA SI SCOPRE UN POPOLO DI EVASORI

L’ultima notizia riguarda diciotto milioni di euro di evasione fiscale. Sarà pur vero che in base ai risultati che riescono ad ottenere, l’economia e la politica tedesche possono continuare a guardarci con sufficienza, se non con aperto sospetto. Eppure, di tanto in tanto, qualche magagna emerge anche a Berlino. E talvolta si tratta anche di cose grosse, come nel caso dei 18 milioni che Uli Hoeness, presidente del Bayern di Monaco, ha ammesso oggi in tribunale di aver sottratto al fisco tedesco, trasferendo fondi su dei conti in Svizzera.

È quella che la stampa locale ha ribattezzato come «la grande coalizione degli evasori fiscali», un po’ per definire la geografia politica eterogenea delle figure coinvolte, un po’ per richiamare l’attenzione sul fatto che proprio nella rigorosa e morigerata Germania il non pagare le tasse rischia di diventare materia di scontro in vista delle elezioni europee.

Tutto parte dalle rivelazioni emerse nelle scorse settimane quanto all’inaffidabilità delle denuncie dei redditi presentate da alcuni personaggi molto noti. Ce n’è un po’ per tutti i gusti. Si va da Hoeness – che oltre a guidare il club campione d’Europa è anche il re dell’industria delle salsicce – ad Alice Schwarzer, icona del femminismo nazionale, già amica e confidente di Simone de Beauvoir, per finire con Theo Sommer, decano del giornalismo, per molti anni direttore del popolare settimanale Die Zeit. Nel nuovo anno tutti e tre hanno fatto parlare di sé per non aver pagato per anni le tasse o per aver scelto la via delle banche svizzere.

Con maggior stupore, e decisamente più inquietudine, i cittadini tedeschi hanno anche appreso delle malefatte fiscali di alcuni politici di primo piano. Da un lato, il socialdemocratico André Schmitz, assessore alla cultura di Berlino, e considerato molto vicino allo stesso sindaco della capitale Klaus Wowereit, è stato costretto alle dimissioni perché si è scoperto che non aveva dichiarato una parte dei suoi introiti. Dall’altro, è emerso che il tesoriere nazionale della Cdu, Helmut Linssen, aveva celato fin dal 2004 una parte dei propri guadagni – una cifra stimata intorno a 420mila euro – nei paradisi fiscali delle Bermude e di Panama.

In realtà, l’evasione contributiva è tutt’altro che una rarità nel paese. Secondo il fisco tedesco, ogni anno sfuggirebbero ai controlli qualcosa come 30 miliardi di euro, questo mentre l’intero circuito dell’economia sommersa, basata su pagamenti in nero, raggiungerebbe i 351 miliardi, all’incirca il 13 per cento del Pil nazionale. Numeri importanti, al punto che è dovuta intervenire perfino la Corte di giustizia federale che ha stabilito che oltre una certa cifra, un milione di euro, gli evasori finiscano in galera.

In ogni caso, a pochi mesi dal voto europeo e visto che nella rete del fisco sono finite anche alcune figure di primo piano dei due maggiori partiti del paese, la questione non poteva che assumere anche un evidente profilo politico.

Mentre Angela Merkel continua a fare pressioni sulla Svizzera perché aiuti Berlino nella caccia agli evasori, nel suo partito in molti sembrano accontentarsi dell’ipotesi di “fare cassa”, recuperare quanto dovuto ma evitando di agitare troppo il tema delle manette in periodo elettorale. Molto più netta la posizione dell’Spd che, attraverso il vicecancelliere della Grosse Koalition – e leader del partito – Sigmar Gabriel, ha ribadito di essere «favorevole ad una più vigorosa azione giudiziaria contro l’evasione fiscale», ricordando come già alcuni anni or sono nei lander governati dal centrosinistra, come la Renania del Nord-Westfalia, fossero stati acquistati dei database contenenti le liste dei contribuenti tedeschi che avevano scelto le banche della Confederazione elvetica.

Ambigua invece quella dell’Alternative für Deutschland, il partito euroscettico che sfida il governo in carica a Berlino, i cui esponenti, commentando in questi giorni con favore l’esito del referendum anti-immigrati svizzero, hanno spiegato che in Europa si dovrebbe essere liberi e competere tutti allo stesso modo, tasse comprese. Parole che in molti hanno voluto leggere come un assist implicito agli evasori.

Sul fondo, resta comunque l’amara considerazione, verrebbe da dire “all’italiana”, che sembrano fare oggi molti tedeschi quanto alla volontà della politica di perseguire davvero chi non paga le tasse. Un clima di sfiducia che Die Zeit ha riassunto in questi termini: «Continuiamo da tempo ad inseguire le Ferrari con le biciclette».