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 2014  marzo 11 Martedì calendario

SIRIA: BOMBE, FAME E POLIO TRE ANNI DI GUERRA AI CIVILI


La fame come arma contro civili inermi. Morire di inedia. E di poliomielite. L’orrore siriano. Prime vittime i più deboli, indifesi: i bambini. Un nuovo rapporto diffuso da Amnesty International documenta crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nei confronti dei civili palestinesi e siriani residenti a Yarmuk, il campo alla periferia della capitale Damasco sotto assedio da parte delle forze governative. Il rapporto, intitolato «Vite schiacciate: crimini di guerra contro i civili sotto assedio» e pubblicato alla vigilia del terzo anniversario dell’inizio della crisi siriana, denuncia la morte di quasi 200 persone da quando, nel luglio 2013, l’assedio si è fatto più stringente ed è stato tagliato l’accesso a cibo e medicinali fondamentali. Secondo le ricerche di Amnesty International, 128 delle vittime sono morte di fame. «La vita a Yarmuk è diventata sempre più insopportabile per persone disperate, affamate e intrappolate in un ciclo di sofferenza da cui non sanno come poter uscire. La popolazione è trattata come una pedina di guerra in un gioco mortale di cui non ha il controllo», rimarca Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

ORRORE SENZA FINE
Secondo il rapporto, le forze governative e i loro alleati hanno ripetutamente compiuto attacchi, compresi raid aerei e pesanti bombardamenti, contro edifici civili tra cui scuole, ospedali e una moschea. Alcuni degli obiettivi degli attacchi erano stati adattati a rifugi per profughi interni provenienti da altre zone di conflitto. Sono stati presi di mira anche medici e operatori sanitari. «Lanciare attacchi indiscriminati contro le aree civili, provocando morti e feriti, è un crimine di guerra. Colpire ripetutamente una zona densamente popolata, da cui i civili non hanno modo di fuggire, dimostra un’attitudine spietata e un vile disprezzo per i principi più elementari del diritto internazionale umanitario», insiste Luther. Almeno il 60 per cento di coloro che si trovano ancora a Yarmuk soffre di malnutrizione. Gli abitanti hanno detto ad Amnesty International che non mangiano frutta o verdura da mesi. I prezzi sono saliti alle stelle e un chilo di riso può costare anche più di 70 euro. «Le forze siriane stanno commettendo crimini di guerra usando la fame dei civili come arma di guerra. I terrificanti racconti delle famiglie che si sono ritrovate costrette a mangiare gatti e cani e di civili attaccati dai cecchini mentre cercavano cibo fuori dal campo, sono diventati familiari in questa storia dell’orrore che si è materializzata a Yarmuk», denuncia Luther. Il campo è senza fornitura di energia elettrica dall’aprile 2013. Nonostante la fornitura a intermittenza di razioni alimentari da parte dell’agenzia delle Nazioni Unite Unrwa tra gennaio e febbraio 2014, gli aiuti arrivati sono del tutto inadeguati a sopperire alle necessità di base. Gli operatori umanitari li hanno definiti «una goccia nell’oceano». La ripresa dei bombardamenti negli ultimi giorni ha significato ancora una volta l’interruzione delle forniture. «Il numero dei morti aumenta e la situazione è disperata. È atroce pensare che in molti casi si sarebbero potute salvare vite umane se fossero state disponibili cure mediche adeguate», conclude Luther. Amnesty International ha avuto notizia di donne morte durante la gravidanza. Anche i bambini e gli anziani sono stati colpiti in modo particolarmente grave: 18 tra bambini e neonati sono morti. Tra le complicazioni riferite, quelle dovute all’ingerimento di cibo non commestibile, di piante velenose e di carne di cane. La maggior parte degli ospedali ha dovuto chiudere e quelli aperti sono privi persino dei medicinali di prima necessità.

BAMBINI IN OSTAGGIO
Da un orrore all’altro. Oltre 4,3 milioni di bambini sfollati interni, intrappolati nel conflitto in Siria, subiscono tutti i giorni le gravi conseguenze di un sistema sanitario al collasso e hanno disperato bisogno di cibo, medicine, supporto psicologico e un riparo sicuro. Due ospedali su 3 sono distrutti o inservibili, come il 38% delle strutture mediche di base, e quasi tutte le ambulanze. La metà dei medici ha abbandonato il Paese, altri sono stati uccisi o imprigionati, e tra il personale sanitario rimasto, in media, solo 1 su 300 è un medico in grado di affrontare le emergenze. Questi alcuni dei dati evidenziati nel rapporto internazionale «Un prezzo inaccettabile: l’impatto di tre anni di guerra sulla salute dei bambini in Siria», presentato da Save the Children.
Ad Aleppo, una città che, secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dovrebbe avere almeno 2.500 medici, ne sono rimasti solo 36, per assistere più di 2 milioni di persone. In Siria i bambini non muoiono più soltanto per le violenze subite ma anche a seguito di malattie e ferite che sarebbero state altrimenti prevenibili o curabili. In uno degli ospedali dove opera Save the Children, il 24% dei pazienti ha meno di 14 anni. In tutto il paese, è più difficile o ormai impossibile fornire cure anche ai tanti bambini con malattie croniche, che sono parte dei 70.000 malati di cancro o dei 5.000 in dialisi, o di quelli affetti da leucemia. Ma tra i più vulnerabili, ci sono i bambini non ancora o appena nati. Tre donne su 4 non hanno infatti più accesso all’assistenza per il parto, prima disponibile per chiunque (96%). Per il timore di un travaglio sotto le bombe, è raddoppiato il numero di parti cesarei (passati dal 19 al 45%), che avviene però spesso in condizioni mediche critiche. In una città sotto assedio, si è arrivati al 75% di parti cesarei. I neonati prematuri, o che necessitano comunque dell’incubatore, corrono rischi ancor più gravi, per i frequenti blackout dell’energia elettrica, che in un solo giorno hanno ucciso 5 bambini nell’area nord del Paese.